ALLARGA LA TUA TENDA, Omelia per l’inizio dell’anno pastorale e della Missione Popolare Diocesana

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ALLARGA LA TUA TENDA

 

Omelia per l’inizio dell’anno pastorale

e della Missione popolare diocesana

Chiesa s. Restituta, 21 settembre 2014

 

Sacerdoti carissimi, amati sorelle e fratelli,

siamo la santa Chiesa di Dio, chiamata alla fede dal Padre, per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo, nell’Amore dello Spirito Santo. A questa nostra Chiesa di Sora-Aquino-Pontecorvo, convocata per celebrare la gioia della fede, mi rivolgo con l’invito del profeta Isaia: “Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio.. poiché ti allargherai a destra e a sinistra… Non temere… non vergognarti…poiché tuo sposo è il tuo creatore; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra” (cfr Is 54,2-12).

Questa nostra assemblea è oggi arricchita dalla preziosa presenza della Comunità del Seminario Leoniano di Anagni. In particolare, la vostra partecipazione, carissimi giovani seminaristi, è significativa sia per la Missione popolare diocesana che oggi inizia, sia per questo nuovo anno pastorale nel quale continueremo a riflettere, pregare ed agire per l’annuncio della bellezza della vita come dono, stupore, responsabilità, consapevoli di essere chiamati a rispondere, perché creati da Dio per amore e nati per amare.

La pastorale dell’evangelizzazione

Papa Francesco giovedì scorso ha dichiarato ai vescovi di prima nomina: “Come inestinguibile rimane accesa la lampada del Tabernacolo delle vostre maestose Cattedrali o umili Cappelle, così nel vostro sguardo il Gregge non manchi di incontrare la fiamma del Risorto. Pertanto, non Vescovi spenti o pessimisti, che, poggiati solo su sé stessi e quindi arresi all’oscurità del mondo o rassegnati all’apparente sconfitta del bene, ormai invano gridano che il fortino è assalito. La vostra vocazione non è di essere guardiani di una massa fallita, ma custodi dell’Evangelii gaudium, e pertanto non potete essere privi dell’unica ricchezza che veramente abbiamo da donare e che il mondo non può dare a sé stesso: la gioia dell’amore di Dio”.

Lo voglio pensare anch’io, e gridarlo ad alta voce per me stesso, per ciascuno di voi, presbiteri, religiosi e laici.

Amici carisimi, la finalità ultima della Missione popolare e del nuovo anno pastorale, è un nostro radicale cambio di mentalità, urgente e necessario, a favore di una pastorale di evangelizzazione, per rilanciare le nostre comunità in uno stato permanente di missione. Missionarietà della parrocchia ed evangelizzazione del territorio sono le coordinate indispensabili entro le quali si muove l’agire pastorale, senza ulteriori omissioni nè ritardi.

La dorsale spirituale della missione

La liturgia della Parola ci consegna oggi i verbi-chiave che costituiscono la dorsale di una pastorale missionaria lungo la quale scorre l’annuncio di Gesù Cristo all’uomo di oggi.

Cercare

 “Cercate il Signore, mentre si fa trovare” (I lett).

Il peggiore ostacolo alla fede oggi non è tanto il dubbio quanto l’indifferenza religiosa. Se l’ateismo, almeno quello pratico, è ormai un fenomeno diffuso, tra le forme di non-credenza che il Concilio Vaticano II (Gaudium et Spes, n.19) mette in evidenza c’è l’indifferenza religiosa. Tale desertificazione della fede lambisce anche i nostri territori, dove cresce la presa di distanza dalla comunità eucaristica, e non di rado a causa di ferite provocate dalla stessa comunità cristiana. Spesso si vive come se Dio non ci fosse. Non si cerca più la sua presenza: la persona indifferente non sente la necessità di porsi un simile problema, perché ogni discorso su Dio, e in particolare su Gesù Cristo, è al di fuori dell’orizzonte dei suoi interessi spirituali.E’ necessario incrociare queste tristezze spirituali, abitare tutte le situazioni esistenziali e geografiche di marginalità rispetto alla fede e alla Chiesa, per provocare una rinnovata ricerca dell’Assoluto.

Invocare

“Invocatelo, mentre è vicino” (I lett).

L’apostolo Paolo citando il profeta Isaia, nella lettera ai Romani scrive: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato” (Rm 10,12). Nella Scrittura Sacra, particolarmente nei Salmi, ritroviamo la pluralità delle situazioni umane più sofferte, che di fronte a Dio diventano grido, supplica, imprecazione, invocazione.

