IV° SEMINARIO TEOLOGICO-PASTORALE – Introduzione del vescovo Gerardo

IV° SEMINARIO TEOLOGICO-PASTORALE

Introduzione del vescovo Gerardo

Aquino-Sala Giovenale, 25 gennaio 2017

 

La pubblicazione dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco ha avviato in tutta la Chiesa un processo di riflessione teologica e pastorale di vasta ampiezza e di indiscutibile portata sia per la diffusa sensibilità per gli argomenti trattati, sia per il coinvolgimento straordinario di pastori, consacrati, e fedeli laici. Lo stile della sinodalità si è imposto da sé, esigito dalla necessità di una riflessione condivisa sui diversi e delicati aspetti dell’amore sia nella prospettiva dell’umano sia nella scelta sacramentale del matrimonio.

La nostra Chiesa particolare non poteva sottrarsi all’evidenza della tematica, e all’inevitabile processo di riflessione, di confronto e di discernimento pastorale, per qualificare l’accompagnamento dei giovani orientati al matrimonio cristiano, per accompagnare le coppie sposate, a partire dai primi anni di matrimonio, e per assicurare l’accoglienza di quanti, già sposati, vivono situazioni di crisi che esigono dalla Chiesa una parola di verità, nel segno della giustizia e della carità. Verità, giustizia e carità rivelano il contenuto pregnante della tenerezza di Gesù, volto della misericordia del Padre.

Valore ecclesiale dell’Esortazione

Amoris laetitia segna davvero un punto di non ritorno? Credo proprio di sì. Anzi, è bene che sia così, dal momento che l’Esortazione da una parte fa riferimento al Magistero precedente, dall’altra sviluppa ulteriormente tale dottrina, grazie ad un percorso che ha visto il coinvolgimento della Chiesa intera. E’ l’esito del lungo cammino sinodale, frutto di due assemblee mondiali dei vescovi, di due consultazioni del popolo di Dio, di un lungo e articolato dibattito avviato nell’ottobre del 2013, conclusosi due anni più tardi.

Papa Giovanni XXIII, riferendosi al compito che attendeva il concilio, affermava: “Non è il vangelo che cambia, siamo noi che cominciamo a comprenderlo meglio” (24 maggio 1963). La Chiesa, proprio nell’annunciare la volontà di Gesù, senza cambiare la dottrina, deve avere il coraggio di esprimerla con parole nuove, interpretando fedelmente la volontà salvifica di Gesù e trasmettendo sempre meglio tale annuncio. La forma e l’identità della famiglia nel nostro occidente ha conosciuto profondi e rapidi cambiamenti negli ultimi decenni: oggi noi Chiesa dobbiamo porci in ascolto delle famiglie, o meglio degli uomini e donne del nostro tempo, che vivono la storia del matrimonio in un modo nuovo rispetto al passato; dobbiamo guardare in faccia gli uomini e le donne di oggi, le loro fragilità e debolezze, e non solo il loro desiderio di famiglia, come dicono più volte i documenti sinodali, ma anche le paure e le incertezze riguardo alla famiglia.

Nelle storie d’amore il cammino è accidentato, e anche per i credenti può accadere la contraddizione all’alleanza nuziale celebrata nel sacramento. Oggi molti cristiani si trovano in questa situazione di lacerazione, e la loro presenza deve interrogare tutta la Chiesa. Stiamo cominciando a comprendere meglio il Vangelo dell’amore di coppia. Stiamo cominciando a togliere dalle spalle di coniugi, fidanzati, conviventi il peso e la sofferenza delle “pietre che si lanciano contro la vita delle persone”, aiutandole a “trovare le strade possibili di risposta a Dio e di crescita attraverso i limiti. Credendo che tutto sia bianco o nero, a volte chiudiamo la via della grazia e della crescita e scoraggiamo percorsi di santificazione che danno gloria a Dio”[1].

Ricezione dell’Esortazione

Non c’è diocesi, facoltà teologiche, associazioni, gruppi, parrocchie che non abbiano organizzato qualcosa su queste tematiche di Amoris laetitia. Ho potuto riscontrare personalmente  nelle tante assemblee parrocchiali svolte la vivace sensibilità dei laici sui temi dell’Esortazione papale. Ho incontrato comunità, aggregazioni laicali e fedeli laici sensibili al tema e alle sue implicanze attuali e complesse. Anche le parole del nostro Convegno diocesano di giugno, come anche le parole della Lettera pastorale, continuano ad essere accolte con interesse, vengono rilanciate e discusse nei momenti di confronto e di studio che progressivamente stanno crescendo nelle nostre comunità. Non è un caso che, tra i diversi testi offerti alla diocesi in questi anni del mio ministero, la Lettera “Come sigillo sul tuo cuore” sia stato il testo meglio seguito, accolto e valorizzato. Ciò dimostra come il tema riguarda e coinvolge estesamente e indistintamente tutti.

