Incontro diocesano Dirigenti scolastici, Collaboratori e Rappresentanti di Istituto

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo

Presentazione del MESSAGGIO AI GIOVANI

La tua impronta sulla pietra

Messaggio del Vescovo Gerardo agli Studenti, ai Dirigenti, Insegnanti e Genitori

per l’Anno Scolastico 2016-2017

Incontro diocesano Dirigenti scolastici, Collaboratori e Rappresentanti di Istituto

ATINA, Palazzo Ducale 19 gen. 2017

Buongiorno a tutti. Ieri ho ricevuto la telefonata di Don Nello che, a nome del Vescovo, mi chiedeva di presentare qui oggi a voi presenti, Dirigenti Scolastici, Collaboratori e Rappresentanti di Istituto, il Messaggio ai Giovani “La tua impronta sulla pietra” del Vescovo della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, Mons. Gerardo Antonazzo. Messaggio che, sebbene scritto in occasione dell’inizio dell’anno scolastico, infatti porta la data del 15 settembre 2016, credo sia bene soffermarsi qualche momento a rileggere, o a leggere se a qualcuno fosse sfuggito, anche perché il Messaggio, oltre che ai Giovani, è indirizzato a Dirigenti, Insegnanti e Genitori, le categorie di adulti impegnati nella Scuola.

Innanzitutto vorrei sottolineare come si presenta questo Messaggio: ben lontano dal tono ufficiale-burocratese dettato da obbligo o opportunità istituzionale; anche “bello” nel suo aspetto grafico, ben curato, con un bel titolo, e poi, cosa più importante di tutte, ricco nei contenuti, per la comprensione delle situazioni di oggi in cui i giovani si trovano, per le proposte vere e positive che offre e, cosa importantissima a mio avviso, perché è pieno di rispetto, di stima, di affetto e di guida alla speranza per i ragazzi, ai quali “parla” sul serio, non dall’alto, non ex cathedra, ma direi guardandoli negli occhi e considerandoli, e chiamandoli “interlocutori credibili“.  Diciamo la verità, non è cosa così comune! Oggi spesso i più diffusi luoghi comuni sui giovani non ne parlano bene, non esprimono fiducia in loro, magari li blandiscono ma solo se… sono messaggi pubblicitari, vedendoli quindi non tanto come “persone” quanto come “possibili/probabili acquirenti”, cioè fonti di guadagno. E questo non è certo bello! non è rispettoso!

Il fatto poi che il Messaggio sia rivolto ai giovani ma anche agli adulti rivela da un lato la trasparenza dell’approccio ai giovani, perché mostra apertamente agli altri Educatori abituali, i responsabili istituzionali della formazione umana e culturale degli studenti, che cosa dice e propone il Vescovo e quindi la Chiesa, ai ragazzi; e dall’altro lato porge la mano per far sorgere una positiva sinergia educativa, una collaborazione aperta e leale a favore delle nuove generazioni.

E’, in fondo, il medesimo spirito che ha spinto il Vescovo Gerardo a proporre e organizzare l’incontro di oggi. Ed anche questo è importante, che le istituzioni presenti sul territorio stabiliscano delle forme di cooperazione sui terreni comuni su cui operano. In questo caso il “terreno comune” di Scuola e Chiesa è (permettetemi di dirlo essendo stata e sentendomi ancora: insegnante!) la cosa più importante di tutte: la formazione delle nuove generazioni!

Non si tratta di “cattolicizzare” tutti i ragazzi, molti potrebbero obiettare che la Scuola statale è laica, che accoglie in sé molti studenti di altre religioni, e avrebbero ragione. Si tratta di lavorare sulle aree comuni per fini comuni, di formazione umana e culturale. L’IRC, non per niente, è facoltativo! E comunque, i dati ci dicono che ben l’88% degli studenti italiani sceglie di seguire l’insegnamento della Religione cattolica nella scuola statale ed esprime “elevate percentuali di gradimento”.   Lo dimostra la quarta indagine nazionale sull’argomento, presentata l’altro ieri a Roma da Mons. Nunzio Galantino, segretario generale della CEI. L’indagine, che ha intervistato 3.000 docenti e 20.000 alunni, a trent’anni dalla revisione del Concordato, dimostra che l’IRC non solo non è il catechismo né l’ora dei cattolici, ma ha dato prova di contribuire a pieno titolo alla “formazione umana integrale“.

