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Omelia per l’Ordinazione presbiterale di don Danilo Messore (Basilica-Santuario di Canneto, 7 ottobre 2023)

DOLCE RICORDO DEL CRISTO

Ordinazione presbiterale di Danilo Messore
Basilica-Santuario di Canneto, 7 ottobre 2023

 

“Entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi … erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù” (cf. At 1,13-14). Siamo riuniti anche noi nella stanza al piano superiore, nel Cenacolo nel quale Gesù continua ad affidare il comandamento nuovo dell’amore e il dono dell’Eucarestia che la Chiesa è chiamata a perpetuare per sempre (cf. Lc 22,19). “Non è forse cosa giusta, pia e santa meditare tutti questi misteri? E’ da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo” (S. Bernardo, Opera omnia, 5).

Potenza e fragilità

Oggi viene consegnato a te, caro don Danilo, il “sacramentum caritatis” dell’Eucarestia per il bene del popolo di Dio. Nell’inno per l’Ufficio di Letture della liturgia del Corpus Domini il Dottore Angelico, che ricordiamo nel VII° centenario della sua canonizzazione, così medita: “Donò ai mortali il cibo del suo Corpo, diede ai tristi il calice del suo Sangue, dicendo: «Prendete il piccolo vaso che vi offro: tutti da esso bevete». Così istituì questo Sacrificio, la cui celebrazione volle affidare unicamente ai Sacerdoti, con i quali convenne che ne prendessero essi e ne dessero a tutti gli altri…O cosa mirabile: il servo povero ed umile si nutre del Signore” (Inno Sacris solemniis). Caro Danilo, oggi, il tuo grato affetto verso la Vergine Bruna di Canneto ci raduna ancora in questo tempio mariano per invocare l’effusione dello Spirito. Nella casa di Nazareth, Maria è consolata dalle parole dell’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra”. Solo dopo Maria è in grado di dichiarare in piena consapevolezza: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,37). Il “servo di Jahweh” è ogni chiamato consacrato dallo Spirito, investito della missione affidatagli da Dio al servizio dei fratelli. La missione del servo è far risplendere nel mondo il fulgore del mistero di Cristo. L’apostolo Paolo ti ricorda: “Noi non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù” (2Cor 4,5). Il tesoro affidato nelle tue mani è preziosissimo; tu, fragile creatura. E tale si rimane anche da preti: “Abbiamo questo tesoro in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi” (2Cor 4,7).

Umiltà e stupore

La nostra azione liturgica oggi gode di un profondo respiro mariano anche per la memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, istituita da san Pio V per celebrare la vittoria riportata dalla Lega Santa il 7 ottobre 1571 a Lepanto, contro la flotta turca, impresa che arrestò l’espansione ottomana. La vittoria fu considerata come la risposta della Provvidenza alla preghiera fiduciosa del popolo cristiano alla Vergine Maria attraverso il Rosario. La meditazione biblica del Rosario educa il cuore alla contemplazione! S. Ignazio di Loyola spiega che quando contemplo una scena del Vangelo con i sensi, posso vederla, posso ascoltare i personaggi, sentirne le emozioni, toccare il lebbroso con Cristo, sentire il vento della tempesta con i discepoli. Contemplare è inabissarsi dentro “l’umanamente impossibile”, e sentire il dolce smarrimento e la serena confusione del proprio abbandono all’Infinito Dio. Scrive san Bernardo: “Quando la mia mente li pensa, vi trova Dio, vi sente colui che in tutto e per tutto è il mio Dio. E’ dunque vera sapienza fermarsi su di essi in contemplazione. E’ da spiriti illuminati riandarvi per colmare il proprio cuore del dolce ricordo del Cristo” (Discorsi, Opera omnia, 5). Lo sguardo e il cuore di Maria educa allo stupore di fronte alle grandi opere del Signore: donna contemplativa! E’ la meraviglia incontenibile che esplode nel canto: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva…Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente” (cf Lc 1,46-49). “Il popolo cristiano si mette alla scuola di Maria, per lasciarsi introdurre alla contemplazione della bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore” (Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae,1). Condividendo lo stupore di Maria, impariamo da Lei a lasciarci sorprendere, sempre di nuovo, dal mistero di Cristo contemplato nella sua straordinaria bellezza divina e umana: “Radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3, 17-19). Fissare gli occhi e contemplare il volto di Cristo educa la fede e la vita cristiana ad accogliere il mistero della vita trinitaria, per sperimentare sempre nuovamente l’amore del Padre e godere della gioia dello Spirito Santo: “E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo” (2Cor 4,6). Caro Danilo, con il rito di ordinazione la Chiesa pone sulle tue mani la preziosità e la bellezza del mistero di Cristo. Non spegnere lo stupore per la grandezza del dono ricevuto: “Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui” (Fil 3, 8-9). Per cercare Lui lasciati trovare in Lui!

Come è possibile?

