Diocesi Sora Cassino Aquino Pontecorvo
Omelie Vescovo Gerardo Antonazzo

“Unti, ma non macchiati” – Omelia per la Messa Crismale (Cassino – Concattedrale, 5 aprile 2023)

UNTI, MA NON MACCHIATI
Omelia per la Messa Crismale

 

“Mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare il lieto annuncio” (Lc 4, 18).

 

Cari presbiteri, diaconi, consacrate e consacrati, sorelle e fratelli tutti,

Gesù annuncia pubblicamente la missione per la quale lo Spirito lo ha consacrato e inviato ai poveri, ai prigionieri, agli oppressi. Potremmo dire: ai senza-speranza, a persone per le quali era impossibile mutare la pessima condizione sociale, e immaginare una vita nuova, diversa. “Oggi si è compiuta questa Scrittura”: l’Oggi del Signore si riverbera e si prolunga nell’Oggi di ogni consacrato inviato per la medesima missione. E’ l’Oggi del mio ministero, carissimi amici, iniziato dieci anni fa quando sul mio capo è stato riversato l’olio del crisma accompagnato dalle parole: “Dio, che ti ha fatto partecipe del sommo sacerdozio di Cristo, effonda su di te la sua mistica unzione, e con l’abbondanza della sua benedizione dia fecondità al tuo ministero”.

Il di Dio e l’Amen dell’uomo

Nelle felici ricorrenze della vita esprimiamo innanzitutto la gratitudine per quanto ricevuto dalla bontà del Signore, come anche dalla benevolenza delle persone a noi legate a vario titolo nel percorso di vita. Oggi, il mio “grazie” si coniuga con il mio “amen”: è il mio rinnovato , che mi provoca a fare memoria piuttosto che vivere di nostalgia, a guardare avanti e sognare ciò che Dio vuole invece di calcolare, di amare senza programmare ciò che a me piace. Per questo ho bisogno di rinnovare il mio Amen a Dio. L’ho richiamato nella Lettera ai presbiteri per la Messa del Crisma, invitandoli a condividere l’Amen della nostra riconsegna al Signore, istruiti dalla parola di san Paolo: “Attraverso Cristo sale a Dio il nostro «Amen» per la sua gloria. È Dio stesso che ci conferma in Cristo e ci ha conferito l’unzione” (2Cor 1,20). E’ interessante notare come l’Apostolo coniuga l’Amen a Dio con il conferimento dell’unzione: infatti, è l’azione dello Spirito che ci fa riconoscere il Sì dell’amore di Dio per noi, il Sì della sua iniziativa e del suo primato, il Sì affidabile delle sue promesse: “Dio non realizza tutti i nostri desideri, bensì porta a compimento tutte le sue promesse” (D. Bonhoeffer). Insieme con i nostri sacerdoti oggi desidero rinnovare, con la grazia di Dio e del suo Spirito, il mio “Sì, con l’aiuto di Dio, lo voglio” per continuare a servire con dedizione e fedeltà la Chiesa di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo.

 

Mistica unzione

Nella sinagoga di Nazareth, Gesù si rivela come consacrato. Il significato della consacrazione è straordinariamente bello: “Consacrare qualcosa o qualcuno significa dare la cosa o la persona in proprietà a Dio, toglierla dall’ambito di ciò che è nostro e immetterla nell’atmosfera sua, così che non appartenga più alle cose nostre, ma sia totalmente di Dio. Consacrazione è dunque un togliere dal mondo e un consegnare al Dio vivente” (Benedetto XVI, 9 aprile 2009). Viviamo come unti dal sacro Crisma, ma non sporcati nel cuore. Con il crisma possiamo sporcarci le mani, mentre la corruzione sporca il cuore. La nostra fragilità non deve mai diventare corruzione, cioè struttura di peccato. La nostra consacrazione, sia nel battesimo che nell’ordine sacro, dichiara per tutti una condizione di santità che non dobbiamo contaminare: unti perché consacrati, mai “unti” perché sporcati dalla mondanità perversa. Gesù è il “Santo”, il suo modo di essere e di agire è totalmente divino, la sua santità è senza macchia, e rivela l’appartenenza assoluta alla sfera del Padre. La nostra consacrazione è partecipazione al suo modo di essere e di vivere. Il consacrato è una persona ‘messa a parte” per Dio. Ma ciò che in Cristo è perfetto, in noi è un processo sempre in divenire, in fieri. Nell’Antico Testamento la consegna di una persona a Dio perché a Lui consacrata significava un passaggio di proprietà, un essere “tolto” dal mondo, non per costituire una “casta” di privilegiati, né per vivere segregati rispetto agli altri, ma per rappresentarli davanti a Dio, e a partire da Dio vivere al servizio dei fratelli e sorelle. Per noi presbiteri, questa consacrazione è farsi “sacrificio” per i fratelli, sull’esempio di Cristo: “La sua santificazione consiste nel suo sacrificio, in quanto nell’oblazione sacramentale si offre per noi al Padre, e si offre a noi in comunione. «Per loro io consacro me stesso» (Gv 17, 19). Cristo, che per mezzo dello Spirito Santo offrì se stesso senza macchia a Dio, purificherà la nostra coscienza dalle opere morte, per servire il Dio vivente (cfr. Eb 9, 14) (Alberto Magno, Commento sul vangelo di Luca). Consacrati, per non vivere più per noi stessi. E’ questo il fondamento e la radice del sacerdozio nella Chiesa: “…scelto fra gli uomini, e per gli uomini viene costituito tale nelle cose che riguardano Dio” (Eb 5,1).

