Omelia per la solennità di Maria SS. Assunta in Cielo

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo

Il  “curriculum” della misericordia

 

Omelia per la solennità di Maria SS. Assunta in Cielo

15 agosto 2016

 

“La Vergine immacolata, preservata immune da ogni macchia di colpa originale finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo per essere così più pienamente conforme al figlio suo, Signore dei signori e vincitore del peccato e della morte” (Lumen Gentium, 59).

Partecipe della regalità di Cristo

La solenne liturgia dell’Assunzione di Maria celebra con la categoria della “regalità” l’evento gioioso e glorioso della Vergine. La tradizione cristiana invoca, con ammirato e immutato affetto, Maria di Nazareth come regina e madre. Il suo ingresso trionfale nel cielo è strettamente connesso alla sua intima e straordinaria partecipazione al mistero del Figlio “Signore dei signori” e Re dell’universo: “In Cristo tutti riceveranno la vita…Prima Cristo che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo” (1Cor 15,22-23). L’antico e bellissimo inno Akàtistos (sec. V), canta le lodi alla bellezza regale della Madre di Dio: “Inneggiando al tuo parto l’universo ti canta qual tempio vivente, o Regina! Ponendo in tuo grembo dimora Chi tutto in sua mano contiene, il Signore, tutta santa ti fece e gloriosa  e ci insegna a lodarti” (Strofa 23).

Nel cuore dell’anno giubilare straordinario, la solennità odierna rivela in modo ancor più sublime la regalità misericordiosa di Maria: “La Madre del Crocifisso Risorto è entrata nel santuario della misericordia divina perché ha partecipato intimamente al mistero del suo amore […] Il suo canto di lode, sulla soglia della casa di Elisabetta, fu dedicato alla misericordia che si estende ‘di generazione in generazione’ […] Rivolgiamo a lei la preghiera antica e sempre nuova della Salve Regina, perché non si stanchi mai di rivolgere a noi i suoi occhi misericordiosi e ci renda degni di contemplare il volto della misericordia, suo Figlio Gesù” (Misericordiae Vultus, 24).

Regina perché Madre

La ricca Antifona del “Salve regina” (risalente con tutta probabilità all’XI secolo) è attraversata dal lessico della misericordia. Sin dalle sue prime espressioni coniuga la regalità di Maria con i tratti della sua misericordia: “Salve Regina, Madre di misericordia…rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi”. L’antifona mariana mirabilmente raccoglie l’anelito dei fedeli verso Maria, nostra vitadolcezza e speranza. Quest’antica preghiera, senza nascondere la innegabile fatica del presente – raffigurata significativamente nella immagine della “valle di lacrime” – invita la Vergine Santa a volgere i suoi occhi verso la nostra compassionevole condizione. E’ solo da quello sguardo, dolcissimo e misericordioso, che noi attendiamo una parola finalmente nuova, nella certezza di non essere soli, quaggiù, ma costantemente accompagnati dal cuore di una Madre, che vive per sempre, quale Regina umilissima e gloriosa, accanto a Cristo, Re dell’Universo.

Il “cielo” della regalità

La sensibilità semplice e genuina dei fedeli non ha mai esaltato la regalità di Maria senza celebrare allo stesso tempo la presenza e vicinanza della Vergine alla vita reale dei credenti. Il ”cielo” dove regna “Regina” è quello della fragilità e della miseria dei suoi figli. Il “cielo” della regalità di Maria è la “valle di lacrime” nella quale i redenti La invocano quale fonte di speranza: “Vergine Madre…giuso intra i mortali, sei di speranza fontana vivace” (Dante, Paradiso, Canto 33). In questa luce, la regalità di Maria è per noi fontana vivace di speranza perché orienta la nostra insignificante e povera esistenza fino alle vette sublimi del Cielo, dove ogni frammento di autentica umanità viene raccolto e glorificato per sempre. Il lavoro, la famiglia, le quotidiane prove da affrontare, i drammi che ogni giorno scandiscono inevitabilmente il nostro cammino, le sconfitte e le cadute, purificati e trasfigurati dalla grazia dell’incontro con Cristo, lasciano il posto ad una condizione di gloria, partecipi della stessa regalità della Madre. Quale Madre resta al fianco delle nostre debolezze, quale Regina alimenta la nostra speranza di salvezza. Per cui, tutto può diventare prezioso agli occhi di Dio, tutto è bello, è santo, è amabile quando è vissuto per Lui, con Lui, in Lui.

La gloria di Maria non giustifica una regalità di supremazia, di gloria e di potere. In Lei trionfa la regalità del servizio. All’annuncio dell’angelo a Nazareth, Maria risponde con parole che ispirano la missione della Vergine: “Ecco la serva del Signore” (Lc 1, 38). Da quel momento in avanti la sua maternità sarà solo un puro servizio di amore a Cristo e all’Umanità. Tutte le pagine evangeliche che raccontano di Maria, la indicano sempre nell’atteggiamento del servizio: “L’origine delle glorie di Maria, il momento solenne che illumina tutta la sua persona e la sua missione, è quello in cui, piena di grazia, rivolse all’arcangelo Gabriele il ‘fiat’, che esprimeva il suo assenso alla disposizione divina; in tal guisa Ella diveniva Madre di Dio e Regina, e riceveva l’ufficio regale di vegliare sulla unità e la pace del genere umano” (Pio XII, 1° novembre 1954).

Nel vangelo odierno Maria rende visita ad Elisabetta, mostrandosi benigna e misericordiosa verso la cugina in stato di necessità. Maria è al servizio dell’umanità. Bussa alla porta dei nostri bisogni; entra con il garbo del “saluto” per porgere la grazia della sua disponibilità. L’Eccomi con il quale accoglie la Parola fatta carne, è lo stesso “Eccomi” che la porta “in fretta” verso l’Umanità. A ragione riconoscerà e canterà nel Magnificat: “Dio, mio salvatore…ha guardato l’umiltà della sua serva” (Lc 1,47-48).

Chi assume, approva

Anche la vita del cristiano è  “assunta” da Dio, da Lui approvata e abbracciata, se gli altri sono il motivo e la meta del pellegrinaggio della nostra carità, perché “chi non vive per servire, non serve per vivere” (Papa Francesco). Il “curriculum” con cui Maria si presenta a Dio è il “Magnificat”: la verità di quanto dichiara la accredita presso Dio. E il Signore la approva, la “assume” con sé, perché ha tutti i requisiti spirituali per continuare ad essere madre e regina di misericordia dal Cielo.

Quella di Maria illumina la regalità del cristiano, legata alla dignità del battesimo. Non è l’esaltazione sul podio del potere o delle tante forme di supremazia, ma il nascondimento nel silenzio della carità con la quale il credente, come Maria, si spende per gli altri. Non possiamo sperare di abitare i “cieli” della gloria di Dio, se non “visitiamo” le bassezze della miseria umana. Davanti a Dio vale solo quanto abbiamo veramente amato, quanto siamo stati fedeli alla nostra vocazione cristiana, alla “misura alta” della dignità battesimale. Dio non considera i risultati esteriori o i successi umani gratificanti, ma le intenzioni profonde del cuore; e ricerca, nel sacrario del nostro spirito, quella rettitudine che ci conforma al vangelo del suo Figlio. E’ questo che ci innalza fino al Cielo della grazia di Dio. Più si serve nell’umiltà,  più si cresce nell’elevata bellezza della dignità regale.

 

 

 

                                                                                              + Gerardo Antonazzo

 

 

 

 

 

 

 

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