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Omelie

Consacrati a Dio per i fratelli – Omelia per la giornata della Vita Consacrata (Cassino-Monastero S. Scolastica, 2 febbraio 2024)

CONSACRÀTI A DIO PER I FRATELLI

Omelia per la Giornata della Vita Consacrata
Cassino-Monastero S. Scolastica, 2 febbraio 2024

 

 

Carissime consacrate e consacrati,

la nostra meditazione fa riferimento al testo della lettera agli Ebrei proclamato oggi, perché l’autore mostra come il tema dell’incarnazione fosse ritenuto fin dai primi cristiani un punto fondamentale, in vista del sacrificio della Croce, sacrificio che rompeva tutti gli schemi precedenti con cui Dio si era manifestato. Il testo offre una preziosa chiave di lettura, e getta una interpretazione importante circa la Presentazione del Bambino, portato da Maria e Giuseppe a Gerusalemme come è scritto nella legge del Signore.

 

In tutto simile ai fratelli

L’entrata di Gesù nel Tempio rimanda a quanto lo stesso autore ricorda in un altro passaggio della Lettera: “Entrando nel mondo, Cristo dice: Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti né sacrifici per il peccato. Allora ho detto: “Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà” (cfr Ebr 10,5-7). L’ingresso nel Tempio consacra la partecipazione di Cristo alla nostra condizione umana, lo rende solidale con ciò che i figli hanno in comune, il sangue e la carne. Per questa sua prossimità alla condizione umana, Cristo della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto sime ai fratelli, e finalmente poter liberare quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita. Per questa ragione Gesù è riconosciuto come sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio. Il sacerdozio di Cristo supera definitivamente ogni tentativo fallimentare del sacerdozio antico, perchè nell’offerta sacrificale non di animali ma di se stesso sulla croce, può finalmente dare compimento alla nuova ed eterna alleanza, patto di riconciliazione e di pace tra Dio e l’uomo.

Misericordioso e degno di fede

Per definire le qualità fondamentali del sacerdozio di Cristo, l’Epistola agli Ebrei adopera due aggettivi ricchi di senso: “degno di fede” e “misericordioso”. Cristo doveva “divenire un sommo sacerdote misericordioso e autorevole” (Ebr 2,17). Questi aggettivi esprimo­no aspetti diversi, e un in parte anche contrastanti del sacerdozio di Cristo: un aspetto di umiltà e un aspetto di gloria, un aspetto di solidarietà umana ed un aspetto di autorità divina (degno di fede). Tutto il valore del sacerdozio di Cristo proviene dalla perfetta unione in Lui delle due qualità fondamentali: Cristo è sacerdote autorevole e misericordioso: “Possiede insieme l’autorità più alta e la compassio­ne più tenera. Ciò che assicura l’unione perfetta dei due aspetti è il modo stesso in cui Cristo ha raggiunto la sua posizione gloriosa, cioè non separandosi dagli altri uomini, ma spingendo fino all’estremo la sua solidarietà con essi. Cristo è arrivato alla sua gloria attuale per la via della sua Passione, cioè per la via delle sofferenze uma­ne e della morte umana” (A. Vanhoye). Su questo aspetto, l’autore sofferma il suo pensiero e approfondisce: “Non abbiamo un sommo sacerdote incapace di compatire le nostre infermità, ma uno che è stato trovato in ogni cosa a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia per un aiuto al momento opportuno” (Ebr 4,15-16). L’insieme del contesto mostra una vera solidarietà che paga di persona (2,16) e porta soccorso (2,18). Egli fa comprendere che, per compatire veramente, bisogna aver patito di persona, essere passato attraverso le stesse sofferenze e le stesse prove.

Consacrati nella fraternità

Cari consacrati,

il vostro stato di vita è radicato in quella chiamata battesimale che la vostra consacrazione tende a portare a perfezione per meglio corrispondere alla volontà di Dio su di voi. Lo comprendiamo bene proprio alla luce delle qualità del sacerdozio di Cristo, nel quale possiamo riscoprire e riconsiderare in modo generativo anche la duplice dimensione della vita consacrata: consacrati a Dio per amare i fratelli, a partire dalla propria comunità. Basti pensare alla cura degli ammalati, dei poveri, degli ultimi, dei migranti, che tanti consacrati esercitano quotidianamente verso queste categorie di persone. Chiamati a testimoniare l’Assoluto di Dio nella vostra vita, rimanendo solidali nella compassione gli uni per gli altri. Le due prospettive si affratellano continuamente, e si alimentano reciprocamente. La consacrazione v definisce “separati” dal mondo, per testimoniare a favore del mondo il primato di Dio, Bene sommo e fine ultimo dell’esistenza umana. Vivere in modo autorevole e credibile la consacrazione significa accreditarsi presso Dio per la qualità e lo stile dell’appartenenza a Lui, rispondendo con fedeltà ai consigli evangelici assunti come regola e condizione di vita ordinaria. “La professione dei consigli evangelici, quantunque comporti la rinunzia di beni certamente molto apprezzabili, non si oppone al vero progresso della persona umana, ma al contrario per sua natura le è di grandissimo profitto. Infatti i consigli, volontariamente abbracciati secondo la personale vocazione di ognuno, contribuiscono considerevolmente alla purificazione del cuore e alla libertà spirituale, stimolano in permanenza il fervore della carità” (Lumen gentium, 46). La vostra consacrazione vi rende partecipi della compassione di Cristo verso gli uomini. Cristo ha condiviso la croce dei più provati tra di noi, per legarsi a noi con tutte le fibre della sua umanità rimodellata dalla sofferenza e dall’amore. La misericordia di Cristo è un sentimento tutto permeato d’umanità, è la sua compassione verso i propri simili.  Non il sentimento superficiale di chi si commuove facilmente, ma un impegno profondo di tutto l’essere. La misericordia così concepita assicura una relazione tenera e fonte di autentica fraternità, da tessere quotidianamente con passione a partire dalla vostra vita comunitaria.

Cari amici,

è impensabile l’appartenenza a Dio vivendo divisi, ovvero indifferenti ai fratelli o alle sorelle. Se è inimmaginabile l’unione con Dio e la fedeltà ai consigli evangelici senza varcare la frontiera non sempre facile e pacifica della vita fraterna, allo stesso modo è ininfluente, anche sofferta a volte, la relazione fraterna senza una vita gradita a Dio, costantemente alimentata dall’appartenenza al suo amore esclusivo e assoluto.

 

+ Gerardo Antonazzo