Per i pastori, ai quali l’Esortazione affida i verbi-guida nel loro relazionarsi con le singole situazioni di coppia (accogliere-accompagnare-discernere-integrare), si tratta di assumere a pieno titolo la responsabilità di guidare il cammino di ogni coppia e di essere interpreti da una parte della bellezza del matrimonio, e dall’altra educatori della loro coscienza di fronte a Dio, soprattutto nei momenti in cui attraversano ragioni serie di crisi o di interruzione del rapporto. Diversi pastori mi chiedono di suggerire orientamenti più dettagliati e concreti circa il discernimento pastorale da operare. Per l’accompagnamento delle coppie non esistono “ricette” preconfezionate: nel processo di discernimento ognuno deve essere aiutato a verificare in coscienza la propria responsabilità di fronte a Dio e alla Chiesa riguardo al comportamento verso la propria famiglia, e il proprio comportamento nell’eventuale nuova unione coniugale.

Se mai ci fossero ancora delle incertezze, a chiarire la situazione, è arrivato nel settembre scorso il documento dei vescovi della zona pastorale di Buenos Aires, pubblicamente approvato da papa Francesco: “Criteri fondamentali per l’applicazione del capitolo VIII di Amoris laetitia”. Il Papa legge il testo e risponde: “Molto buono, spiega completamente il senso del capitolo VIII di Amoris laetitia. Non ci sono altre interpretazioni. Sono sicuro che farà molto bene”. Oltre a sintetizzare quanto già scritto nel documento papale a proposito dell’accoglienza, dell’accompagnamento personale, del discernimento, i vescovi argentini scrivono: “Questo cammino non termina necessariamente nell’accesso ai sacramenti ma può prevedere altre forme di integrazione”. Non si esclude nemmeno la possibilità di “proporre l’impegno di vivere la continenza sessuale”. Ma, quando questa opzione non è percorribile, si può aprire la strada ugualmente alla Riconciliazione e all’Eucarestia. Questo perché in certe situazioni  molti, pur     “conoscendo e accettando la possibilità di convivere ‘come fratello e sorella’ che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, ‘non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venire compromesso il bene dei figli’ (Gaudium et spes, 51)”[2]. A proposito dell’ormai famosissima nota 351, il cardinale Agostino Vallini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha osservato per esempio nel settembre scorso, proprio al convegno su Amoris laetitia della diocesi di Roma: “Il Papa usa il condizionale, dunque non dice che bisogna ammettere ai sacramenti, sebbene non lo escluda in alcuni casi e ad alcune condizioni”.

L’ Esortazione postsinodale è un invito a cambiare prospettiva, a mettere da parte la supremazia della legge, soprattutto se ridotta a regole-obblighi-divieti ad elevato rischio di esasperato fondamentalismo religioso che uccide la coscienza morale del credente; è un invito a ricordarci del primato della persona posta di fronte alla misericordia di Gesù Cristo, “pienezza della giustizia e manifestazione più luminosa della verità di Dio”[3].

 

Con lo sguardo al futuro

L’Esortazione postsinodale sull’amore nel matrimonio porta la data del 19 marzo 2016: è stata pubblicata nel cuore dello svolgimento dell’anno giubilare. Ciò significa che l’annuncio della bellezza del sacramento dell’amore deve sposare l’esperienza della misericordia di Dio. Al termine dell’anno giubilare straordinario della misericordia, Papa Francesco ha indirizzato una nuova Lettera Apostolica “Misericordia et misera[4], per indicare il cammino che dobbiamo continuare a percorrere. La misericordia infatti “non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”[5].  Nella Lettera, Papa Francesco coniuga esplicitamente la grazia della misericordia divina con la gioia dell’amore:

“Il dono del matrimonio è una grande vocazione a cui, con la grazia di Cristo, corrispondere nell’amore generoso, fedele e paziente. La bellezza della famiglia permane immutata, nonostante tante oscurità e proposte alternative. La grazia del sacramento del matrimonio non solo fortifica la famiglia perché sia luogo privilegiato in cui vivere la misericordia, ma impegna la comunità cristiana, e tutta l’azione pastorale, a far emergere il grande valore propositivo della famiglia. Questo Anno giubilare, comunque, non può far perdere di vista la complessità dell’attuale realtà familiare. L’esperienza della misericordia ci rende capaci di guardare a tutte le difficoltà umane con l’atteggiamento dell’amore di Dio, che non si stanca di accogliere e di accompagnare (n. 14).

