Omelia del Vescovo Gerardo per la festa della Dedicazione della chiesa Cattedrale

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NELLA DEDICAZIONE DEL TEMPIO

“DEDICHIAMO” LA NOSTRA VITA

 

Omelia per la dedicazione della chiesa Cattedrale

Sora, 09 ottobre 2014

 

Carissimi,

la gioia spirituale della nostra celebrazione non si riferisce alla mestosità delle pietre di questo Tempio costruito da mani d’uomo, splendido e maestoso, ma alla bellezza della santità della Chiesa.

1. Nella dedicazione del tempio celebriamo la nostra “convocazione”

Dalla Dimora di Dio al Popolo di Dio

Nella Lettera pastorale per l’anno 2014-2015 ho richiamato l’identità “vocazionale” della Chiesa. L’esistere della Chiesa, ek-klesìa, è di natura vocazionale, in quanto comporta l’essere con-vocati, chiamati, costituiti in popolo di Dio. ‘Ecclesia’ è il termine biblico che traduce l’ebraico qahal, termine che indicava la comunità israelita nella sua piena estensione, la sua puntuale radunata, il suo concreto radunarsi.

Se tu sei Chiesa e non ti raduni mai, questo è assurdo, pechè la Chiesa è una comunione di persone, potenzialmente pronta a essere chiamata e radunata.

San Paolo è colui che più di tutti usa il termine “ecclesia” per indicare la realtà universale, quella locale e prevalentemente la comunità riunita in assemblea. L’apostolo riconosce un’iniziativa divina: gli uomini non si radunano, ma sono radunati. La Chiesa prende vita dalla chiamata di Dio; indubbiamente la decisione del singolo è importante, ma resta una risposta ad una chiamata da parte di Dio.

Il tempio è “figura”, immagine materiale della realtà spirituale della Chiesa: una costruzione armonica, ben ordinata come la comunità cristiana che deve essere “antisismica”, perché cementata dalla carità.

2. Nella dedicazione del tempio celebriamo la nostra “consacrazione”

Dalla condizione di  peccato alla santità dell’ unzione crismale

Nel rito di dedicazione di una chiesa, si ungono le pareti con l’olio crismale, perché il vero tempio è la comunità dei credenti. Nell’unzione del Battesimo e della Confermazione noi siamo consacrati come pietre vive e scelte per diventare il tempio vivo del Dio vivente: “Voi siete edificio di Dio… Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi” (1Cor 3,9c.16-17).

Nella festa della dedicazione di questa chiesa Cattdrale noi facciamo memoria della nostra personale e comunitaria “dedicazione” a Cristo. La dedicazione indica l’appartenenza di qualcosa o di qualcuno a Dio. La dedicazione è un atto di consacrazione e specifica l’uso esclusivamente religioso di un oggetto, o di uno spazio, o di alcune persone “consacrate”. La vita dei battezzati, in quanto consacrata dall’unzione crismale, è sacra, cioè appartiene totalmente ed esclusivamente al Signore, il Dio tre volte Santo. Il battezzato è indicato da s. Paolo come “azzimo”, cioè non più contaminato dal vecchio lievito del peccato.

3. Nella dedicazione del tempio celebriamo la nostra “comunione”

Dalla frammentazione al frammento dell’unità

L’eucarestia è “sacramento” della carità, segno e strumento che realizza l’unità del popolo convocato. L’apostolo ci ricorda che per mangiare e bere in modo degno della mensa eucaristica bisogna vivere nella carità; diversamente si mangia e si beve la propria condanna.

S. Ignazio di Antiochia ai cristiani di Filadelfia: “Procurate dunque di partecipare ad un’unica Eucaristia, perché non vi è che un’unica carne del Signore nostro Gesù Cristo e un unico calice che ci unisce nel suo sangue e un unico altare, come uno solo è il vescovo con il collegio dei presbiteri e i diaconi, miei compagni di ministero. Comportatevi in modo che qualunque cosa facciate, la facciate secondo Dio”.

4. Nella dedicazione del tempio celebriamo la nostra “missione”

Dal Cenacolo all’Agorà

L’initmità del Cenacolo non è intimismo, non deve esprimere un senso di chiusura come di una setta la cui vita e attività è in opposizione a quella del mondo. La Chiesa è animata dall’esperienza del Cenacolo per rivitalizzare la dimensione della sua missionarietà, per abitare l’agorà degli uomini, la “piazza” della loro vita, della loro cultura, dei loro interessi, dei loro odi e conflitti, delle loro disperazioni e tristezze. “Oggi c’è ancora moltissima gente che non conosce Gesù Cristo. Rimane perciò di grande urgenza la missione ad gentes, a cui tutti i membri della Chiesa sono chiamati a partecipare, in quanto la Chiesa è per sua natura missionaria: la Chiesa è nata “in uscita”

(Messaggio del Papa per la giornata mondiale missionaria 204)

5. Nella dedicazione della chiesa Cattedrale, celebriamo il ministero del Vescovo

Dal potere dei privilegi al disarmo del servizio

La celebrazione della Dedicazione della chiesa Cattedrale, chiama in causa anche il significato del ministero pastorale del  Vescovo. Questi è al servizio dell’unità e della crescita dell’edificio spirituale che è la Chiesa diocesana. “Chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi, sarà vostro schiavo. Come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 20,26-28).

S. Ignazio di Antiochia ai cristiani di Filadelfia: Voi, dunque, figli della luce e della verità, fuggite le divisioni e le perverse dottrine. Siate un gregge docile e fedele, che segue ovunque il suo pastore. Quelli, infatti, che appartengono a Dio e a Gesù Cristo sono tutti con il vescovo. E quelli che si ravvedono e ritornano all’unità della Chiesa saranno anch’essi di Dio per vivere secondo Gesù Cristo.  Non illudetevi, fratelli miei, chi segue un fautore di divisioni ‘non erediterà il regno di Dio’ (1 Cor 6, 10); chi cammina nella strada dell’eresia non è in accordo con la passione di Cristo”.

Il Vescovo deve vigilare e promuovere l’unità contro ogni elemento diabolico di disgregazione, di invidia, di falsità, di corruzione della fede in Cristo Gesù.

Per il Vescovo, servire non è fare qualcosa, o forse molto, o anche tutto per l’unità del gregge, ma donare se stesso, fosse anche la sua stessa vita.

 

+ Gerardo Antonazzo

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