Omelia del Vescovo Gerardo per la solennità di Maria Madre di Dio

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MARIA TEMPIO DELL’ETERNO 

Omelia per la solennità di Maria Madre di Dio

 1 gennaio 2015

Scenda su noi tutti oggi la benedizione che Dio rivolge al popolo di Israele attraverso il suo servo Mosè. La benevolenza del Signore verso di noi è arricchita dall’amore della Madre di Dio: la tenerezza verso il suo Figlio, stretto tra braccia amorevoli, è allo stesso tempo amore materno per la Chiesa. Maria non potrebbe amare Gesù nel suo vero corpo senza amare la Chiesa, corpo  mistico di Cristo. La liturgia oggi celebra con inni di esultanza la nostra fede nella maternità di Colei che ha dato al mondo il Salvatore, rimanendo intatta nella sua verginità. Dio ha scelto Maria perché fosse la prima dimora di Dio, una tenda fatta di carne. Maria è il primo tempio di Dio fatto carne. Penso qui alle belle parole del Card. Ratzinger: “Dio è un Dio con noi e non solo un Dio in se stesso e per se stesso. Egli non può essere pensato senza Maria. Ella appartiene irrinunciabilmente alla nostra fede nel Dio vivente, nel Dio che agisce”.

E’ molto significativo, a tal proposito, che l’evangelista Luca, narrando la visita dei pastori a Betlemme, scriva: “Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia” (Lc 2, 16). Il narratore mette in primo piano non il bambino, ma la Madre. Attraverso di lei si arriva a contemplare e ad accogliere la presenza del Figlio. Se la Chiesa non capisse Maria, rischierebbe di non accogliere il Mistero di Dio e denuncerebbe di non capire se stessa.

La maternità di Maria custodisce l’abbraccio tra l’Eterno e il tempo

Da Maria vergine prende carne e sangue la Parola increata ed eterna, e l’Eterno entra nella dimensione del tempo per abitare la storia dell’uomo. Così San Leone Magno contempla questo mistero: “Gesù Cristo, Figlio di Dio, fa il suo ingresso nell’infima condizione di questo mondo. Egli che è l’immenso, ha voluto essere racchiuso nello spazio. Pur rimanendo nella sua eternità, ha voluto incominciare a esistere nel tempo” (S. Leone Magno, Sermone 22,2). Dio abbraccia il nostro tempo, decidendo di passare dalla sua dimensione di eternità, da Lui non abbandonata, alla condizione umana della temporalità.       Scrive il Papa s. Giovanni Paolo II: “Il tempo in realtà si è compiuto per il fatto stesso che Dio, con l’Incarnazione, si è calato dentro la storia dell’uomo. L’eternità è entrata nel tempo” (Tertio millennio ineunte, 9). In questo modo si esplicita e si rende evidente per noi il significato del tempo quale condizione nella quale riconoscere la sua presenza per da Lui accompagnati nel desiderio della sua eternità. Ancora s. Giovanni Paolo II: “Nel Cristianesimo il tempo ha un’importanza fondamentale. In Gesù Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio, che in se stesso è eterno” (Tertio millennio ineunte, 10).

La conseguenza è che il tempo dell’uomo diventa “tempo di Dio”, tempo  pieno di Dio, abitato dall’Eterno è impregnato di eternità. Se il nostro tempo è abitato definitivamente da Dio, l’uomo deve viverlo secondo Dio e per Dio. Vivere il tempo come “tempio” dell’agire di Dio ci educa ad avere tempo per Dio. Se Dio abita le “opere e i giorni” del quotidiano esistere, allora la forza di gravità del tempo dell’uomo non sarà più la contingenza ma l’immortalità, la sua aspirazione ultima non sarà il visibile ma l’Invisibile, la sua gioia non sarà nel godimento del provvisorio ma nella pienezza del Tutto. Non assecondare il valore spirituale del tempo, significa vivere una storia cieca, confusa e disorientata, vuota di speranza, soffocata e violentata dall’esclusione di Dio.

