Da Pontecorvo a Bukavu un viaggio d’amore per i più piccoli

Parte questa notte con il volo delle 23,40 il nostro caro Don Maurice
Njuci, direzione Bukavu (Repubblica democratica del Congo), torna al
sua paese di origine; è un occasione per continuare l’infaticabile
impegno profuso nell’esercizio della sua missione.  Torna in un paese
difficile e particolarmente pericoloso, perché è  in corso da più di
18 anni una terribile guerra, una di quelle guerre di cui nessuno
parla.
Una  disgraziata guerra tra tribù fatta al solo scopo di impossessarsi
 delle enormi ricchezze che il sottosuolo offre come: il rame, il
cobalto, il coltan, i diamanti e i giacimenti di petrolio. Dice Don
Maurice “Una guerra fatta per arricchirsi, per avere una vita più
agiata ma in realtà stanno uccidendo e morendo senza capire che
avevano già tutto quello di cui avevamo bisogno”.
Questa guerra causa tante brutture e tanta povertà in cui sono
costretti a vivere la popolazione congolese e come per ogni guerra,
le vittime più colpite, sono loro, i bambini che restano orfani di
padri e muoiono di fame insieme alle loro madri.
Don Maurice continua la sua missione di uomo di Dio, in un
orfanotrofio numeroso, l’istituto “Alama ya kitumaini” che vuol dire
“Segno della Speranza”,  lì aiuta le suore “fille de Marie Reine des
Apotres” ad accogliere, abbracciare, educare, far crescere questi
sfortunati  bimbi. Il più piccolo di solo 2 mesi accompagnato dal
padre dopo che la giovane moglie è morta di parto, perché non c’erano
abbastanza soldi da investire in sanità, i soldi servono per comprare
fucili asce e altre armi per far del male ad altri uomini. I più
grandi hanno quasi 18 anni, età in cui si preparano a lasciar
l’istituto con in tasca un diploma, un mestiere e la certezza di  aver
un punto di riferimento da cui tornare quando necessario. Purtroppo
però l’orfanotrofio non è un isola felice perché impastati con l’amore
ci sono tanti problemi economici ma anche la paura dei guerriglieri
che se vedono un europeo in quel luogo, entrano senza rispetto per
nessuno, perché  per loro, europeo vuol dire denaro in tasca.
La nostra diocesi contribuisce al sostentamento di questa opera,
attraverso l’adozione a distanza di questi bimbi, da parte di
numerosi  nostri concittadini, persone sensibili che sanno di poter
aiutare un bambino nel suo paese senza dovergli stravolgere la vita,
cambiandogli lo stato.
In passato ci sono stati anche diversi contributi della nostra Caritas
Diocesana, che hanno permesso di costruire, mantenere la struttura ma
soprattutto far studiare questi orfani per ridargli la dignità di
uomini.
Mentre auguriamo un buon e santo viaggio al nostro Don Maurice
ricordiamoci che la sua opera può continuare grazie anche alla nostra
generosità.

– Maria Grazia Petricca (Caritas Diocesana)

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