Omelia per la Giornata nazionale della vita

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Prendi il largo

 

Sora-Ospedale civile, 7 febbraio 2016

Omelia per la Giornata nazionale della vita

Cari amici,

nel brano di s. Paolo l’apostolo dichiara la centralità del Vangelo che aveva già annunciato ai Corinzi. Questo vangelo, questa bella notizia, contiene l’annuncio della pasqua di Cristo, la sua vittoria sulla morte e sul peccato. Cristo viene a santificare con la grazia della sua Pasqua la vita degli uomini. La Pasqua di Cristo annuncia in modo sublime il valore della vita generata dall’amore coniugale e salvata dalla misericordia del Padre. Di fronte al valore della vita di ogni creatura umana Dio Padre impegna il massimo del suo amore, il sacrificio del Figlio! Il vangelo della Pasqua è il Vangelo della Vita. Dio non avrebbe certamente sacrificato il Figlio per una realtà insignificante. Quanto grande è il prezzo pagato tanto più grande si rivela la realtà redenta.

E’ consolante ascoltare queste parole nella domenica nella quale celebriamo la Giornata nazionale della vita. E’ “vangelo”, è bella notizia, ogni riferimento alla vita umana messa a rischio dall’egoismo sfrenato e irrazionale di chi nega, offende o sopprime la dignità inviolabile di ogni creatura. Il vangelo della Pasqua di Cristo è preludio e condizione dell’evangelium vitae di ogni creatura. Il rispetto della vita umana, indisponibile ad ogni atto che non la promuova nella sua sacralità, ancor prima di essere una verità di fede, è la chiave decisiva di una vera cultura antropologica e di una società civile degna di questo nome. E’, pertanto, una questione trasversale ad ogni uomo e donna di buona volontà che interpella la coscienza di ciascuno sulla questione dell’uomo, della sua dignità, della sua difesa, delle sue origini e del suo destino. Il disorientamento politico di questi giorni rispetto al decreto legge del governo sulle “Unioni civili” dimostra come siamo in tempo per appellarci fortemente alla coscienza morale del nostro Paese segnato storicamente da una forte cultura umanista.

Commuoversi ancora e sempre

 

La bellezza della vita umana è ripetutamente descritta dalla Parola sacra nella quale Dio parla del suo amore per ogni uomo come della sua tenerezza per un bimbo che nasce, con accenti davvero lirici: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,15).

Se è grande l’apprensione, lo stupore e la commozione di una madre di fronte al mistero della vita, quella di Dio supera lo stesso sentimento materno. D’altronde credo che Dio non avrebbe mai scelto di misurarsi con l’affetto materno, se la vita di una creatura non avesse rappresentato ai suoi occhi un valore fondamentale e inviolabile. Dio non si sarebbe mai misurato l’amore viscerale per la vita quale termine di paragone del suo affetto, se questa fosse stata qualcosa di insignificante.

Quanto è grande ogni forma di maternità agli occhi di Dio? Quanto più grande è la maternità di Dio? La parola primaria che nella Bibbia definisce l’atteggiamento misericordioso sia della madre sia dii Dio è desunta dalla matrice stessa della famiglia, cioè la generazione. In ebraico si tratta di una radice verbale, rhm, che dà origine al vocabolo rehem/rahamîm, cioè le “viscere”, il grembo materno, ma anche l’istinto paterno per il figlio. Il vocabolo è applicato a Dio stesso, senza nessun imbarazzo. Dio ama la vita di ognuno molti più di quanto una donna ama in modo viscerale il frutto del suo utero. Si tratta di un amore profondo, intimo, spontaneo e assoluto fino a raggiungere il culmine descritto da Gesù nell’ultima cena: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Giovanni 15,13).