Il cammino della vita che porta un uomo e una donna a incontrarsi e amarsi è spesso interrotto da sofferenza, tradimento e solitudine. La vita della coppia, con le sue gioie e i suoi dolori, è qualcosa di unico e irripetibile, che scorre sotto lo sguardo misericordioso di Dio. Ciò richiede, scrive papa Francesco, soprattutto da parte del sacerdote, un discernimento spirituale attento, profondo e lungimirante perché chiunque, nessuno escluso, qualunque situazione viva, possa sentirsi concretamente accolto da Dio, e partecipare attivamente alla vita della comunità cristiana.

Matrimoni falliti

La Chiesa deve saper stare dentro una crisi matrimoniale per contribuire alla sua possibile soluzione, e saper stare dentro il fallimento di un matrimonio perché nessuno si senta “scomunicato”. Dietro l’espressione “matrimonio fallito” sono comprese situazioni umane ben diverse.  A volte si può trattare di matrimoni “sbagliati”, per i quali si apre la strada anche del processo matrimoniale canonico, soprattutto secondo la cosiddetta “forma breve”, affidato alla responsabilità del Vescovo diocesano, il quale è tenuto ad emettere, previo lo svolgimento serio e sereno di tutto il procedimento richiesto, l’eventuale sentenza di dichiarazione di nullità del medesimo matrimonio.

Altre volte con l’espressione “matrimonio fallito” si intende parlare di matrimoni “impossibili” da poter continuare a sostenere. Tanto che può anche avvenire la separazione e il divorzio, che a volte addirittura si impone, e non è certo sempre un peccato né una colpa, come papa Francesco ricorda nella Esortazione apostolica.

 L’espressione “matrimonio fallito” altre volte può chiamare in causa la colpevolezza di entrambi i coniugi per un comportamento superficiale e irresponsabile rispetto agli impegni assunti, favorito da leggerezza e disimpegno nei confronti del sacramento del matrimonio.

Le sfide per la nostra Chiesa particolare

 

Il cammino della nostra Chiesa sarà veramente in crescita se disseminato da iniziative chiare e concrete a favore dell’educazione dei giovani all’amore, dell’accompagnamento verso il sacramento del matrimonio e del sostegno permanente, e ben programmato nei tempie-contenuti-metodo, delle coppie sposate già a partire dai primi anni del matrimonio. In questo articolato progetto pastorale sono di fondamentale supporto gli Uffici pastorali diocesani e le Aggregazioni laicali più direttamente coinvolti (Catechesi ed evangelizzazione, Pastorale giovanile, Pastorale familiare, Azione Cattolica, Agesci, Cammino neocatecumenale, etc…). Non possiamo disattendere le molte speranze verso una Chiesa in grado di essere davvero “madre e maestra”, esperta in umanità. Le cinque vie del nuovo umanesimo proposte e studiate nel Convegno ecclesiale di Firenze (uscire, annunciare, abitare, educare e trasfigurare), riconsegnate alle singole diocesi, devono articolare il nostro permanente agire a favore del vangelo dell’amore e, di conseguenza, della costruzione di relazioni di coppia stabili e significative.

E’ illuminante anche ripercorrere i testi conciliari sulla grazia dell’amore. Letteratura ecclesiale, questa, che ancora oggi resta sconosciuta ai più. Perciò, rivisitiamo almeno alcuni passaggi del capitolo I della Gaudium et spes, nn. 47-48, patrimonio dottrinale e pastorale di indiscutibile valore e attualità:

“Il bene della persona e della società umana e cristiana è strettamente connesso con una felice situazione della comunità coniugale e familiare         […]. Però la dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l’amore coniugale è molto spesso profanato dall’egoismo, dall’edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità […]. In vista del bene dei coniugi, della prole e anche della società, questo legame sacro non dipende dall’arbitrio dell’uomo. Perché è Dio stesso l’autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini […]. Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità […]. (I coniugi) compiendo con la forza di tale sacramento il loro dovere coniugale e familiare, penetrati dello spirito di Cristo, per mezzo del quale tutta la loro vita è pervasa di fede, speranza e carità, tendono a raggiungere sempre più la propria perfezione e la mutua santificazione, ed assieme rendono gloria a Dio”.

