IUXTA CRUCEM, Omelia per il Centenario dell’incoronazione della Madonna Addolorata

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IUXTA CRUCEM

Omelia per il Centenario incoronazione Madonna Addolorata

Sora, chiesa s. Spirito, 14 settembre 2014

 

Celebriamo con evidente esultanza spirituale la ricorrenza dei quattrocento anni della consacrazione di questa bellissima chiesa dedicata allo Spirito Santo, e del primo centenario dell’Incoronazione della statua che raffigura la Madonna Addolorata, custodita in questa chiesa, e venerata con il culto a Lei rivolto dal popolo Sorano con intensità di affetti e accorate suppliche.

La maestosità spirituale di questo sacro tempio, espressione architettonica di un’arte che si fa linguaggio oltremodo affascinante di una fede intensa e robusta, è rimando alla bellezza spirituale della Chiesa, popolo dei credenti, edificata sul fondamento di Cristo, quale vero tempio della presenza di Dio. Maria, da parte sua, di questa Chiesa viva è immagine e primizia, e di ogni credente è Madre pietosa e amorosa come la indica l’appassionato Inno a Lei dedicato dalla nostra Città: “Prega per me Gesù, Vergin pietosa, consola Tu quest’alma tribolata, prega per me Gesù, Madre amorosa” (I strofa).

Il pianto della Madre

La contemplazione di Maria presso la Croce del Figlio è sorgente d’insopprimibili emozioni spirituali verso Colei che è custodita nel cuore dei credenti come l’icona della tenerezza femminile dignitosa, e dell’abbraccio materno del dolore più atroce. E’ la Vergine intrepida, mai atterrita dalle minacce né travolta dalle persecuzioni, che conserva intatta la fede nella missione del suo Figlio.

La “stoltezza” della Croce (cfr. 1Cor 1-2) ha risolto positivamente il destino dell’umanità, perché ha sancito la sconfitta definitiva del peccato e l’esaltazione dell’Amore: “Nell’albero della croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo…perché chi dall’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto” (Prefazio).

L’amore della Croce è la forma più pura e granitica, drammatica e violenta allo stesso tempo, dell’offerta della propria vita; un amore ancora più credibile perché vissuto nelle condizioni avverse del tradimento, del rinnegamento, dell’abbandono, dell’insulto sprezzante e della derisione sarcastica, e proprio per questo capace di ferire anche la durezza del cuore pagano del Centurione: “Davvero costui era Figlio di Dio” (Mt 27,54).

Maria, la Madre, sotto la Croce intuisce la grandezza di questo Amore, e lo impreziosisce ancor più con la sua personale sofferenza. Maria ama nel segno delle lacrime: non un pianto di disapprovazione, non lo strazio della disperazione, non la ribellione per una perdita molto preziosa,  ma la partecipazione sofferta all’obbedienza del Figlio, nell’esemplare e singolare distacco da ogni pretesa di possesso. Maria ama nella libertà, ama nella gratuità, ama senza pretendere di piegare la volontà di Dio alle proprie attese, ama nella rinunzia ai propri affetti umani, per lasciare spazio al dramma del Sì. Ama ciò che Dio desidera compiere. Maria non è costretta al dolore, come Gesù non è obbligato alla Croce: sotto la Croce Maria vince la difficile scommessa della gratuità, e il suo pianto materno si fonde con il grido del Figlio. E’ prezioso il pianto di ogni madre, quando si piange per amore e non per egoismo.

Quello del Calvario è un duplice dolore, quello del Figlio e quello della Madre, per un unico grande Amore. L’Eccomi della madre a Nazareth abbraccia l’Eccomi del Figlio sulla Croce, corrispondendo come i due punti di appoggio dell’arcobaleno della nuova ed eterna alleanza di riconciliazione e dipace (cfr Gen 9,13).

Donna, ecco tuo figlio!

L’evangelista annota: “Gesù allora, vedendo la madre…” (Gv 19,26). Gesù vede la presenza della Madre, e sente il bisogno del suo affetto nell’ora terribile della prova. Gesù vive lo strazio del suo cuore, ancor più ferito dalla prostrazione della Madre dinanzi alla perdita di un figlio strappato violentemente al suo affetto. Gesù vede il volto della Madre scavato dal dolore, le lacrime che nessuno può asciugare, gli occhi increduli per l’inatteso abbandono degli apostoli. Gesù vede anche l’apostolo Giovanni, accanto alla Madre, e annuncia le sorprendenti parole del reciproco affidamento: “Donna, ecco tuo figlio!…Ecco tua madre!”.

