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Custodi nell’amore – Omelia per la Peregrinatio della Reliquia di san Tommaso (Monte San Giovanni Campano, 15 febbraio 2024)

CUSTODI NELL’AMORE

Omelia per la Peregrinatio della Reliquia di san Tommaso
Monte S. Giovanni Campano, 15 febbraio 2024

 

 

 

Cari amici,

sono particolarmente contento di condividere con la vostra comunità la celebrazione eucaristica in occasione della Peregrinatio della Sacra Reliquia della costola di san Tommaso d’Aquino. Ci accomuna storicamente e spiritualmente la presenza del Dottore Angelico anche in questo territorio, a motivo di un evento molto particolare della sua vita. A Monte San Giovanni, presso il Castello appartenuto ai Conti d’Aquino, san Tommaso fu trattenuto agli “arresti domiciliari”, perché la sua famiglia non poteva accettare che un figlio di nobile casato potesse scegliere di appartenere ad un ordine di mendicanti. Per la pretesa di fare di Tommaso una personalità autorevole e importante, lo avevano orientato sin da ragazzo presso l’Abbazia di Montecassino perché divenisse Abate, perciò un ecclesiastico di prestigio e di potere. Ma l’azione della Grazia su questo ragazzo, da Dio prescelto secondo il suo disegno e da Lui privilegiato con sorprendenti doti intellettuali e spirituali, orientava ben diversamente il proseguimento della sua formazione.

Amore a prova di croce

Oggi si parla spesso di “amore a prima vista”. Nella scelta dell’amore tende a prevalere il sentimento, convince di più la reciproca simpatia, si sceglie l’affinità, si cerca la corrispondenza, si immagina la relazione sulla base del piacersi reciprocamente. Il Vangelo, come sempre, va controcorrente e ragiona esattamente in controtendenza rispetto alle ragioni carnali e mondane delle nostre scelte. Motivo, questo, di relazioni affettive, familiari, sociali e anche ecclesiali fragili, tossiche, con esiti a volte anche deleteri, se non addirittura drammatici. Nel Vangelo Gesù parla con determinata chiarezza, a scanso di ogni possibile ambiguità o fraintendimento, di un vero e unico modo di amare, insegnando un “amore a prova di croce”. Ai suoi discepoli infatti confida, quasi a prepararli per primi a quanto chiederà a tutti subito dopo: “Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno”. Colpisce molto il verbo usato da Gesù per se stesso: “deve” soffrire. Gesù non si sente sottomesso per forza ad un cieco e inevitabile destino, ma vive nella volontà del Padre, in perfetta comunione con il suo progetto, quello di risolvere il problema grave del peccato e offrire all’uomo la possibilità di lasciarsi redimere, riscattare dal male che lo schiavizza e lo degrada. E’, pertanto, un “deve” che riconosce solo nell’offerta sacrificale della propria vita la possibilità di ridare vita nuova all’uomo da salvare. Quello di Gesù è un amore con cui Lui si dona e dona vita all’altro; mentre il nostro amore quando è falso, ipocrita, egoista, prepotente, possessivo, rischia di soffocare la vita dell’altro.

Guadagnare o perdere: questo è il problema!

