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Giornata Nazionale della vita – Intervento del Vescovo (Cassino-Sala degli abati, 9 febbraio 2025)

Giornata nazionale della vita
Cassino-Sala deli Abati, 9 febbraio 2025

Intervento del Vescovo

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  1. Felice concomitanza

tra la Giornata della Vita e lo svolgimento del Giubileo 2025, “Pellegrini di speranza”. Faccio volentieri riferimento alla preziosa Bolla di Indizione del Giubileo.

In particolare, desidero richiamare l’attenzione ad un dato evidente: tra i paragrafi dedicati ai “Segni di speranza” che Francesco invita a valorizzare, i più articolati ed estesi sono quelli dedicati al bene prezioso della Vita, e alle condizioni di vita dei Detenuti.

Quella del Carcere di Rebibbia è stata la quinta Porta santa Giubilare aperta dal Papa, alla pari dignità delle quattro Basiliche Maggiori di Roma: i Detenuti di una casa Circondariale sono considerati alla pari di una Basilica Maggiore! Quale e quanto rispetto per la vita di chiunque! Come a dire: non esiste mai, e mai esisterà una sola vita che non sia meritevole di cura.

La riflessione del Papa al n. 9 della Bolla, presenta la custodia della Vita come uno dei più preziosi segni di speranza di cui abbiamo bisogno. Richiamo alcuni passaggi della riflessione di Francesco:

Guardare al futuro con speranza equivale anche ad avere una visione della vita carica di entusiasmo da trasmettere. Purtroppo, dobbiamo constatare con tristezza che in tante situazioni tale prospettiva viene a mancare. La prima conseguenza è la perdita del desiderio di trasmettere la vita. A causa dei ritmi di vita frenetici, dei timori riguardo al futuro, della mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, di modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni, si assiste in vari Paesi a un preoccupante calo della natalità”.

“La comunità cristiana perciò non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica, e lavori per un avvenire segnato dal sorriso di tanti bambini e bambine che vengano a riempire le ormai troppe culle vuote in molte parti del mondo…Ciò rinchiude nell’individualismo e corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti”.

  1. Il Papa con questo anno giubilare

offre un supporto non indifferente alla tutela della vita. Lo fa non solo con un serrato discorrere dottrinale serio e motivato, ma anche per l’offerta rivolta ai fedeli della grazia dell’Indulgenza plenaria nel corso di questo Giubileo. Anche in questo il valore della vita di alcune persone può superare quello delle pietre di una chiesa giubilare.

Mi spiego.

Sappiamo bene che per ricevere Indulgenza, è necessario vivere la grazia di una Confessione sacramentale recente, la partecipazione alla celebrazione eucaristica, recarsi in un chiesa giubilare nella quale sostare per recitare il Credo e pregare secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.

In questo Giubileo il Papa ha deciso di estendere l’indulgenza plenaria anche non visitando una chiesa giubilare, ma accostandole persone in situazioni particolari:

  • Sostenendo opere di carattere religioso o sociale, in specie a favore della difesa e protezione della vita in ogni sua fase e della qualità stessa della vita, dell’infanzia abbandonata, della gioventù in difficoltà, degli anziani bisognosi o soli, dei migranti dai vari Paesi, alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera.
  • Dedicando una congrua parte del proprio tempo libero ad attività di volontariato, che rivestano interesse per la comunità o ad altre simili forme di personale impegno, alle consuete condizioni spirituali, sacramentali e di preghiera.

  1. La Chiesa italiana nel suo Messaggio per la Giornata della Vita

riprende il tema della speranza: “Trasmettere la vita, speranza per il mondo”.

Al problema endemico e grave dell’aborto, si aggiungono i tanti teatri di morte come le guerre, la fame, le malattie, la povertà, le molte violenze e violazioni di diritti fondamentali che colpiscono i più vulnerabili, in particolare la vita dei bambini.

Il Messaggio della CEI sottolinea:

“La scelta di evitare i problemi e i sacrifici che si accompagnano alla generazione e all’educazione dei figli, come la fatica a dare sufficiente consistenza agli investimenti di risorse pubbliche per la natalità, renderanno davvero migliore la vita di oggi e di domani?…Abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte” (n. 2).

