Omelia del Vescovo per Ordinazione Presbiterale di don Tomas Jerez

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CUSTODE SAGGIO E FEDELE

Omelia per l’ordinazione presbiterale di don Tomas Jerez

 Cassino, chiesa di s. Pietro, 19 marzo 2015

Nella solennità di s. Giuseppe celebriamo il “Sì” dell’uomo giusto, del “servo saggio e fedele posto a capo della santa famiglia” (Prefazio). Anche Giuseppe, come già Maria di Nazareth, è coinvolto in un evento di “annunciazione”. Dio,  chiedendo a Giuseppe una nuzialità e una paternità profumate di obbedienza, gli rivela le intenzioni e le ragioni del proprio agire. Se da una parte Giuseppe vuole troppo bene a Maria da essere disponibile a tutto ciò che la riguarda, dall’altra ama talmente il Signore da non dubitare che nell’oscurità delle parole dell’angelo ci sia il segreto di una immensa luce. Giuseppe, resistendo alle convenzioni sociali, accetta coraggiosamente di accogliere con sé una ragazza in condizione di grave scandalo, meritevole di pubblica denuncia. L’assenso di Giuseppe, parallelo all’ “Eccomi” di Maria, sfida ogni regola sociale, e abbraccia la tenerezza di Maria con la forza del suo stupore.

Caro don Tomas sei stato raggiunto anche tu dall’angelo della tua vocazione. Il Signore ti ha rivolto una parola di chiamata, per accordare la tua giovane esistenza con la sua ostinata iniziativa. Non di rado la chiamata di Dio richiede il coraggio di non soccombere alle pressioni sociali e culturali del nostro tempo, ripiegato  su sicurezze umane e materiali, attratto da stili di vita frivoli e superficiali. La chiamata a seguire il Signore deve fare i conti oggi con una pressione che diffonde discredito, disapprovazione, e scoraggiamento. A volte la stessa ingerenza familiare soffocante e possessiva, per nulla educativa, non lascia margini alla libertà di rispondere in prima persona alla propria vocazione.

Carissimi giovani, non svendete con nessuno la vostra libertà illuminata dal Vangelo, non barattate l’ascolto della vostra coscienza con l’inganno del piacere a buon mercato,  non lasciatevi sedurre dalle sirene dell’edonismo e dalla dittatura dell’egoismo, non cedete alla propaganda di una felicità di comodo, a basso costo e di bassa lega. La vera felicità è altrove. Collocate la vostra vita oltre il pensiero unico del calcolo e del tornaconto.

Sognare ad occhi aperti

Dio entra nel vivo dei nostri sogni e vi getta scompiglio. “Mentre (Giuseppe) stava considerando queste cose, gli apparve in sogno un angelo”. I sogni di Dio sono sempre più grandi dei nostri. Allora è bello sognare insieme a Dio, e lasciare che ci sorprenda con quanto non avremmo mai immaginato, bel al di là del nostro illusorio sognare senza di Lui. Caro don Tomas contempla il volto di Dio a viso scoperto e sogna anche tu ad occhi aperti. La chiamata di Dio non è come giocare a “mosca cieca”. Giuseppe incontra Dio nel vivo dei suoi tumultuosi pensieri, Giuseppe sogna ad occhi aperti mentre il suo cuore è assediato da dubbi e domande, destabilizzato da una situazione matrimoniale imbarazzante e rischiosa. sognare con Dio è più bello che sognare da soli. Carissimi giovani, è  bene saperlo: da soli si può sognare solo  a metà. Io ve l’ho detto. Restate in attesa del passaggio di Dio, sappiate riconoscere i rumori dei suoi passi, senza nascondervi davanti al suo volto. Vi auguro che si faccia vivo nel vivo dei vostri sogni, ideali e progetti.

L’Eccomi dell’uomo e il Sì di Dio

Caro don Tomas, la nostra chiesa particolare di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo  oggi è qui per pregare per te e con te, ed invocare l’effusione dello Spirito per la consacrazione della tua persona al servizio della santificazione del popolo di Dio. La bontà del Signore ha raccolto pochi istanti fa il tuo rinnovato “Eccomi”; metti il tuo sì nel sì di Dio. Lui per primo ha detto “sì” alla tua vita. E’ il “sì” di Dio alla tua umanità, anche se compromessa dall’impurità  del peccato: “Ohimè! Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5).  E’ il “sì” di Dio alla tua generosità non calcolata, con la quale oggi dichiari il tuo “per sempre” a Lui. Lui, di quello che realmente sei, non ha paura, e invita anche te a “non temere” per le tue debolezze, difetti e limiti. Lui ti ha scelto per primo, ti ama per primo, ti cerca per primo, e ti chiede di essere il Tutto per cui vivere.

Mettere tra poco le tue mani nelle mani del Vescovo, significa che il coraggio del tuo “sì” non lo vivrai da solo perché altre mani sostengono il tuo “eccomi”. Con la promessa di agire con  “filiale rispetto e obbedienza affiderai la tua libertà alla carezza di Dio. La tua obbedienza a Dio ti preserva  dall’abuso di ogni forma di  personalismo e protagonismo narcisista, e ti riscatta dall’arroganza della presunzione immaginando che, in fin dei conti, tutto dipenda da te e non più dalla potenza di Dio.