A Maria, invocata come “Donna”, Gesù riconosce una nuova maternità: il dolore ai piedi della Croce e il grido straziante del suo pianto, sono le contrazioni di un nuovo parto spirituale. E’ la nuova Eva, madre di una nuova generazione di figli, redenti dal sangue della Croce. La partecipazione alla passione del Figlio merita in Maria una nuova fecondità per la quale diviene madre di ogni discepolo del suo Figlio, madre della Chiesa.

Ecco tua madre!

E a partire da quell’Ora, ogni discepolo può accarezzare la maternità di Maria, stringendosi al suo petto da cui succhiare il latte spirituale della tenerezza, della dolcezza e della protezione: “…il lungo, orrendo e fiero tuo dolore, per diventarmi Madre sopportasti, con generoso e forte amante cuore” (II strofa).

Soltanto dopo aver affidato la Madre al discepolo amato e il suo discepolo alla Madre amata, Gesù si abbandona al suo grande e definitivo atto di affidamento al Padre: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46). Gesù muore solo dopo aver dichiarato Maria madre della nuova umanità, e dopo aver affidato noi alla sua costante premura, per cui possiamo così invocarla: “Del mondo tra gli assalti e i tristi inganni che affliggono la stanca anima mia, conforto… io spero sol da Te, Madre Maria” (V strofa).

La maternità di Maria alimenta la nostra speranza nei momenti più tristi e drammatici. Lei starà ancora una volta, da vera Madre, ai piedi delle nostre croci.

Il nostro atto di affidamento

Vogliamo oggi rinnovare la nostra spirituale Incoronazione della Vergine Maria:“In ogni giorno e in tutti i miei momenti giammai mi scorderò d’esserti figlio” (IV strofa). Mai dobbiamo dimenticare di onorare Maria, offrendo al suo cuore la corona preziosa e ineguagliabile della nostra fede e devozione. Rinnoviamo oggi l’incoronazione di Maria professando la nostra fede nel suo Figlio Gesù, Verbo di Dio fatto carne nel suo grembo verginale.

Rinnoviamo l’omaggio dell’incoronazione dell’Addolorata onorando la nostra chiamata a vivere, sul suo esempio, come discepoli del suo Figlio, in ascolto fiducioso e obbediente della sua Parola, perché anche di ciascuno di noi Gesù possa dire: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, egli è per me fratello, sorella e madre” (Mt 12,50). Chiediamo a Maria di essere sostenuti nell’ora del dolore: “Tu mi assisti e fino al mio morire fa che paziente io porti la mia Croce” (III strofa) .

A Lei affidiamo le nostre famiglie, pregando anche per l’importante prossimo Sinodo straordinario della Chiesa dedicato a questo tema. Affidiamo a Maria, donna, sposa e madre, i giovani che progettano il loro matrimonio nel Signore. Invochiamo Maria perché vegli con particolare premura sui nostri figli, in particolar modo sugli adolescenti e giovani, spesso “vittime” di questo nostro difficile tempo. Chiediamo a Maria di farsi compagna di viaggio della nostra Chiesa diocesana nella prossima Missione popolare, perché il suo volto plasmi il volto materno di una comunità cristiana missionaria e accogliente.

Sia Lei la vergine sapiente da considerare come maestra e consigliera della nostra fede, per sostenere quanti cadono nelle molte trappola della confusione religiosa, assediati da scaltri manipolatori della buona fede, e falsi profeti di una religiosità distorta e fuorviante.

E quando, anche per noi, saranno compiuti i giorni del nostro pellegrinaggio terreno, chiediamo che la Madre di Gesù stia accanto al nostro morire, illuminato dalla consolazione della sua presenza rassicurante: “E quando l’ora, alfin, sarà suonata tremenda della morte, e in agonia, Te chiamo e invoco, o Madre Addolorata, difendi e salva Tu l’anima mia” (VII strofa).  Amen.

 

 

Gerardo Antonazzo

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