Il Concilio Vaticano II dice che l’uomo rimane a se stesso un problema insoluto, confusamente percepito; e nessuno può fuggire da se stesso nei momenti di maggior rilievo dell’esistenza (Gaudium et Spes, 21), in cui emergono i problemi fondamentali del senso della vita, del lavoro, della sofferenza, della prova, della morte… Nei passaggi nodali dell’esistenza umana, nelle grandi traversate della vita, può emergere una rinnovata disposizione all’invocazione di Dio, grazie alla quale porgere l’acqua viva dell’incontro con la misericordia del Signore.

Ritornare

 “Ritorni al Signore che avrà misericordia di lui …” (I lett).

Il verbo “ritornare” utilizzato dal testo ebraico (shuv) è il termine specifico per indicare il ripensamento radicale della propria esistenza. Il nostro stile deve essere accogliente verso tutti, perché ciascuno si senta non solo atteso, ma anche desiderato e cercato. Solo Dio conosce i segreti dei cuori e i percorsi della mente. Per risvegliare la nostalgia di Dio bisogna mettersi alla ricerca dei veri bisogni del cuore umano. Bisogna intercettare i suoi culti idolatrici, demolire gli altari dedicati alle false divinità, purificare il pantheon delle false sicurezze, abitare gli spazi delle sue utopie, cioè sogni impossibili, per proporre delle “eu-topie” (cfr. don Tonino Bello), cioè i luoghi buoni della speranza affidabile, e prosciugare le lacrime dei lamenti sterili, dei fallimenti luttuosi, e delle disperate solitudini.

Perdonare

“…il nostro Dio largamente perdona” (I lett).

Quella di Dio non è mai una logica spietata: Dio non è vendicativo. Non punisce, ma perdona chi ritorna a lui con tutto il cuore: i suoi pensieri sono distanti dai nostri pensieri! Il pastore che ritrova l’unica pecora perduta, non la rimprovera, non chiede conto del suo operato, non limita i diritti della sua appartenenza al gregge, ma l’abbraccia tutto contento, se la pone sulle spalle come per evitarle anche la fatica fisica del  ritorno.

La comunità cristiana deve edificarsi come luogo della misericordia, un vero “ospedale da campo” che accoglie in ogni ora, luogo dell’accoglienza e dell’incontro verso tutti, senza esclusioni e discriminazioni. E’ la casa comune dei credenti, amorevole con tutti i cercatori di Dio.

Inviati nella Vigna

Con questo spirito siamo inviati oggi a lavorare nella vigna dell’Umanità. “Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore”: sono le prime parole che Benedetto XVI ha pronunciato subito dopo la sua elezione. Nella parabola evangelica tutti rispondono alla chiamata e lavorano nella vigna, ma non tutti sono chiamati alla stessa ora, né tutti ricevono la stessa ricompensa, ma a nessuno il padrone della vigna fa torto. C’è chi sopporta il peso dell’intera giornata, perché operai della prima ora, e c’è chi riceve la stessa paga pur avendo lavorato molto di meno. La logica di Dio non si lascia strozzare dalle gelosie, dalle rivendicazioni e dalle rivalità.

Da qui le conflittualità, le gelosie e le ritorsioni che paralizzano e mettono a repentaglio la tenuta dei rapporti nelle nostre comunità: “Quant’è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso!” (Papa Francesco). Quanto sono vuote le parrocchie affollate da persone ossessionate da se stesse!

La Chiesa che amo

“La Chiesa ha ricevuto da Gesù il tesoro prezioso del Vangelo non per trattenerlo per sé, ma per donarlo generosamente agli altri, come fa una mamma.… Questa è la Chiesa che amo io: una madre che ha a cuore il bene dei propri figli e che è capace di dare la vita per loro (Udienza generale del 3.9.2014).

Questa è la Chiesa che tutti vogliamo amare: una comunità dalle porte aperte per accogliere e per “andare”. Questa è la Chiesa che la gente, il popolo di Dio, ama. Questa è il volto della Chiesa che voi annuncerete per il mandato speciale che oggi sarà a voi conferito.

Ringrazio il Signore per tutti voi carisismi educatori, collaboratori e alunni del Seminario regionale di Anagni per la disponibilità a spendervi per il Vangelo che è Gesù Cristo.

Ringrazio voi, amati Sacerdoti e Religiosi, carissimi Missionari Laici, per la prontezza sobria e vivace con la quale avete accettato di mettervi in gioco, ma non per gioco.

A tutti voglio proclamare che il Signore è veramente risorto, e “vi precede in Galilea; là lo vedrete” (Mt 28,7). Andate!

Gerardo Antonazzo

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