La maternità verginale di Maria

Maria è madre ed è sempre vergine: madre perché genera il Figlio, vergine perché non contaminata, indefettibile nella sua fedeltà a Dio. Anche la maternità della Chiesa è verginale, perché indefettibile nell’amore al Signore, suo Sposo, afflitta ma non sconfitta dalla tentazione delle possibili prostituzioni: “Anche lei è vergine che custodisce in modo puro ed integro la fede promessa allo Sposo” (LG 64). La Chiesa conserva la sua verginità quando non fa alleanze con “altri signori” e non ascolta il richiamo di non pochi idoli che tentano di sedurla. Tra gli idoli più seducente può prevalere il denaro, il potere, il carrierismo, l’ambizione, i privilegi, i compromessi. Vale la pena di rievocare qui un prezioso ed inquietante testo di Sant’Agostino: «La Santa Chiesa siamo noi. Onoriamola come la vera sposa di quello sposo. E che dico? Grande e singolare è la benevolenza dello sposo; ha trovato una prostituta e ha fatto di lei una vergine. Essa non negherà che era prostituta, per dimenticare la misericordia del liberatore. E come potrebbe non essere stata prostituta essa, che correva dietro agli idoli e ai demoni? In tutti c’era fornicazione del cuore; in alcuni, della carne; ma in tutti, del cuore. E Cristo venne e la trasformò in vergine. Nella carne, la Chiesa ha poche vergini consacrate; nella fede, deve avere tutti come vergini, tanto gli uomini come le donne. La Chiesa è, dunque, vergine; è vergine e deve essere vergine. Si guardi dal seduttore, per non trovare in lui il corruttore” (Disc. 113,7).

La maternità universale di Maria

Da Betlemme al Calvario, attraverso il Tempio, Maria è dichiarata dal Figlio crocifisso madre del discepolo amato: “Donna, ecco tuo figlio” (Gv  19,26). Maria passa dalla maternità luminosa di Betlemme alla maternità sofferta del Calvario attraverso il Tempio di Gerusalemme, dove il vecchio Simeone le aveva preannunciato le ragioni e le condizioni di una nuova  maternità: “Ecco, egli è qui come segno di contraddizione, e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (cfr. Lc 2,34-35). La sofferenza dello stare sotto la croce, partecipazione al dolore struggente del Figlio, dilata l’amore del cuore di Maria, rendendola capace di una maternità universale. Nel dolore per la sofferenza del Figlio, Maria vive le doglie di una nuova maternità spirituale nella quale accoglierà tutti coloro che Gesù le affiderà. Nell’affetto per il discepolo Giovanni consegnato a Maria da Gesù morente, la Madre esercita il suo affetto universale per tutti i suoi figli.

La maternità esigente di Maria

Come ogni madre riunisce i figli per educarli alla fraternità, così  Maria tiene insieme i figli come “fratelli”, per formare la nuova famiglia di Dio, la Chiesa. La sua maternità tiene insieme gli apostoli “riuniti” nel Cenacolo: grazie a Lei si ritrovano per stare insieme, in attesa dello Spirito del Risorto. Maria è maestra di fraternità. Maria educa alla concordia, alla riconciliazione e alla pace, alla giustizia e al perdono. Con il suo affetto protegge la vita della famiglia di Dio, custodisce il cammino di ciascuno, e si mette in ricerca ansiosa di quanti si allontanano dalla carovana dei suoi sentimenti materni. E nessuno può dire di avere Maria per madre se non accoglie ogni discepolo del suo Figlio come fratello, e ogni uomo come prossimo. Maria ci educa a vivere insieme come fratelli nella diversità.  Afferma papa Francesco: “Nella comunità non ci si sceglie prima, ci si trova con persone diverse per carattere, età, formazione, sensibilità… eppure si cerca di vivere da fratelli. Non sempre si riesce, voi lo sapete bene. Tante volte si sbaglia, perché siamo tutti peccatori, però si riconosce di avere sbagliato, si chiede perdono e si offre il perdono. E questo fa bene alla Chiesa: fa circolare nel corpo della Chiesa la linfa della fraternità. E fa bene anche a tutta la società. Ma questa fraternità presuppone la paternità di Dio e la maternità della Chiesa e della Madre, la Vergine Maria” (Discorso all’Assemblea nazionale Cism, 7 novembre 2014).

 + Gerardo Antonazzo

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