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Omelia Solennità della Vergine Maria Assunta 2019

Fatti di terra, per il cielo 

Omelia per la solennità di Maria, Assunta in cielo 

Sora-Cassino, 15 agosto 2019

Le nostre agitate giornate, ricolme di occupazioni e responsabilità di ogni genere, rischiano di distogliere la mente dalle finalità alte e ultime del nostro agire, e di escludere lo sguardo dal nostro ultimo orizzonte e glorioso destino. La preghiera mariana della Chiesa, cullando l’antica tradizione cristiana, tra eventi storici entusiasmanti e tumultuosi ad un tempo continua a cantare: “Oggi la Vergine Maria, madre di Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, è stata assunta nella gloria del cielo. In lei, primizia e immagine della Chiesa, hai rivelato il compimento del mistero di salvezza” (Prefazio dell’Assunta). Possono sembrare vaneggiamenti astratti: la liturgia sempre celebra la concretezza e la bellezza del mistero, e tale mistero riferito oggi alla Madre di Dio ci riguarda in modo singolare.

La gioia di sempre e di tutti

Tra i primi a rompere il silenzio sulla morte di Maria è Epifanio, vescovo di Costanza (Cipro), vissuto nella seconda metà del IV secolo. Costatando che nelle divine Scritture non si accenna alla morte della Madre di Gesù, scrive: “La Scrittura a questo proposito ha mantenuto il silenzio più completo a causa della grandezza del prodigio; per non suscitare uno stupore eccessivo nell’animo degli uomini” (Panarion 78,11). Teodosio d’Alessandria (566) attribuisce a Gesù, venuto da sua madre nell’ora della morte, queste parole: “Alzati dal tuo letto, o corpo santo, che fu per me un tempio!”. San Germano, patriarca di Costantinopoli, quasi indeciso tra lodare la vita di Maria o esultare nella festa che la celebra, s’interroga: “Intonerò lodi alla tua convivenza con i mortali, o celebrerò la gloria della tua Dormizione per passare alla vita immortale, il giorno della tua Assunzione, secondo lo Spirito?” (IV Omelia mistagogica). Giovanni XXII afferma che “la Santa Madre Chiesa fervidamente crede e suppone con evidenza che la beata Vergine fu assunta in anima e corpo” (Cum nobis, 17 maggio 1324). Sarà Pio XII, il 30 novembre del 1950, a proclamare solennemente il dogma dell’Assunzione di Maria, definendo come oggetto di fede ciò che il popolo santo di Dio per il suo sensus fidei sempre ha creduto ed esaltato.

In tempi recenti, il concilio Vaticano II per parlare del mistero della Chiesa descrive l’Assunzione di Maria con espressioni elevate e toccanti: “Finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo e dal Signore esaltata quale regina dell’universo per essere così più pienamente conforme al Figlio suo, Signore dei signori e vincitore del peccato e della morte” (LG 59). Pertanto, “la Madre di Gesù, come in cielo, in cui è già glorificata nel corpo e nell’anima, costituisce l’immagine e l’inizio della Chiesa, che dovrà avere il suo compimento nell’età futura, così sulla terra brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore” (LG 68).

Di terra e di cielo

La memoria liturgia dell’Assunta è un evento che sempre attrae e stupisce la vita dei credenti, profezia di un trionfo anticipato che infonde speranza di vittoria sulla nostra morte, sicuri che anche noi, uniti a Cristo risorto, saremo assunti in cielo. Abitata dallo Spirito sin dalla sua concezione nel grembo materno, Maria non poteva conoscere la corruzione fisica all’interno di un sepolcro di morte. Se il Signore ha messo Maria come segno della Chiesa, se Maria tota pulchra è prefigurazione della Chiesa, anche la Chiesa sarà un giorno senza macchia e senza ruga, nella medesima condizione celeste di Maria. Se Lei svolge una funzione anticipatrice, non possiamo evitarla né scavalcarla, ma condividerla (don Tonino Bello). Siamo fatti di terra, destinati a diventare cittadini del cielo: “Quando sarà distrutta la nostra dimora terrena, che è come una tenda, riceveremo da Dio un’abitazione, una dimora non costruita da mani d’uomo, eterna, nei cieli” (2Cor 5,1). Celebrare Maria come primizia e immagine della Chiesa per noi significa lasciare che la redenzione di Cristo ci guarisca dalle ferite e piaghe del peccato per divenire Chiesa santa, Sposa casta, finalmente tota pulchra.

Nell’attesa della Sua venuta

Maria anticipa e assicura il traguardo, offre una prova fondata alla nostra speranza e alimenta la pazienza, da non confondere con la disperanza dell’ignavia o con l’accidia spirituale. Fatti di terra e di cielo, viviamo “nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo” (Embolismo dopo il Padre nostro). La vita cristiana è vigilanza, invocazione del ritorno ultimo di Cristo. La Chiesa, fortificata dall’assunzione della Madre di Cristo, crede, desidera e invoca per sé il compimento del medesimo destino di gloria.

E’ compito della Chiesa annunciare la gloria di Maria e della Chiesa anche con la bellezza dell’arte e della letteratura. La luce celeste soprannaturale dell’enorme pala del Tiziano che raffigura l’Assunta (1518) unisce Maria che sta salendo alla gloria, Dio che la sta per accogliere e gli angeli che li accompagnano. Questa luminosità si contrappone all’azzurro del cielo terreno, dove, sotto la nube che sostiene la Vergine, c’è il gruppo degli apostoli che assistono alla sua assunzione. L’assunzione è l’incontro di due amori e due fedeltà: l’amore incondizionato di Dio e quello di Maria che l’ha dato alla luce e nutrito e cresciuto.

Così la descrive la letteratura di Alda Merini: “Maria, se cantava tutte le creature del mondo facevano silenzio per udire la sua voce. Ma sapeva essere anche solennemente muta. I suoi occhi nati per la carità, esenti da qualsiasi stanchezza, non si chiudevano mai, né giorno né notte, perché non voleva perdere di vista il suo Dio”. Alda Merini mette sulle labbra di Maria queste stupende parole: “Io sono soltanto una terra adolescente, / una terra che diventa un fiore / e un fiore che diventa terra. / Perché vergine se sono madre di tutti? / Perché madre se sono una vergine / Senza confini? / … Tu mi hai redenta nella mia carne / E sarò eternamente giovane / E sarò eternamente madre. / E poiché mi hai redenta / posi vicino a Te / la pietra della tua resurrezione” (Maria, Poesie).

                                                                                                     

                                                                                                      +Gerardo Antonazzo