Consegnando le tue mani nelle mani del Vescovo farai della tua vita un dono per gli altri, per servire la vita degli altri come fosse la tua, per amarla più della tua: “Per loro consacro me stesso” (Gv 17, 17). La tua consacrazione non è sfoggio di santità  né di bravura umana, ma consapevolezza di essere “sacramento” della potenza di Dio, di fronte alla quale la creatura tace. Ed è silenzio.

Il silenzio, l’ascolto e l’obbedienza

I quattro vangeli dicono poche cose di san Giuseppe. S. Matteo dichiara che “era un uomo giusto”. Il termine “giusto” non fa riferimento ad una categoria morale o giuridica, ma obbedisce  ad una condizione squisitamente religiosa, nutrita da tre atteggiamenti dinanzi a Dio: il silenzio, l’ascolto e l’obbedienza a Dio. S. Giuseppe è l’uomo che si esprime più con il suo silenzio che con le parole. Il silenzio permette a Giuseppe di gestire la confusione e lo smarrimento, chiarisce i dubbi, rigenera la fiducia, purifica il cuore, filtra le paure, e gli consente di riconoscere nell’angelo del Signore la volontà di Dio: “Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore” (Mt 1,24). E’ sterile la nostra parola quando non è preceduta e fecondata dal silenzio. E’ il silenzio nel quale il profeta Elia riconosce il passaggio corroborante di Jahweh: “Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna (1Re 19,13). Il silenzio della meditazione quotidiana e la silenziosa adorazione eucaristica devono meritare la parte migliore del tuo tempo, per vivere l’intima, confidenziale e amorosa relazione con i Signore, sposo del tuo celibato.

Carissimi, impariamo a fidarci soprattutto dei preti che vediamo in ginocchio, in silenzio e in preghiera. Cari presbiteri la riuscita delle nostre strategie pastorali non è la capacità di fare notizia né di fare colpo, ma di fare silenzio e di saper ascoltare per obbedire a tutte le parole dell’angelo del Signore. Il silenzio del cuore trasfigura l’ascolto di Dio in obbedienza, perché solo chi sa ascoltare sa anche obbedire. Anzi il vero ascolto è già obbedienza, perchè la fa diventare atto di affidamento fiduciale in Colui la cui Parola mi convince,  merita l’assenso del mio cuore (“filiale rispetto”) e attende la libera adesione della mia mente  e della mia volontà (“obbedienza”).

Il risveglio e la custodia

Il racconto del vangelo di s. Matteo si conclude con il riferimento a Giuseppe che si risveglia dal sogno. Giuseppe si apre alla realtà, impara a fare i conti con le responsabilità che ora gli tocca assumere: prendere con sé Maria e il Bambino. Giuseppe si prende cura di coloro che Dio gli affida, per amarli più della propria vita. Esercita così la sua missione di “custode” di Maria e del mistero di Cristo. Papa Francesco nell’Omelia del 19 marzo 2013, all’inizio del suo ministero petrino, affermava: “Giuseppe è custode, perché sa ascoltare Dio, si lascia guidare dalla sua volontà, e proprio per questo è ancora più sensibile alle persone che gli sono affidate, sa leggere con realismo gli avvenimenti, è attento a ciò che lo circonda, e sa prendere le decisioni più sagge. In lui cari amici, vediamo come si risponde alla vocazione di Dio, con disponibilità, con prontezza, ma vediamo anche qual è il centro della vocazione cristiana: Cristo! Custodiamo Cristo nella nostra vita, per custodire gli altri, per custodire il creato!” (19 marzo 2013).

Caro don Tomas tra poco ti verrà chiesto: “Vuoi celebrare con devozione e fedeltà i misteri di Cristo secondo la tradizione della Chiesa, specialmente nel sacrificio eucaristico e nel sacramento della riconciliazione, a lode di Dio e per la santificazione del popolo cristiano?”.  Il Signore ti rende oggi partecipe del ministero della custodia esercitato da s. Giuseppe. La custodia di Cristo, bene assoluto della tua vita, ti riconduce al fondamento del tuo vivere in Lui e per Lui. La custodia dei fratelli che ti sono affidati ti fa diventare responsabile della loro salvezza. Il Signore chiederà conto anche a te, secondo le parole di Dio contro i cattivi pastori (Ez 34,10). Oggi Dio ti rende custode dei sacri misteri, custode del tuo sacro ministero, custode e non padrone.

Prendi con te la Vergine Maria, custodisci la purezza di  un’autentica devozione, perché Lei si prenda cura di te, vigili sulla tua rettitudine di mente, di cuore e di opere. Elargisca per te, a favore della Chiesa, ogni beneficio spirituale per conformare la tua vita a Gesù buon Pastore.

Gerardo Antonazzo

 

 

 

 

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