Marina Casini, in riferimento al diritto all’aborto inserito nella Costituzione francese, dichiara:

“Diciamolo chiaramente: il diritto di aborto è l’aborto del diritto, dei diritti dell’uomo, dell’Europa, della civiltà. Non è un giudizio sulle donne, sui vissuti, sui drammi, sui singoli. È un giudizio sulla cultura arrogante e aggressiva che non tollera in alcun modo che si parli di lui: il concepito, il bambino non nato, la persona in viaggio verso la nascita, uno di noi, insomma”.

Il grave tranello che oggi la fa da “regola” e norma, fa purtroppo “cultura” (falsa cultura) Capace di in influenzare e indurre a pensieri, stili di comportamento e scelte concrete, è affermare l’aborto come un “diritto”. Questo pensiero abnorme ha progressivamente normalizzato quasi del tutto la pratica abortiva, difesa come un diritto della donna.

L’assurdità sta nel fatto tra l’altro, ma non solo, che a vivere si è in due, meglio dire in tre (padre-madre-nascituro), e che i diritti se non sono quelli di ognuno non saranno di nessuno.

Il documento del Dicastero della dottrina della fede Dignitatis infinita al n. 47 dichiara che: “la difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo”.

Il Papa, sempre nel n. 9 della Bolla giubilare, sottolinea come ad aggravare la già critica situazione c’è anche “la perdita del desiderio di trasmettere la vita. A causa dei ritmi di vita frenetici, dei timori riguardo al futuro, della mancanza di garanzie lavorative e tutele sociali adeguate, di modelli sociali in cui a dettare l’agenda è la ricerca del profitto anziché la cura delle relazioni, si assiste in vari Paesi a un preoccupante calo della natalità”.

Ma, a mio parere, a fondamento della crisi dobbiamo riconoscere soprattutto una crisi antropologica: l’altro può valere meno, a volte molto meno, del mio IO, fino ad eliminare l’altro, chiunque sia, considerato come un impedimento, un ingombro, un limite, un condizionamento della mia libertà. Questo si riflette nelle tante crisi di coppia, di famiglia, di relazioni sociali conflittuali, ma anche nei confronti di Dio.

Famoso il dire di Jaques Prévert, poeta francese anarchico (1900-1977) “Padre nostro che sei incielo, restaci!”.

  1. Il Papa invita ad un’Alleanza sociale per la speranza 

Il frame costante della rivelazione biblica è crisi-speranza. Si parte dalla prima crisi: Adamo ed Eva-Dio che con tenerezza riveste con tuniche di pelle e ridona speranza con il “protovangelo”. Così, successivamente: schiavitù-esodo, esilio-ritorno, morte-risurrezione, distruzioni-cieli nuovi e terra nuova in Apocalisse.

L’invito del Papa è proprio quello di generare speranza in tempo di crisi, favorendo una “alleanza sociale per la speranza” (Spes non confundit 9) a partire dalla tutela della vita, dal concepimento al suo compimento.

 

  1. Il nostro grazie a Marco

Per noi, per questa nostra Chiesa diocesana, il primo e il più convinto socio di questa grande “Alleanza sociale per la speranza” è stato l’amato e indimenticabile Marco De Angelis, credibile “alfiere della vita”. Profondamenti grati, riconosciamolo oggi e ricordiamolo per sempre come “alfiere della vita”! Noi oggi vogliamo riconoscergli questo grande merito. Un impegno tenace e costante il suo amore per la vita, di ogni vita, di ogni stagione e condizione di vita. Un amore che ha costantemente profuso, senza cedimenti. Nemmeno quando ha vissuto in prima persona la dura esperienza della malattia.

Consapevole di non sperare più in una possibile guarigione, ha accolto coscientemente e cristianamente la propria sofferenza, trasfigurando il limite estremo della debolezza fisica nella Croce gemmata sfolgorante di luce e di bellezza.

Grazie.

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