  E andiamo al Messaggio. E’ vero, inizia ponendo domande molto molto impegnative, da milioni di dollari…, quasi scoraggianti (si può ancora sognare? c’è spazio per la speranza? è possibile un futuro migliore? si può cambiare ciò che non va? si può sconfiggere la corruzione? c’è soluzione al terrorismo? siamo ancora in tempo per la pace?).

Ma l’impianto generale è tutto basato sulla fiducia nei giovani e sull’intento – rifacendosi al pensiero e alle parole di Papa Francesco – di indicare e accendere in loro degli ideali perché non pensino alla loro vita come a una cosa scontata, noiosa, prevedibile e per questo poco soddisfacente, ma la riempiano di senso, la facciano diventare un’avventura: l’avventura della vita bella, e non l’illusione della bella vita (p. 4). Li mette in guardia dall’inganno del piacere; li sprona a “difendersi dal virus debilitante della rassegnazione” (p. 3), a “non gettare la spugna prima di iniziare la partita, ad arrendersi senza aver cominciato a giocare” (p. 3). Li sprona a vivere da persone libere, coraggiose e generose, a partecipare e a rendersi responsabili per sé e per gli altri, pronti a “dare il meglio di sé” e ad “addestrarsi al dono di sé” nella “palestra della solidarietà”. Ad essere “Giovani non rinunciatari, né pelandroni rassegnati, ma protagonisti autorevoli di una nuova cultura sociale“(p. 2).

Li invoglia, insomma, a lasciare così la propria impronta sulla pietra, un’impronta duratura, significativa, memorabile! E indica l’amore, fatto di solidarietà, vicinanza, dono di sé, come il motore vero della vita. Dice: “Se la vita di un giovane non è carburata dall’amore, resta impietrita dall’egoismo o dalla paura” (p. 5) e avverte: “Ad amare si impara” (p. 4).

E’ un programma bellissimo e condivisibile che accende interesse, sentimenti forti, senso della propria dignità, voglia di fare. Questo i ragazzi chiedono, al di là delle apparenze.

E i ragazzi, lo sappiamo bene per esperienza, il più delle volte non sono come vorrebbero apparire, “dentro” sono molto migliori ed hanno un fiuto finissimo per capire le cose giuste e vere, per riconoscere chi parla loro con verità, chi vuole sottometterli e zittirli per proprio comodo e chi invece li vuole liberi e in grado di giudicare e scegliere e li accompagna nel cammino di conquista della autonomia. Non è vero che vogliono la “pappa fatta”, come suol dirsi, i giovani vogliono fare, sentirsi capaci, protagonisti,  membri attivi della società, ma chiedono fiducia, chiedono di essere presi sul serio.

S.E. Gerardo cita le parole di Papa Francesco: “Non c’è niente di più bello che contemplare i desideri, l’impegno, la passione e l’energia con cui tanti giovani vivono la vita… È stimolante sentirli condividere i loro sogni, le loro domande e il loro desiderio di opporsi a tutti coloro che dicono che le cose non possono cambiare. Quelli che io chiamo i ‘quietisti: nulla si può cambiare’. No, i giovani hanno la forza di opporsi a questi!” (p. 3).

Verissimo!

 Il Messaggio a un certo punto poi dice: “A favore di questi processi evolutivi della personalità di ogni giovane la Scuola è chiamata, per sua propria e specifica vocazione, ad offrire delle opportunità straordinarie” (p. 4-5).

La Scuola deve dunque offrire opportunità, che non significa certo ripetere schemi antichi, collaudati e sperimentati, perché la società è cambiata, è divenuta “liquida”, come sosteneva il sociologo Zygmunt Bauman scomparso pochi giorni fa, l’amore è liquido, la vita è liquida, la Modernità è liquida. E lo vediamo, niente più è stabile, tutto è complesso e mutevole e per i giovani questo è normale. Quindi i primi che debbono accettare tale cambiamento sono proprio coloro che lavorano con i giovani, i Docenti e i Dirigenti. E’ una sfida.