Dopo aver istruito i discepoli, ora Gesù può rivolgersi a tutti, compresi gli stessi discepoli, dicendo: “Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Gesù invitava tutti a seguire il suo esempio per partecipare alla sua missione che è donare amore che salva: “Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso?”. Salvare o perdere la vita, non c’è altra scelta. La domanda è: come salvare la propria vita per non sprecarla? Cosa fare per non sciupare la propria esistenza? Cosa serve per non fallire nella vita? Cosa può garantire il successo di cui tutti andiamo alla ricerca? Proviamo ad immaginare solo per un attimo le risposte del nostro mondo. E proviamo a rispondere, proponendo però ciò che il mondo non immagina: il valore, la potenza e l’esempio della sua croce. Apriti cielo! Scandalo e ribellione, allergia alla sofferenza e ad ogni forma di croce perché sinonimo di punizione, atrocità, sofferenza, morte. Scegliere tutto questo è patologico, è malattia mentale. Lo potrebbe fare solo un pazzo! In realtà, Gesù rivela di essere pazzo d’amore, pazzo non di mente ma di cuore. Il valore della croce non è la sofferenza (tanti morivano così) ma l’amore con cui si soffre per qualcuno. Gesù non decide di soffrire per il gusto di soffrire, ma accetta la sofferenza, se questa può essere la condizione e il passaggio inevitabile per dimostrare e donare il suo amore gratuito. La croce grida tutta l’immensità del suo amore. Lo aveva anticipato e spiegato agli apostoli nel Cenacolo, senza essere capito: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). La Pasqua è la prova che quella croce era sacramento dell’amore, strumento che dona la vita. Chi ama non muore mai! Gesù accoglie la croce per donare il suo amore attraverso la forma più pura e suprema, quella della sofferenza. E’ solo l’amore il motivo della sofferenza. Gesù non si sottrae alla croce, pur potendolo fare, perché non voleva sottrarsi all’amore per noi. Lui ci ha lasciato un esempio: “Un discepolo non è più grande del maestro, né un servo è più grande del suo signore; è sufficiente per il discepolo diventare come il suo maestro e per il servo come il suo signore (Mt 10, 24-25). Il discepolo, come il suo Maestro, salva la propria vita amando la vita degli altri, soprattutto quando è nella prova: “Dò compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24)

Custodire l’amore

La Reliquia di san Tommaso è il commento più bello e concreto al Vangelo di oggi. La costola è parte del costato, custodisce il cuore. Quello di Cristo è stato un costato e un cuore trafitto dalla lancia. Quello di san Tommaso è stato un costato e un cuore trafitto dall’amore di Cristo crocifisso, suo Maestro e Signore. San Tommaso esalta l’amore di Cristo crocifisso quando scrive che “la passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù infatti è assente dalla croce. Se cerchi un esempio di carità, ricorda: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Se cerchi un esempio di pazienza, grande è dunque la pazienza di Cristo sulla croce. Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso: Dio, infatti, volle essere giudicato sotto Ponzio Pilato e morire. Se cerchi un esempio di obbedienza, segui colui che si fece obbediente al Padre fino alla morte. Se cerchi un esempio di disprezzo delle cose terrene, Egli è nudo sulla croce, schernito, sputacchiato, percosso, coronato di spine, abbeverato con aceto e fiele” (cfr. Tommaso d’Aquino, Conf. 6). L’amore della croce ha illuminato il cuore e la mente di san Tommaso. La ricerca della ragione umana ha incrociato la fede e l’amore per il Signore crocifisso, ed è diventata vera sapienza con la quale san Tommaso ha indagato, scrutato e insegnato con le opere e con la santità della vita la conoscenza delle molte verità umane e della Verità divina. Con le parole dell’apostolo Paolo, chiediamo a san Tommaso di aiutarci “a comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio” (Ef 3,18-19).

Desidero concludere la meditazione con il riferimento a Fra Domenico da Caserta che, incuriosito, si mise a osservare un monaco (Tommaso) che ogni giorno passava per il monastero a un’ora molto particolare… Prima del Mattutino – pertanto, all’alba – usciva di nascosto dalla sua cella e tornava non appena sentiva la campana della preghiera, allo scopo di non essere visto. Deciso a scoprire il motivo della “fuga”, lo zelante frate una volta seguì il “trasgressore”: scesero le scale, attraversarono un corridoio e infine raggiunsero la cappella di San Nicola, dove il monaco entrò. Poiché ci stava mettendo troppo tempo, il frate decise di entrare e lo trovò in preghiera, sospeso in aria! Inoltre, sentì una voce chiarissima provenire dal crocifisso: «Tommaso, hai scritto bene di Me. Quale ricompensa vuoi per il tuo lavoro?». San Tommaso rispose, con candore e semplicità: “Nient’altro che Te, Signore!”.

Signore Gesù, aiuta i tuoi discepoli a conoscerti e amarti con tutto il cuore, al di sopra di tutto e di tutti, per non desiderare nient’altro che Te, Signore.  Interceda per noi la Madonna del Suffragio, Madre e Discepola del suo Figlio. Amen.

                                                                                                          + Gerardo Antonazzo

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