Omelia per la prima Messa nella parrocchia “Sacra Famiglia”

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La prima messa

 

Omelia per la prima Messa

nella parrocchia “Sacra Famiglia”

Cassino, 26 dicembre 2015

E’ più grande la gioia della prima Messa che la soddisfazione di posare la prima pietra. Edifica più la fede che le pietre, anche se dell’edificio sacro ogni comunità cristiana ha pure estremo bisogno quale “tenda del convegno” (cfr. Es 40) dove i battezzati sono con-vocati dalla Parola di Dio per celebrare i divini misteri della salvezza operata da Gesù figlio di Dio fatto carne. Con la fede si edifica la comunità cristiana, con le pietre si edifica il tempio dove la comunità eucaristica si raduna come famiglia di Dio nel segno visibile della concordia, della fraternità, della comunione spirituale, della partecipazione al banchetto del Mistero che si rivela nella Parola, nel Pane e nel Vino: i tre doni per eccellenza, consacrati dallo Spirito per diventare sacramento di Cristo e nutrimento dei fedeli.

La celebrazione della prima Messa di questa comunità parrocchiale avviene nella felice ricorrenza della festa liturgica della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe: la prima celebrazione eucaristica coincide pertanto con la prima festa “patronale” della parrocchia. E’ proficuo edificare la vita di ogni famiglia e dell’intera famiglia parrocchiale sull’imitazione delle virtù e dei valori della Famiglia di Nazareth.

La famiglia laboratorio di vero umanesimo

 

Ogni famiglia santificata dall’amore di Cristo è riflesso concreto e visibile della comunione trinitaria. Nella vita trascorsa a Nazaret, Gesù ha onorato la Vergine Maria e il giusto Giuseppe, rimanendo sottomesso alla loro autorità per tutto il tempo della sua infanzia e adolescenza. In tal modo ha messo in luce il valore primario della famiglia nell’educazione della persona. E’ nella famiglia che si riceve il primo amore e si comprende la bellezza della fraternità. Gesù ha imparato da Maria e Giuseppe la virtù dell’obbedienza e del rispetto: “Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso”(Lc 2,51). La luce che viene dalla Santa Famiglia ci incoraggia ad offrire calore umano in quelle situazioni familiari in cui, per vari motivi, manca la pace, manca l’armonia, manca il perdono. Nella sua famiglia Gesù ha imparato a leggere la Torah e a meditare la Parola del Signore. Dalla famiglia di Nazareth si impara la virtù del silenzio e dell’ascolto umile e docile della volontà del Signore. Nella sacra famiglia regna la povertà di spirito e la sobrietà di vita: nulla di superfluo, solo l’essenziale per una vita dignitosa e rispettosa della provvidenza di Dio. I genitori di Gesù sono stati maestri di preghiera e di intima confidenza con la presenza e la centralità del Mistero divino. Annuncia Papa Francesco: “Il messaggio che proviene dalla Santa Famiglia è anzitutto un messaggio di fede. Nella vita familiare di Maria e Giuseppe Dio è veramente al centro, e lo è nella Persona di Gesù. Per questo la Famiglia di Nazaret è santa. Perché? Perché è centrata su Gesù. Quando genitori e figli respirano insieme questo clima di fede, possiedono un’energia che permette loro di affrontare prove anche difficili, come mostra l’esperienza della Santa Famiglia, ad esempio nell’evento drammatico della fuga in Egitto: una dura prova”(Angelus del 28 dicembre 2014).

 

La famiglia di Nazareth prototipo della Chiesa

Custodire il Mistero

La Sacra Famiglia è anche il modello costitutivo della Chiesa, e quindi di ogni comunità parrocchiale. Nei suoi Genitori, Gesù ha conosciuto tutta la bellezza della fede, dell’amore per Dio e per la sua Legge, come pure le esigenze della giustizia religiosa, che trova pieno compimento nell’amore (cfr Rm 13,10). Da Maria e Giuseppe anche la Chiesa impara cosa significa fare la volontà di Dio, fidarsi della sua Parola, obbedire ai suoi inviti. Maria e Giuseppe custodiscono il mistero del Figlio di Dio loro affidato. E’ Lui il cuore della nostra fede, è Lui il centro della vita della Chiesa. Per nessun altro e per null’altro la parrocchia deve vivere se non per amare Cristo e annunciarlo a tutti come l’unico Salvatore. Prima ancora di edificare la chiesa di pietre, dobbiamo imparare a costruire la vita della comunità cristiana. Come si edifica una comunità? Ponendo Cristo come la vera “prima pietra”, roccia fondamentale e “pietra angolare” che sostiene l’edificio. Scrive l’apostolo: “Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo” (1Cor 3, 10-11). Grazie a Lui, a Lui uniti, anche noi diventiamo pietre per l’edificazione della comunità: “Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, 5quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale” (1Pt 2, 4-5).

Edificare nella carità

Il cemento che unisce le pietre di una medesima costruzione è la carità fraterna. Dalla famiglia di Nazareth la parrocchia, famiglia di molte famiglie, impara a edificarsi nella forza della collaborazione, della corresponsabilità e della comunione. Chi incontra Cristo e crede in Lui, deve accoglierlo con stupore nella presenza dell’altro “nel quale riconoscere un fratello, perché da quando è accaduto il Natale di Gesù, ogni volto porta impresse le sembianze del Figlio di Dio. Soprattutto quando è il volto del povero, perché da povero Dio è entrato nel mondo e dai poveri, prima di tutto, si è lasciato avvicinare” (Angelus 20 dicembre 2015). La carità è la regola suprema della vita cristiana e di ogni comunità cristiana: “La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” (1Cor 13, 4-7).

Testimoniare la fede

La parrocchia esiste per evangelizzare il proprio territorio, per offrire la presenza del Signore a tutti; a tutti deve far sentire la premura e la tenerezza di Dio perché ognuno si senta raggiunto dall’abbraccio paterno del Padre e da tutti i segni e prove possibili della sua misericordia. Così, dalla famiglia di Nazaret la Chiesa impara a ricevere e a custodire la grazia del Mistero di Dio, ed è provocata a scoprire la stupenda vocazione e missione di annunciare Gesù e di educare alla fede in Lui. La parrocchia deve parlare il linguaggio dei bambini, dei giovani, delle coppie e della famiglie, soprattutto quelle ferite da varie prove, dei lavoratori e dei disoccupati, dei poveri e delle persone più abbienti, per costituirsi come la “casa comune” sotto la cui tenda ognuno può scoprire la fraternità spirituale generata dall’ amore da Dio per tutti, senza distinzioni e senza esclusioni.

In conclusione non possono non rivolgere il mio grato pensiero a don Fortunato per il robusto e prolungato impegno con cui continua ad accompagnare l’iter di progettazione e attuazione della costruzione della nuova chiesa e del nuovo complesso parrocchiale, sia per l’organizzazione di questo ambiente che accoglie la comunità cristiana della nuova parrocchia.

Il mio ringraziamento speciale è rivolto a don Salvatore Brunetti per aver accolto l’invito del Vescovo a farsi carico della vita pastorale della nuova comunità parrocchiale. Ora è necessario pregare ancora di più per le vocazioni sacerdotali, perché il Signore disponga la vita di quanti Lui chiama al sacro ministero presbiterale a rispondere con amabile docilità alla sua sequela.

 

+ Gerardo Antonazzo

Categorie: Cassino,Diocesi,Documenti e Omelie

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