Debbono piuttosto adoperarsi per motivare i ragazzi, e guardare in alto, senza formalizzarsi troppo sulle piccole cose di poco conto, debbono avere il coraggio di percorrere strade nuove per e con gli alunni, sapendo di non avere in tasca tutte le soluzioni pronte, ma con l’umiltà di cercarle. La Scuola deve “prendere il largo”, non restare sotto costa per paura, non rimpiangere il passato, questo non serve a niente e non aiuta nessuno.

La cosa veramente importante e che fa andare avanti sempre e comunque, è che a spingere docenti e dirigenti ci sia la “passione educativa”, quella passione che San Giovanni Bosco metteva nel suo lavoro con i ragazzi perché “l’educazione è cosa del cuore“, come diceva lui; quella stessa passione che, grazie a Dio, c’è tuttora in tante scuole e opera veri prodigi. Giusto nei giorni scorsi l’ho sperimentata in varie scuole superiori di Cassino che realizzavano iniziative e progetti innovativi e si percepiva un’intesa tra docenti e alunni stupenda, efficace ed efficiente, (solo per fare qualche esempio: Liceo “Varrone”, ITIS, Liceo Classico…). Sono tanti davvero i docenti che svolgono con passione il loro ruolo, possiamo dire la loro “missione”. E i risultati si vedono!

–  Varie espressioni del Messaggio del Vescovo le ho già citate. Ora vorrei provare a trasferire alcune frasi del Messaggio, dai giovani, a cui il Vescovo Gerardo le rivolge direttamente, ai docenti:

Difendersi dal virus debilitante della rassegnazione

Se agisci bene e per il vero bene, allora lascerai chiare tracce del tuo passaggio

Se la vita non è carburata dall’amore, resta impietrita dall’egoismo o dalla paura

“Ad amare si impara”.

Quando ti impegni per qualcosa di importante non sei mai perdente.

Il servizio è la forma più credibile di partecipazione

Il mondo con te può essere diverso

La vostra impronta nella storia diventa missione

La scelta migliore che rende felici è sempre quella di rendere felici gli altri

Amare è decidere – scegliere è rischiare

 

Leggendo il Messaggio del Vescovo forse sarà venuto da pensare:

a molti docenti: come sarebbe bello se i giovani gli dessero retta e applicassero alla loro vita questi consigli e queste raccomandazioni! Come sarebbe più facile e più appagante essere professori e fare scuola!

a molti studenti: come sarebbe bello e piacevole se gli insegnanti applicassero tutti nello svolgimento della loro professione questi consigli e queste raccomandazioni! Allora sì che andremmo volentieri a scuola!!!

E se lo facessero sia gli uni che gli altri??? E  magari anche i genitori?

Sarebbe una vera rivoluzione! La scuola andrebbe a gonfie vele; lamentele e proteste lascerebbero il posto a proposte e progetti, le conflittualità si spegnerebbero per fare spazio a collaborazioni proficue e creative. I docenti vedrebbero risalire di molto la considerazione e l’apprezzamento della società per il ruolo che svolgono.

Lo stato degli edifici scolastici, la collocazione geografica, il contesto socio-culturale intorno alla scuola, la presenza o carenza di fondi non influirebbero in modo determinante né in negativo né in positivo, perché le cose materiali aiutano sì, ma non sostituiscono mai il buon insegnante. Le persone sarebbero certamente più felici e la società intorno, non migliorerebbe tutta?

Allora dipende da ognuno di noi. Per “lasciare la propria impronta sulla salda roccia della storia” ognuno degli attori in gioco deve decidere di “cambiare il divano con un paio di scarpe che aiutino a camminare su strade mai sognate e nemmeno pensate, su strade che possono aprire nuovi orizzonti, capaci di contagiare gioia” (p. 6).

Adriana Letta

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