Gli attentati alla vita

 

Sono molte le cause che tendono a sminuire o a svalutare la dignità della vita umana. Una buona parte di esse sono accomunate spesso dalla paura, dall’insicurezza, da un senso di impotenza e di debolezza. Oggi Gesù ci invita a “prendere il largo” della nostra fiducia, per stroncare il piccolo cabotaggio dei nostri egoismi che soffocano l’esercizio di un amore gratuito e puro. Prendere il largo significa abbandonare la bassezza dei fondali fangosi dell’egoismo, per navigare in alto mare e dare spazio alla libertà di un cuore capace di grandi scelte, anche se impegnative ed esigenti. L’elenco degli atti contro la vita causati dalla palude degli egoismi umani è impressionante: “È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel canale di Sicilia. È attentato alla vita la morte sul lavoro perché non si rispettano le minime condizioni di sicurezza. È attentato alla vita la morte per denutrizione. È attentato alla vita il terrorismo, la guerra, la violenza; ma anche l’eutanasia. Amare la vita è sempre prendersi cura dell’altro, volere il suo bene, coltivare e rispettare la sua dignità trascendente” (Messaggio dei Vescovi, 2016). E’ attentato alla vita anche la pretesa di un figlio a tutti i costi, come anche il presunto diritto all’adozione di un figlio da parte di coppie dello stesso sesso, impedendo il diritto naturale di crescere in un’autentica relazione educativa. E’ attentato alla vita anche le tante forme di indifferenza e di ipocrita cecità di fronte a evidenti situazioni di bisogno e di emergenza.

Dobbiamo guarire la durezza del cuore con il farmaco della compassione. La misericordia fa guarire l’animo dai veleni dell’edonismo e degli interessi economici e commerciali. Dobbiamo riprendere il coraggio per la vita, anche quando tutto sembra andare in senso contrario: “Sulla tua parola, getterò le reti”. Nel medesimo Messaggio i Vescovi scrivono: “La misericordia farà fiorire la vita: quella dei migranti respinti sui barconi o ai confini dell’Europa, la vita dei bimbi costretti a fare i soldati, la vita delle persone anziane escluse dal focolare domestico e abbandonate negli ospizi, la vita di chi viene sfruttato da padroni senza scrupoli, la vita di chi non vede riconosciuto il suo diritto a nascere”.

In questo anno di grazia sia la misericordia del Signore a guarire le ferite di molte donne che hanno rifiutato di divenire madri. L’anno giubilare, durante il quale il Papa ha concesso a tutti i sacerdoti di assolvere dalla scomunica dell’aborto, possa ridestare la speranza del perdono, insieme con una conversione paterna e materna a difesa della vita sin dal suo concepimento.

Familiarizzare con le fragilità

 

Dio si commuove sempre di fronte al miracolo della vita, in qualunque stagione dell’esistenza, soprattutto quando è segnata dalla fragilità della malattia e del dolore. Per amare la vita con coraggio bisogna familiarizzare con le sue fragilità. E’ deprimente la pretesa di una vita fisica sempre perfetta, in piena forma, senza ferite e senza cedimenti. Nell’esperienza delle fragilità si impara a familiarizzare di più. Lo dimostra ogni ospedale, come luogo di autentica e solidale fraternità nella stagione della malattia. In esso si familiarizza con la debolezza fisica, e ci si sente più vicini e solidali gli uni con gli altri, meno egoisti e meno soli, meglio disposti a prestare ogni aiuto per sostenersi reciprocamente; insomma nella stagione della fragilità si impara ad amare e a rispettare di più la vita propria e altrui. La vita indifesa e debole richiede un supplemento di amore piuttosto che l’indifferenza, l’abbandono, o la soppressione.

“Prendere il largo” deve significare allargare il cuore, lanciarlo sulle rotte di una misericordia incondizionata. Pietro, davanti alla sorpresa di una pesca abbondante, esclama: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore”. Il Signore ci aiuti a riconoscerci peccatori per le volte in cui anche noi non ci fidiamo della sua parola e delle sue promesse.

 

+ Gerardo Antonazzo

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