“Cosa vuole il Signore?”

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo

“Cosa vuole il Signore?”

 

Omelia per il conferimento dei ministeri

Santopadre, 3 settembre 2016

La domanda riportata nel libro della Sapienza tocca la misteriosità della vita di ciascuno e l’imprevedibilità dell’agire di Dio. Tutto questo oggi riguarda particolarmente te, carissimo Loreto. Nessuno meglio di te può capire sulla propria pelle la domanda dell’autore biblico: “Chi può immaginare cosa vuole il Signore?”. Dio ti ha fatto raggiungere l’età matura della tua vita per farti prendere in seria considerazione ciò che sin da ragazzo era balenato tra i tuoi desideri: diventare prete! Perché mai il Signore ti abbia portato per lunghi anni per vie apparentemente estranee all’ideale sacerdotale, non lo chiedere a me. Certo Dio non gioca con le persone, non si diverte con la nostra vita. Ai tuoi “perché”, caro Loreto, io non ho risposte preconfezionate; le troverai tu stesso nel prosieguo della tua storia vocazionale e della tua formazione al sacerdozio. Nel momento in cui pensavi di aver raggiunto gli obiettivi prefissati nella tua vita, proprio allora Lui ha rimesso in discussione le tue certezze e i tuoi risultati umani, e ti ha chiesto ricominciare. Tu gli hai obbedito.

Chi avrebbe conosciuto il tuo volere?

Dio ti ha rimesso in cammino, proprio come Abramo: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela
e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò…Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore” (Gen 12, 1.4). Quando il Signore raccoglie l’obbedienza della fede, guida i passi dell’uomo per vie inesplorate e impensabili. Ascoltiamo ancora dal libro della Sapienza: “Vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra” perché Dio dona “la sapienza e dall’alto il tuo santo spirito”. Il Signore ha “raddrizzato” i tuoi percorsi, ha illuminato le tue aspirazioni, ha tracciato nuovi sentieri, riconducendoti alla sua volontà di amore perché ti vuole bene. E’ la sua sapienza, insieme con il suo santo spirito, che ha messo ordine nella tua vita, ha fatto verità nelle tue molteplici scelte e ha illuminato la tua fede rendendola capace di un’adesione fiduciale. Ricominciare e assecondare la volontà di Dio non è scontatamente facile.

La rottura

Il Signore ti incoraggia a proseguire nel tuo discernimento vocazionale, per diventare suo discepolo. Oggi ti presenta, per chiarezza e onestà, tre condizioni per diventare suo discepolo. Sono condizioni non negoziabili.

La prima: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Caro Loreto, nella tua vita hai amato compiere molte cose belle, positive, lodevoli. Ma non erano queste a farti diventare ciò che il Signore voleva per te. Lui ti ha fatto provare l’attrazione per un “amore più”! “Se uno non mi ama più di…”. Le scelte fatte nella tua vita, per quanto oneste e corrette, non erano in grado di esprimere questo “amore più…”.  La traduzione italiana di questa espressione ha voluto mitigare una formulazione più cruda: il testo originale usa dire “senza odiare” (miseo). Gesù colpisce per la sua radicalità: ogni ostacolo alla sua sequela deve essere sradicato. Anche i legami familiari più vitali, se vi si oppongono, devono cedere di fronte all’appello di Gesù (5,11.28; 8,19-21): “Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34). La rottura dei legami familiari diventa imperativa quando essi fanno concorrenza all’attaccamento a Cristo e lo ostacolano. Tu, caro Loreto, hai accettato di “odiare” la tua vita, non per disprezzo ma per amore di Lui, scegliendo di rivedere le tue scelte e la scala dei valori per decentrarti su Cristo.

