Omelia per l’apertura della Porta Santa Basilica-Santuario S. Maria di Canneto

La porta della gioia

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Omelia per l’apertura della Porta santa

Basilica-Santuario S. Maria di Canneto

13 dicembre 2015, III domenica d’Avvento

Grande è l’esultanza della figlia di Sion, meravigliosa è oggi la gioia della Chiesa. Oggi la figlia di Gerusalemme acclama ed esulta di gioia, perché Re grande è il Signore della misericordia e della pietà. Un unico coro di lode si estende da un capo all’altro della terra, un abbraccio di universale fraternità si fa danza di acclamazione per cantare la bontà del Signore, perché “ha revocato la tua condanna”. Sì, il Signore è disposto a pentirsi di ogni suo pensiero di distruzione. Mosè intercede più volte nei confronti di Jahweh a favore del popolo durante il suo faticoso cammino nel deserto: “Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito (= letteralmente: “pentiti!”) di fare il male al tuo popolo” (Es 32,12). La misericordia di Dio è il suo amore in rapporto agli uomini deboli e peccatori. I padri della Chiesa latini (fra cui Agostino e Tommaso) la spiegavano così: miseriae cor datum, “il cuore (di Dio) si dona alla miseria”.

La porta del cuore

 

La Porta santa celebra la misericordia del cuore di Dio. Il significato della parola “misericordia” (un cuore dato dalla parte dei miseri) ci fa capire la stretta vicinanza del cuore con la miseria dell’uomo. Nell’usare la misericordia Dio apre la porta del suo cuore. La rivelazione biblica è un magnifico “album fotografico” dell’amore misericordioso di Dio. Per agire nei confronti dell’uomo Dio passa attraverso la porta del suo cuore. Questo suo passare attraverso il cuore trasforma l’ira in tenerezza; filtra i suoi sentimenti di ira che lo spingerebbero a castigare e a punire l’infedeltà idolatrica dell’uomo per fargli piuttosto grazia e donargli il perdono. Il termine ebraico usato per la misericordia di Dio è raḥămim. Essorimanda all’utero, sede del sentimento avvertito fisicamente. In senso traslato è il sentimento di misericordia come amore viscerale materno, istintivo e spontaneo; è tenerezza, un amore che va da chi sta in alto verso chi sta in basso, è com-passione. Così Dio obbedisce al suo cuore più che alla sua ira, si lascia vincere più dalla misericordia che dall’ira. La porta santa dell’amore misericordioso del Padre si apre con la trafittura del costato di Cristo sulla croce: “Uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua”(Gv 19,34). Trafiggere il costato è come aprire il cuore, è come dare la vita (acqua e sangue). Spinto dalla sovrabbondanza della sua bontà, il Signore si muove a pietà e a compassione. Si fa pellegrino e mendicante della nostra libertà. Bussa alla porta del nostro cuore per sollecitarlo alla fiducia e ridestarlo alla speranza. Dio non ci costringe al suo amore, perché la costrizione è la negazione dell’amore: “Io sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Lui chiede il permesso, bussa, sa aspettare; non forza l’apertura della porta, ma attende paziente la nostra accoglienza.

La porta della fede

 

La Porta santa celebra oggi la nostra fede nell’amore di Dio. Quella dell’anno giubilare è la Porta della fede della Chiesa. Dinanzi al mistero della bontà del Signore, il credente è sollecitato a scommettere sulla certezza e potenza della fede, e ad attraversare la porta della fede per credere alla sconvolgente e illogica misericordia di Dio: “E noi abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi. Dio è amore” (1Gv 4,16). Nell’evento del Natale, questa misericordia si rende visibile e tangibile, Cristo è il volto umano della misericordia. Il cuore di Dio cede alla debolezza del perdono, fino a cedere alla kénosis (debolezza-abbassamento) della mostra umanità, fino all’umiliazione della Croce. Credere è aderire a Gesù quale Porta che apre il passaggio all’esperienza reale dell’amore del Padre: “Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,9). Gesù è la porta che ci fa entrare e uscire: “Noi dobbiamo passare per la porta e ascoltare la voce di Gesù: se sentiamo il suo tono di voce, siamo sicuri, siamo salvi. Possiamo entrare senza timore e uscire senza pericolo” (Papa Francesco, Catechesi del 18 novembre 2015). Nella letteratura di san Giovanni il verbo ‘ascoltare’ corrisponde al verbo ‘credere’. Con il passaggio attraverso la Porta santa noi celebriamo la fede nel Signore Gesù, ci abbracciamo al suo mistero come i tralci alla vite (cfr Gv 15) per godere della linfa della sua stessa vita. Per tale ragione l’esperienza giubilare dell’indulgenza richiede, insieme con il passaggio della Porta, anche la Professione della fede. “La porta della fede (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. E’ possibile oltrepassare quella soglia quando la Parola di Dio viene annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che trasforma. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo” (Benedetto XVI, Porta fidei, 1). Ogni credente in questo Anno santo deve riscoprire i contenuti della fede professata, celebrata, vissuta e pregata.

 

La Porta per la conversione

 

La Porta santa celebra la nostra conversione a Dio. Per la Porta si entra, e attraversare la Porta santa significa celebrare l’urgenza della propria reale conversione secondo la logica pasquale. Pasqua significa “passaggio”; la porta giubilare è la porta della conversione della nostra vita. E’ evidente la connotazione pasquale della Porta: attraversarla significa partecipare alla Pasqua del Signore, significa condividere con Lui la morte al peccato per un’esistenza da risorti. Il passaggio attraverso la Porta santa evoca l’immersione nel fonte battesimale: “passare” è come immergersi nella Pasqua di Cristo, evento di morte e di vita nuova: “Siamo stati sepolti insieme a lui nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti…anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,49). Il desiderio di conversione che noi esprimiamo con il simbolo della Porta, lo celebriamo realmente nei sacramenti della salvezza. Per tale ragione la grazia giubilare della Porta Santa è strettamente connessa al sacramento del perdono e alla celebrazione eucaristica. Varcare la Porta della misericordia è fare nostra la domanda che nel vangelo odierno: “Che cosa dobbiamo fare?”. Per ognuno Giovanni Battista indica scelte concrete di vita nuova.

La porta per la missione

 

La Porta santa celebra infine la misericordia della missione. La Porta rimane aperta per essere Chiesa aperta alla missione per testimoniare il Volto della misericordia, la gioia della vita nuova, frutto del suo perdono. E’ la Porta dell’evangelizzazione, è la Porta della Chiesa in uscita, è la Porta della Chiesa che non si chiude in un processo sterile di autoreferenzialità, ma sa guarda fuori, sa accorgersi di quanti sono lontani, esclusi, scoraggiati e sfiduciati nei confronti di una Chiesa peccatrice e fragile. “La porta si apre frequentemente, per vedere se fuori c’è qualcuno che aspetta, e magari non ha il coraggio, forse neppure la forza di bussare. Quanta gente ha perso la fiducia, non ha il coraggio di bussare alla porta del nostro cuore cristiano, alle porte delle nostre chiese… E sono lì, non hanno il coraggio, gli abbiamo tolto la fiducia” (Papa Francesco, Catechesi del 18 novembre 2015). La Porta aperta aiuta la Chiesa a guardare fuori e lontano, ad attendere, ad accogliere e abbracciare come il padre della parabola: “Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (Lc 15,20).

 + Gerardo Antonazzo

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