 

Anello e Oli

Nella sinagoga di Nazareth Gesù si presenta anche come inviato.

Cosa deve fare il Vescovo quando viene inviato in una Chiesa?
Cari amici, trovo la prima risposta nel segno dell’anello episcopale. Esso deve parlare solo dell’amore nuziale di Cristo, per tutti. Il Signore ha voluto inviarmi a questa Chiesa particolare, da amare come sua Sposa con lo stesso amore del Signore, suo sposo: “Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa” (Gv 3,29). Don Tonino Bello si dichiarava convinto di dover guidare la sua Chiesa più con l’anello che con il pastorale; e se gli era stato affidato anche il pastorale, era solo per indicare il ministero di guida e di custodia, perché il gregge non si smarrisca in pascoli tossici e velenosi.
La seconda risposta la trovo nei molti significati Oli custoditi nelle tre anfore che tra poco verranno presentate alla nostra assemblea.

  • Se l’olio dona ai Catecumeni la luce per “comprendere più profondamente il Vangelo di Cristo” e la forza per vivere “con generosità gli impegni della vita cristiana”, al Vescovo spetta il dovere dell’annuncio missionario di Cristo Gesù, morto e risorto. Nella Chiesa il primo missionario è il vescovo, testimone gioioso e audace della risurrezione del Signore. E’ il dovere apostolico che ogni giorno mi viene rammentato dal programma episcopale: In fines terrae.
  • Con la benedizione dell’olio degli infermi, la liturgia del Crisma riconsegna al Vescovo il mistero delicato e indicibile del dolore, della fragilità, della debolezza, il ministero della consolazione, nel tempo della prova e dello sconforto. La benedizione di quest’olio riconsegna al Vescovo il ministero della vicinanza, della prossimità, della partecipazione alle sofferenza dell’umanità e della condivisione di ogni angoscia, perché chiunque “ottenga conforto nel corpo, nell’anima e nello spirito”. E’ il ministero bellissimo della speranza ritrovata, in un mondo afflitto da ogni genere di solitudine, bisognoso di beni materiali, affamato di beni e affetti spirituali, spesso non riconosciuti o incompiuti.
  • Con la consacrazione del Crisma, olio misto a profumo, al Vescovo viene riconsegnata l’anfora della consacrazione: “Impregna della forza del tuo Spirito e della potenza che emana dal Cristo dal cui santo nome è chiamato crisma l’olio che consacra i sacerdoti, i re, i profeti e i martiri”. Al Vescovo spetta il compito di custodire la consacrazione battesimale dei fedeli, di favorire con diligenza la loro maturità spirituale, e promuovere il servizio generoso e disinteressato di quanti sono consacrati nell’ordine sacro: “Non siamo sacerdoti per noi stessi e la nostra santificazione è strettamente legata a quella del nostro popolo, la nostra unzione alla sua: tu sei unto per il tuo popolo” (Papa Francesco). Ringrazio il Signore per tutti i nostri presbiteri, unti dal sacro Crisma per l’effusione dello Spirito Santo. In modo particolare, ringrazio con voi Gesù, Sommo Sacerdote, per aver ammesso all’Ordine sacro, durante i dieci anni del mio ministero pastorale, quindici nuovi ministri ordinati.

Cari amici,

nella sinagoga “gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Custodendo il nostro sguardo fisso su di Lui, impariamo ad imitare gesti e parole di quel “lieto annuncio” di cui la Chiesa non è padrona, ma serva buona e fedele, missionaria in tutte le sue componenti: laici, presbiteri, consacrati. Per questo, “corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento” (Eb 12,1-2).

 

Preghiera del Vescovo
nel decennale del ministero episcopale

Signore Gesù amo la Chiesa, santa e peccatrice
ma pur sempre bella e nobile, purificata
ogni giorno nel lavacro del tuo sangue.
Amo questa Chiesa particolare, Signore,
che io non ho scelto perché è tua, da sempre.
Mi hai chiamato a servire fratelli e sorelle
che non conoscevo; non mi hanno scelto
ma accolto con fede, perché eri tu ad inviarmi.
Ti sei fidato, nonostante tutto; e hai affidato a me
questa tua Sposa, che continui a sognare ancora
giovane, integra nella fede, fedele a te
nel suo amore verginizzato dal tuo perdono.
Per essa mi hai consacrato pastore e padre,
per custodirla nella sublime verità e carità.
Signore, illumina i tuoi ministri con la Luce gentile
del tuo affetto di elezione e di predilezione.
Alita oggi la brezza leggera dello Spirito creatore,
per rinnovare con umiltà i nostri impegni
e dirti ancora: “Sì, con la grazia di Dio, lo voglio”.
Consacràti per ungere e santificare il popolo,
prosciuga la palude delle nostre fragilità,
per ritornare a te con l’ardente singhiozzo
del dolore e del sincero pentimento.
Con la probità risanata della nostra vita
diffonderemo il buon profumo del Vangelo.
Sollevaci sempre su ali di aquila, per librarci con te
nei cieli sereni della tua divina chiamata. Amen.

 

Leggi e scarica l’omelia in Pdf cliccando qui.