Omelia per l’inizio del ministero di don Eric Di Camillo

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ATTRATTI DALLA BELLEZZA

Omelia per l’inizio del ministero di don Eric Di Camillo

nella parrocchia “SS. Annunziata e s. Biagio”

Pontecorvo, 1 marzo2015

Il cammino della quaresima ci fa abitare due “luoghi” inevitabili: il deserto e la montagna. Domenica scorsa, abbiamo condiviso con Gesù la dimensione del deserto. Come il popolo di Israele, anche noi abbiamo accettato di intraprendere il cammino verso la “terra promessa” della nostra Pasqua, affrontando la fatica delle tentazioni e la consolazione della speranza. Abbiamo accettato di misurarci con le sfide della solitudine e del silenzio, della purificazione da sicurezze materiali e gratificazioni umane, dello smascheramento delle tentazioni che insidiano la mente  e solleticano le nostre passioni, della ritrovata ricerca di Dio alimentata dal digiuno, dell’invocazione struggente della sua Parola, della sorpresa di un deserto abitato da Dio.

Salire in alto

In questa domenica  la Parola di Dio ci conduce sul  monte, anch’esso evocativo di esperienze belle e necessarie alla vita cristiana. Gesù prende con sé alcuni apostoli, per farli salire “su un alto monte, in disparte, loro soli”.

La montagna è sempre il luogo simbolico della teofania, cioè di una speciale rivelazione del Signore all’uomo. E’il luogo dell’incontro con l’Assoluto, dove Mosè riceve le tavole dei Comandamenti. E’ il luogo dove il profeta Elia, in preda allo scoraggiamento per la sua difficile e sofferta missione, ritrova coraggio grazie al passaggio di Dio, riconosciuto nel segno debole del mormorio di un silenzio fine.

Nella prima lettura Abramo scala il monte dell’obbedienza, dove celebra la sua fiducia incondizionata nella volontà di Dio che pretende l’offerta sacrificale del bene più prezioso, “il tuo unigenito che ami, Isacco”. La fiducia e l’obbedienza di Abramo, superata la terribile prova, merita le parole della bella promessa divina: “Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce”.

Carissimo don Eric, Dio non si incontra nelle bassezze delle mediocrità, nei bassifondi delle banalità e frivolezze,  nell’inerzia degli stalli spirituali, o nella fangosità dei pantani morali o dei compromessi inaccettabili. Impara a scalare la santa montagna che è Cristo stesso, perché sia Lui a rivelarti l’insondabile profondità del suo mistero, del suo amore, della sua tenerezza. Lasciati condurre da Lui sulle alte vette della sua rivelazione. Oggi Gesù prende con sé la tua vita e la vita di questa Comunità per arricchirla della sua luce divina, istruiti dalla voce del Padre, cioè dall’ascolto della Parola di Dio. Lasciati raggiungere, anzi avvolgere dalla luce, dalla nube, e dalla voce: aderisci ai piani di Dio e Lui si consegnerà a te, facendoti assaporare la gioia e la bellezza della sua presenza. Come Mosè scenderai da questo monte dell’ascolto quotidiano, con il volto raggiante della sua luce per parlare con le sue parole ai tuoi fratelli (cfr. Es 34,30).

Non sapeva che cosa dire

Sulla montagna Gesù si trasfigura, cioè si trasforma: le sue vesti diventano splendenti, bianchissime, segno di una gloria celeste. Pietro reagisce istintivamente all’irruzione della luce: “Rabbì, è bello per noi essere qui”. Il commento dell’evangelista è laconico: “Non sapeva che cosa dire, perché erano spaventati”. La dichiarazione di Pietro è dettata dalla confusione e dallo smarrimento. L’attenzione dei tre apostoli viene catturata da un evento straordinario, ma senza capire. Pietro pretende di affermare che è bello stare con il Signore, senza aver capito la portata dell’evento. Anche la nostra fede può subire più  il fascino dell’emozione che l’attrazione della Verità; per cui il nostro stile di vita cristiana resta leggero, frivolo, superficiale, poco motivato e per nulla convincente perché ancora non realmente convertito dalla Parola di Dio. Per dire che è bello credere, bisogna conoscere il Signore Gesù e aderire a Lui con la vita. La nostra fede a volte esprime solo un sentimento che ci coinvolge ma non ci sconvolge, un’esperienza che fa vibrare le corde della sensibilità religiosa ma non trasfigura le nostre reali abitudini. Se la pratica religiosa continua a diminuire, se i credenti sono marginali nella società odierna, se tante persone di buona volontà si sono allontanate dalle nostre chiese o fanno tanta fatica a seguire gli insegnamenti del Magistero ecclesiastico può essere che “il nostro è un cristianesimo senza Cristo! Come, direte, senza Cristo, se non si fa che parlare e scrivere di Lui! Si, ma è un Cristo impersonale, lontano, che non ci riguarda da vicino, un estraneo, anche se notissimo. Un argomento più che una Persona viva e vera e un amico” (R. Cantalamessa).  Se Pietro avesse avuto la pazienza di aspettare, avrebbe ascoltato la rivelazione del Padre e avrebbe capito meglio il senso e le implicanze della luce che, mentre avvolge, non nasconde ma rivela il Mistero di Cristo.

Figlio di Dio e Figlio dell’uomo

Per capire la portata della nostra fede in Gesù bisogna conoscere e condividere anche il mistero del Calvario. Infatti, nell’atto di scendere dalla montagna, Gesù “ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti” (Mc 9, 9). Il titolo “Figlio dell’uomo”, e il riferimento di Gesù alla sua risurrezione dai morti, collegano il Tabor e il Calvario. La luce del Tabor viene di fronte, perché si sprigiona e ci raggiunge dal monte Calvario. La luce della trasfigurazione è la gloria dell’Amore crocifisso. Solo sotto la Croce diventiamo capaci di capire l’Amore di Cristo e possiamo professare: “E’ bello per noi stare qui”. Gesù è Figlio di Dio bello sul Tabor perché bello sulla Croce, cioè bello nel suo Amore. Anche la nostra vita si riempie di luce solo grazie alla capacità di amare. E’ questo amore crocifisso che rende bella la nostra missione di pastori. E’ bello credere in Gesù, è bello essere cristiani, è bello essere Chiesa, è bello essere famiglia di Dio, perché è bello amare come Gesù, fino a morire per Lui, come sanno fare molti cristiani oggi nel mondo.

La bellezza che trasfigura

Caro don Eric, oggi il Signore ti costituisce padre e maestro di questa  Comunità. Abbi cura che la fede di ciascuno cresca con l’ascolto della Parola e maturi nella gioia di conoscere il Signore, per poter sperimentare che è davvero bello stare con Lui sotto la Croce dell’Amore, condividere i suoi progetti, credere nelle sue promesse. La bellezza dell’incontro con Lui deve trasfigurare la nostra esistenza. Educare alla fede significa  trasfigurare l’esistenza, attratta dalla bellezza del Vangelo. Educare alla vita cristiana significa educare al cambiamento, è trasfigurare la qualità della vita per far risplendere la novità della sequela di Cristo.

Gerardo Antonazzo

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