A prova di croce

La seconda condizione: “Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo” (Lc 14,27). Un grande amore non sempre esprime una amore davvero grande. Di questa grandezza è capace solo un amore a prova di croce; questo è l’amore grande del discepolo! Amare nel segno della croce non significa farsi crocifiggere ad ogni costo, ma continuare ad amare con l’amore di Cristo soprattutto quando si tratta di accettare le condizioni del sacrificio, della rinuncia, della derisione, dello scherno, dell’incomprensione, della disapprovazione, del rifiuto, della stoltezza della croce disprezzata dalla sapienza del mondo. Non dimenticare, però, che “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Cor 1,25). L’amore vero si lascia impregnare sempre del tanfo del legno della croce! Si tratta, nel concreto, di assumere l’illogicità di un servizio che si fa “passione”, diventa cioè un patire, per amore e non certo per masochismo, pur di servire gli altri per amore di Cristo. Portare la croce e andare dietro a Lui, significa imparare da Lui per imitazione: “La croce è la sofferenza dell’amore che si fa carico, la com-passione  attiva e libera, frutto di gratuità senza limiti… Nella morte di Gesù sulla croce, Dio ci insegna a trarre il bene dal male, la vita dalla morte. Appare allora contraddittorio il nostro continuo voler essere gratificati da tutti e da tutto, a cominciare da Dio, mentre lo contempliamo crocifisso” (C.M. Martini, Parlo al tuo cuore).

Investire in… libertà

Infine, Gesù pone come terza condizione per divenire suo discepolo l’esigenza di una totale libertà da tutto: “Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo” (Lc 14, 33). Rinunciare è rimediare alla trappola delle illusioni. Il potere pernicioso del denaro, quando si pongono in esso la propria spasmodica fiducia e appagamento, diventa un inganno, anzi la “dolce morte”, l’eutanasia, di ogni ideale e valore evangelico. Accettare di impegnarsi al servizio di Cristo, significa desiderare che il desiderio di servire i più poveri, svolto per amore di Cristo,  prevalga su quanto si possiede. Ti sia guida ed esempio in questo anche la testimonianza di Madre Teresa di Calcutta che proprio domani sarà proclamata santa. Diceva, tra l’altro: “Prometti a te stesso di parlare di bontà, bellezza, amore a ogni persona che incontri; di far sentire a tutti i tuoi amici che c’è qualcosa di grande in loro; di guardare al lato bello di ogni cosa e di lottare perché il tuo ottimismo diventi realtà”.

Carissimo Loreto, il Signore comincia a fare sul serio, inizia a fidarsi di te. Affida oggi al suo discepolo i beni spirituali più preziosi per la vita della Chiesa, la Parola e l’Eucarestia, conferendoti il Lettorato e l’Accolitato, ti prepara a fare di questi doni la ragione fondamentale del tuo futuro ministero. Imparando a riconoscere il mistero di Cristo nel sacramento della sua Parola e del suo Corpo eucaristico, accrescerai la tua sequela Christi nutrendoti di questo cibo spirituale. Non avrai altro da offrire a quanti attraversano il “luogo deserto” (Mc 8,4) della propria esistenza. Oggi ti viene consegnata la Parola di Dio: pregala ogni giorno, in particolare quella del giorno, dispensata dalla sapiente maternità della Chiesa. Accoglila come “rivelazione”, sorgente di luce sul mistero di Dio; accoglila come “incarnazione”, Parola che si fa storia nella tua vita; accoglila come “annuncio”, per la fede di quanti sono alla ricerca della verità e del senso della vita. Il ministero del Lettorato è un “ufficio che ti mette al servizio della fede” (dal Rituale).

Oggi ti viene consegnata anche l’Eucarestia: come la vita della Chiesa, anche la tua avrà il suo vertice e la sua fonte nel sacramento del pane e del vino. Questo ti prepara e ti aiuta a diventare costruttore di Comunità. Nutrendoti del mistero eucaristico, accrescerai il tuo amore sia per il mistero di Cristo sia per il mistero del suo Corpo mistico, la Chiesa. Tutta la tua vita sia degna del servizio alla mensa della Parola e alla mensa del Signore e della Chiesa.

Ti custodisca  la Vergine di Nazareth, madre e discepola della Parola fatta carne.

 

+ Gerardo Antonazzo

Categorie: Diocesi,Documenti e Omelie