Omelia per il 50° di sacerdozio di mons. Antonio Lecce

Stemma Finis Terrae Mons. Gerardo Antonazzo 

Con lo sguardo fisso su Gesù

Omelia per il 50° di sacerdozio

di mons. Antonio Lecce

Posta Fibreno, 14 agosto 2016

Uniti in fraterna e cordiale amicizia spirituale con il carissimo mons. Antonio Lecce, celebriamo la nostra gratitudine al Signore per il dono del sacerdozio e, in particolare, per l’attività pastorale svolta da don Antonio in questi suoi “primi” cinquant’anni di ministero. Tutto questo, non senza un profondo spirito di umiltà, di indegnità, e soprattutto di stupore, certamente accresciuto negli anni,  per la grandezza del dono ricevuto.

Un dono, quello della chiamata al sacerdozio, superiore alla grandezza degli angeli: “Un uomo – dice il Santo – che sta al posto di Dio, un uomo che è rivestito di tutti i poteri di Dio… Provate ad andare a confessarvi dalla santa Vergine o da un angelo: vi potranno assolvere? No. Vi daranno il Corpo e il Sangue di Nostro Signore? No. La santa Vergine non può far discendere il suo divin Figlio nell’Ostia. Se anche foste di fronte a duecento angeli, nessuno di loro potrebbe assolvere i vostri peccati. Un semplice prete, invece, può farlo; egli può dirvi: “Va in pace ti perdono”. Oh! Il prete è veramente qualcosa di straordinario!… Dopo Dio il prete è tutto!”.

Caro don Antonio,

lasciati illuminare e consolare dalla grazia della Parola di Dio che risuona in questa festosa assemblea liturgica, sollecitato dall’autore della Lettera agli Ebrei a “tenere fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”.

Oggi rendi lode al Signore, caro don Antonio, innanzitutto per la chiamata alla fede. Con il battesimo, hai ricevuto la grazia di riconoscere la presenza del Signore nella tua vita; hai imparato a conoscere i segni del Suo amore ricevendo i sacramenti per la vita cristiana, educato a questa dalla tua famiglia e da quanti hai incontrato come educatori e formatori in parrocchia prima, e nei diversi Seminari dopo. Il Signore ha voluto portare a compimento la tua fede, facendoti riconoscere e coltivare una speciale ispirazione vocazionale, percepita sin dai primi anni della tua adolescenza. Hai risposto alla chiamata di Dio facendo gradualmente chiarezza nella mente e nel tuo cuore, fino alla decisione del tuo ‘Eccomi’ pieno e definitivo, sigillato  per sempre con il sacramento dell’Ordine sacro. Non hai distolto dal Signore le tue migliori energie, riconoscendo nella partecipazione alla Sua missione il compimento di ogni tua aspirazione vocazionale. Gesù intende portare a compimento la nostra fede, quando ci chiede di fare scelte importanti alle quali non è bene sottrarsi, per quanto possano essere impegnative, soprattutto rispetto ad una cultura edonistica e possessiva.

Così recita il rito di Ordinazione presbiterale, nelle parole di conclusione delle Promesse sacerdotali: “Dio, che ha iniziato in te la sua opera, la porti a compimento”.  Lui desidera rendere sempre piena la nostra fede, perché si trasfiguri in un grande atto di amore con il quale ci chiede di appartenergli. Gesù non ammette le mezze decisioni, non accetta le mezze misure, non si accontenta di risposte precarie, provvisorie, insicure. E’ la nostra risposta, coerente e generosa, è il nostro “per sempre”,  senza “se” e senza “ma”. Una fede portata a compimento si sublima in un grande atto di amore con il quale la nostra vita non ci appartiene se non nell’appartenenza a Lui e ai fratelli.

Nell’arco dei tuoi cinquant’anni di ministero, hai conservato fisso il tuo sguardo su Gesù Cristo. Lo hai amato come il bene spirituale supremo, unico ed esclusivo, superiore a tutto e a tutti; non altri interessi hanno motivato il tuo agire, se non gli interessi di Cristo che intende farsi conoscere e amare.

La Lettera agli Ebrei oggi parla anche di corsa, di prova, di lotta e di perseveranza. Sono precisamente queste le coordinate della sequela di Cristo. E tu le hai assicurate tutte. Nella corsa verso il sacerdozio, non hai conosciuto rallentamenti di alcun genere: non tentennamenti, né negligenza alcuna nella disciplina, nella vita spirituale, nello studio sistematico. Tutti ben conosciamo la tua formazione solida e robusta.

La tua corsa ha dovuto superare ostacoli, prove e debolezze: anche tu hai dovuto sostenere una lotta nella quale ti sei cimentato con difficoltà di vario genere. Non ti sei perso d’animo, consapevole che, come afferma oggi la Lettera agli Ebrei,  “non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato”. Come in una corsa, dunque, sei stato chiamato a gareggiare con spirito di temperanza, perseverando sino alla fine. L’armatura del cristiano nel combattimento è del tutto spirituale, segno quindi della natura spirituale del combattimento in cui è impegnato: “State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo vegliate con ogni perseveranza e supplica per tutti i santi” (Ef 6,14-18). Oggi, grazie a Dio, la tua esistenza sacerdotale attesta degnamente la tua “perseveranza”. Hai conservato fino ad oggi, con la grazia di Cristo, il “vino buono” della fedeltà al Signore e alla Chiesa.

Caro don Antonio,

devi ancora “correre con perseveranza nella corsa che ti sta davanti”, per completare il cammino che ti resta da compiere, e poter dire un giorno con l’apostolo s. Paolo: “Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2Tm 4,7) . Il tuo cammino deve affiancare inevitabilmente quello del Maestro,  incamminato verso Gerusalemme! Tutto il ministero presbiterale è impregnato del fuoco della missione, fuoco della passione,  nel doppio significato di “sofferenza” e di “amore forte”. Ti auguro di conservare sempre acceso e vivo il calore della tua carità pastorale, perché continuando a bruciare nel cuore la passione per Dio, tu possa infiammare del Suo amore coloro che Lui continua ad affidare alla tua paternità spirituale.

Oggi l’intera Chiesa diocesana, nella persona del tuo Vescovo (come anche dei miei predecessori che in queste ore ti hanno manifestato la loro sentita vicinanza augurale), con la presenza di una rappresentanza di presbiteri,  con la palpitante partecipazione della comunità di Posta Fibreno e di Vicalvi, e dei fedeli provenienti da altre parrocchie, ti dice il suo “grazie” per la tua dedizione pastorale onesta e perseverante. Il mio grazie è anche strettamente personale, dal momento che mi sei vicino, in qualità di Vicario Generale, sin dai primi tempi della mia elezione a Vescovo della diocesi, assicurandomi il tuo sostegno, consiglio, collaborazione e condivisione dei passi compiuti per la guida della Chiesa diocesana.

Il Signore renda fruttuoso quanto hai compiuto per il bene della Chiesa, e ti benedica con l’abbondanza della sua misericordia, perché tu possa cantare con il salmista:

 

È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,

annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte…

Perché mi dai gioia, Signore, con le tue meraviglie,
esulto per l’opera delle tue mani.

Come sono grandi le tue opere, Signore,
quanto profondi i tuoi pensieri!

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;

piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi,

per annunciare quanto è retto il Signore,
mia roccia” (cfr Sal 92).

 

 

 

                                                                                                           + Gerardo Antonazzo

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