Omelia per l’inizio ministero pastorale di don Arcangelo D’Anastasio ad Arce

stemma-vescovo-sora

CENTO VOLTE TANTO

 

Inizio ministero pastorale di don Arcangelo D’Anastasio

nella parrocchia “S.S. Pietro e Paolo”

Arce, 11 ottobre 2015

 

La vita del credente è sempre acompagnata dalla “grazia” di Dio. Nella preghiera della ‘Colletta’ abbiamo tradotto questa consapevolezza in termini oranti: “Ci preceda e ci accompagni sempre la tua grazia Signore…perchè non ci stanchiamo di operare il bene”. La grazia è la forza dell’Amore con il quale il Signore ci convince interiormente del bene da compiere , dandoci anche la forza e la capacità di attuarlo nel suo Nome.

Oggi Arce accoglie il suo nuovo parroco, nella persona di don Arcangelo D’Anastasio: anche questo è un segno della grazia concui Dio sostiene la vita delle nostre parrocchie. Sento pertanto il piacevole dovere di ringraziare l’intera comunità civile, qui rappresentata dal Sindaco, insieme con il sindaco di Civitella Roveto e di Castelliri. Sono particolarmente riconoscente alla comunità parrocchiale di Arce per la saggia maturità con cui ha accolto e accompagnato l’avvicendamento pastorale tra il carissimo don Ruggero, anche a lui il mio vivo apprezzamento per il ministero compiuto in mezo a voi, e don Arcangelo.

Cosa dire a questa assemblea santa e al suo nuovo pastore, radunata nel giorno del Signore? Lasciamoci guidare dall’iniziativa dell’uomo del vangelo che incrocia i passi del Maestro lungo la strada.

Cosa devo fare?

 

La domanda esprime un attegiamento di inquietudine e di ricerca interiore. Qquest’uomo non si dà pace, non si sente un “arrivato”, non vuole vivere di rendita, non ‘tira a campare’ pur avendo già realizzato e accaparrato moltonella sua vita. Dal seguito del brano veniamo a sapere che “possedeva molti beni”. Cosa poteva desiderare “di più”, perché cercare ancora? Perché preoccuparsi di altro, se la vita gli aveva regalato già molte gratificazioni e soddisfazioni oltre misura? Perché mettere tra parentesi le posizioni acquisite e ricominciare a “rischiare”? Quest’uomo sente il bisogno di andare oltre, e forse anche di ricominciare nella sua vita. Qualcosa lo turba, sente di non aver scoperto ancora il massimo, e sa di non aver dato il meglio di sé. Potrebbe ritenersi soddisfatto, ma non felice.

Caro don Arcangelo, ti ringrazio della serenità nel servire questa bella e vivace comunità di Arce.

Nulla era scontato nel momento in cui ti ho chiesto la disponibilità. E’ la grazia di Dio che ha provocato nel tuo animo intelligente e saggio “lo spirito di sapienza” di cui parla la prima lettura odierna. Questa sapienza è paragonata dall’autore ispirato ad “una gemma di inestimabile perché tutto l’oro al suo confronto è come un po’ di sabbia e come fango sarà valutato di fronte a lei l’argento”. In questa stagione matura del tuo ministero presbiterale hai saputo raccogliere la bella sfida a cercare “uscire”, per andare oltre le posizioni acquisite e collaudate, nelle quali a volte rischiamo di adagiarci, con il rischio di rimanere vittime dell’assuefazione e della ripetitività demotivata. Con la domanda “Cosa devo fare?” hai saputo liberare le tue energie spirituali e pastorali da mettere al servizio di questa parrocchia che merita la maturità del tuo ministero presbiterale. Hai una bella mente nutrita di dottrina e un cuore generoso impastato di umanità. Ti invito a sprigionare le tue migliori risorse per testimoniare un apostolato premuroso, fecondo di relazioni forti e costruttive. In fin dei conti la domanda rivolta a Gesù è una richiesta di vita piena. Anche tu sei invitato da Gesù, Maestro buono che altro non desidera se non il nostro vero e pieno bene, a tendere ad una vita sacerdotale sempre più ricca e significativa, con la disponibilità a lasciare tutto per il Signore. Dichiara l’apostolo: “Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore” (Fil 3,8).

Va’, vendi, vieni, seguimi

 

Il Signore fissa ancora il suo sguardo su di te, e detta i quattro verbi che rendono possibile una vera svolta: va’, vendi, vieni, seguimi. Tutti verbi di movimento che mettono in cammino la tua libertà interiore. Oggi è come la prima volta, quando hai colto nel tuo animo, l’ispirazione vocazionale che nel tempo si è chiarita come inequivocabile invito: “Seguimi!”. Sappi gustare il sapore delle prime esplorazioni vocazionali e ravviva ancora i bagliori del primo mattino del tuo ministero pastorale. Gli anni vissuti non devono offuscare l’entusiasmo della tua risposta che oggi il Signore ti chiede di rinnovare; nulla deve impedire la tua generosità, nessuna ricchezza e ricerca di umane sicurezze può ingannarti e deviarti dalla tua fedeltà all’amore del Signore, sommo bene e compimento di ogni nostra aspirazione.La gioia di una vita piena si sviluppa nella misura in cui la nostra è una vita donata per amore gratuito nel nome di Gesù. Il Signore ti chiede ancora di lasciare tutto, se necessario anche di “vendere”, cioè di liberarti da ogni forma di attaccamento umano che ti impedisca di essere generoso e premuroso verso tutti. Ogni tipo di ricchezza si può trasformare in trappola per il tuo cuore, e divenire causa di rattristamento, con il grave rischio di atrofizzare la libertà del tuo cuore. Gesù non ti chiede di perdere ma di guadagnare, non vuole dei ‘falliti’ ma persone felici. Seguire Lui e amare i poveri è il massimo di una vita piena di senso.

 

Noi abbiamo lasciato tutto

 

Ad un certo momento della sequela di Cristo può arrivare anche il tempo della stanchezza, e perché no?, dello scoramento dell’animo, la tentazione del calcolo, del bilancio, del dare e avere, come anche la stagione delle solitudini, del vuoto interiore e delle gratificazioni mancate. Sorge allora la domanda: “Ne valeva la pena? Quale guadagno nel seguire il Signore consacrando al servizio degli altri la nostra vita? Il discepolo che ha deciso di accogliere l’invito della sequela di Gesù non deve mai presentare il conto. Lui ha già saldato il conto del suo amore per tutti con il prezzo più salato, quello della Croce. Gesù promette e dona il suo amore come la ‘ricompensa’ che va molto al di là di un semplice ‘rimborso spese’: “Non c’è nessuno che abbia lasciato….che non riceva cento volte tanto e la vita eterna nel tempo che verrà”.

Seguire Cristo nell’amore della Croce non è mortificare la nostra vita, ma moltiplicare la nostra gioia: si lascia tutto per avere il Tutto. Ogni rinuncia per il Vangelo restituisce un amore moltiplicato. Ciò che Gesù, maestro d’umanità, sogna non è tanto un uomo spoglio di tutto, quanto un uomo libero da tutto e in comunione con tutti. La spogliazione totale per seguire Gesù e amare i poveri non rimarrà senza ricompensa. L’iperbole del “cento volte tanto” dà certezza di una ricompensa non risicata, ma abbondante e piena. Il Signore non solo è un padrone che paga, ma ama ripagare oltre ogni misura.

 + Gerardo Antonazzo

Categorie: Diocesi,Documenti e Omelie