Con ciò, è evidente che la sfida decisiva per la nostra Chiesa è primariamente quella dell’educazione alla fede. L’amore sacramentale esige una chiara visione e impostazione cristiana della decisione matrimoniale. Nel suo discorso alla Rota Romana (21 gennaio 2017) per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, papa Francesco ha chiesto, alla stregua di quanto già auspicato in Familiaris consortio (n. 66), un percorso di vero catecumenato per i giovani che si orientano alla celebrazione nuziale. In tal modo, l’accompagnamento dei giovani offre l’opportunità di svolgere una vera “missione ai giovani”:

“Le esperienze di fede di coloro che richiedono il matrimonio cristiano sono molto diverse. Alcuni partecipano attivamente alla vita della parrocchia; altri vi si avvicinano per la prima volta; alcuni hanno una vita di preghiera anche intensa; altri sono, invece, guidati da un più generico sentimento religioso; a volte sono persone lontane dalla fede o carenti di fede. Di fronte a questa situazione, occorre trovare validi rimedi. Un primo rimedio lo indico nella formazione dei giovani, mediante un adeguato cammino di preparazione volto a riscoprire il matrimonio e la famiglia secondo il disegno di Dio. Si tratta di aiutare i futuri sposi a cogliere e gustare la grazia, la bellezza e la gioia del vero amore, salvato e redento da Gesù […]. Questo momento diventa per tutta la comunità una straordinaria occasione di missione. Oggi più che mai, questa preparazione si presenta come una vera e propria occasione di evangelizzazione degli adulti e, spesso, dei cosiddetti lontani”.

Le prospettive del Seminario teologico-pastorale

Il tema del IV° Seminario teologico-pastorale parla di “Gioia dell’amore, bellezza del matrimonio”. Ringrazio tutti i qualificati relatori che si alterneranno durante le tre sere. Ringrazio tutti voi che prendete attivamente parte all’ascolto, al confronto, ma soprattutto alla ri-progettazione della pastorale familiare che deve prendere ormai corpo. Con lo svolgimento del Seminario ri-guardiamo alla meta pastorale diocesana , per approfondire ulteriori aspetti della meta annuale, mentre ci inoltriamo progressivamente nel tempo liturgico della quaresima-pasqua come tempo di forte e più diffusa di evangelizzazione del nostro territorio.

Il tema di questa sera, “Amore e matrimonio: il bene che sorprende”, riprende il valore assolutamente positivo dell’amore nell’ordine della creazione e alla luce della Parola di Dio. La riflessione è affidata ai coniugi Franco Miano e Pina De Simone, coppia esperta di pastorale familiare e coinvolti, in qualità di esperti, nello svolgimento degli ultimi lavori sinodali sul matrimonio e sulla famiglia.

Il tema della seconda sera “Ti farò mia sposa per sempre” presenta una riflessione biblica complessiva sul libro profetico di Osea. La riflessione sarà svolta da Rosanna Virgili, docente di esegesi biblica presso l’Istituto Teologico Marchigiano. L’icona del libro di Osea  è scelta come traccia biblica a supporto delle varie iniziative di evangelizzazione nei mesi prossimi (come l’anno scorso lo fu il libro di Giona sull’annuncio della misericordia universale e incondizionata di Dio).

Il tema della terza sera Il discernimento pastorale nell’esperienza dell’amore” è affidato al prof. padre Paolo Benanti, docente presso la Pontificia Università Gregoriana e presso l’Istituto teologico Leoniano di Anagni. Il discernimento nella pastorale familiare è esigito dalla necessità di non omologare situazioni ben diverse sotto l’unico comune denominatore del “si può” o “non si può”, come fosse questa l’unica regola di valutazione. La relazione richiesta intende introdurci al tema delicato del discernimento pastorale per familiarizzare con l’accompagnamento delle situazioni matrimoniali particolari.

Auspico una crescita più diffusa nella formazione di tutti gli operatori pastorali, in particolar modo per quanti operano a favore delle coppie e delle famiglie, perché ad ognuno, qualunque sia la sua condizione coniugale, sia assicurato il legittimo desiderio di sentirsi amato da Dio grazie alla premurosa e materna azione della Chiesa.

+ Gerardo Antonazzo

 

 

[1] Papa Francesco, Amoris laetitia, 305.

[2] Papa Francesco, Amoris laetitia, nota 329.

[3] Ibidem, 311.

[4] Sono le due parole che sant’Agostino usa (In Evangelium Ioannis tractatus, XXXIII n. 5) per raccontare l’incontro tra Gesù e l’adultera narrato in Gv 8,1-11.

[5] Papa Francesco, Misericordia et misera, 1.

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