Ogni volta che celebrerai la bellezza del Mistero a te affidato, domandati sempre: “Come avverrà questo?” (Lc 1,34). Come è mai possibile una missione così grande? Resta a lungo sulle domande, non affrettare risposte confezionate. Il tuo ministero parte e riparte sempre dalla sorgente di ogni benedizione: la celebrazione eucaristica quotidiana. Ogni Messa sia sempre la ‘Prima Messa’. Lasciati sorprendere e soverchiare dall’inaudita iniziativa divina. Riceverai la patena con il pane e il calice con il vino, e ti dirò: “Renditi conto di ciò che farai”. Non spegnere l’entusiasmo per il dono ricevuto, non sminuire la sacralità del tesoro a te affidato. Il prete non può che lodare; non scadere nell’abitudine che svuota il cuore, rende burocrati del sacro, ed espone alla deriva della mondanità spirituale di un ministero ridotto ad un palcoscenico sul quale recitare. “Fratelli, questo stupore è una via di salvezza! Che Dio ce lo conservi sempre vivo, perché esso ci libera dalla tentazione di sentirci ‘all’altezza’, di nutrire la falsa sicurezza” (Papa Francesco, 30 agosto 2022). Tutto il Mistero di Cristo e della Chiesa è posto nelle tue mani: senza alcun merito, ma per la sola misericordia divina. Senza la contemplazione, il ministero presbiterale è corpo senza anima, e il suo esercizio rischia di divenire meccanica ripetizione di formule e di riti sterili. La contemplazione orienta il tuo sguardo, fisso su Gesù. “Io lo guardo ed egli mi guarda”, diceva al suo santo curato il contadino di Ars in preghiera davanti al Tabernacolo. “Nella contemplazione amorosa, tipica della preghiera più intima, non servono tante parole: basta uno sguardo, basta essere convinti che la nostra vita è circondata da un amore grande e fedele da cui nulla ci potrà mai separare” (Papa Francesco, 5 maggio 2021).

 

Testimoni dell’Invisibile

Testimone dell’Indicibile e profeta dell’Ineffabile, il prete deve contemplare la Parola per lasciarsi plasmare “annunciatore forte e mite del Vangelo”. Scrive Francesco: “Chiunque voglia predicare, prima dev’essere disposto a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta. In questo modo, la predicazione consisterà in quell’attività tanto intensa e feconda che è «comunicare agli altri ciò che uno ha contemplato» (S. Tommaso D’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 188, art. 6)” (Evangelii Gaudium, 150). La gente preferisce ascoltare i testimoni: “Che ne è della Chiesa a dieci anni dalla fine del Concilio? È più ardente nella contemplazione e nell’adorazione, e in pari tempo più zelante nell’azione missionaria, caritativa, di liberazione? Ha sete di autenticità, reclama evangelizzatori che gli parlino di un Dio che essi conoscano e che sia a loro familiare, come se vedessero l’Invisibile” (Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 76). Come già Abramo e il profeta Elia, ogni chiamato deve uscire da se stesso, dal proprio Io, da progetti e preoccupazioni troppo umane, per imparare a stare di fronte a Dio: “Esci e férmati sul monte alla presenza del Signore” (1Re 19,11). Lui passa nel segno del silenzio fine, di un leggero mormorio appena percettibile, nel “sussurro di una brezza leggera”. Solo il silenzio contemplativo, quello vissuto dai grandi padri del deserto, può renderci amici e familiari del Mistero. Per questo, ti viene chiesto: “Vuoi essere sempre più strettamente uniti a Cristo sommo sacerdote, che come vittima pura si è offerto al Padre per noi, consacrando voi stessi a Dio insieme con lui per la salvezza di tutti gli uomini?”. E c’è un solo modo per vivere il tuo sì: “Imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”. La tua vita deve testimoniare l’Invisibile: “Quello che le nostre mani toccarono del Verbo della vita quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi” (cfr. 1Gv 1,1-4). L’evangelista parla come testimone del Verbo Invisibile attraverso l’esperienza vissuta “certificata” dai verbi toccare, vedere, udire.

 

Caro Danilo,

nei momenti più difficili rivolgiti a Maria con la confidenza raccomandata da san Bernardo: “Se il vento delle tentazioni ti assale, se gli scogli della sventura ti si parano davanti, guarda la Stella, rivolgiti a Maria. E per ottenere il sostegno della sua preghiera, non cessare di imitare l’esempio della sua vita. Seguendola, non ti smarrirai; pregandola, non conoscerai la disperazione, pensando a Lei, non ti sbaglierai. Se Ella ti sostiene, non affonderai; se Ella ti protegge, non avrai timore di nulla; sotto la sua guida non temere la fatica; con la sua protezione raggiungerai il porto”. Senza dimenticare che “Dio si serve dei venti contrari per condurci in porto” (C. De Foucauld).

 

+ Gerardo Antonazzo

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