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«Come san Benedetto, la nostra vita sia lode della gloria di Dio». Celebrazione del vescovo Gerardo Antonazzo ad Arpino domenica scorsa, con i fedeli e la comunità monastica delle Benedettine

«La vita e l’insegnamento di San Benedetto da Norcia ci spingono ancora oggi a cogliere l’urgenza di individuare nel Vangelo la forza trainante per l’edificazione di una rinnovata convivenza umana, soprattutto nel contesto del continente europeo, che lo celebra come suo patrono principale». Così il vescovo diocesano monsignor Gerardo Antonazzo si è rivolto nel pomeriggio di domenica scorsa 11 luglio, festa liturgica di San Benedetto, ai fedeli e alla comunità monastica delle Benedettine di Arpino, nel corso della celebrazione che ha presieduto nella chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo (antica prepositura benedettina, accanto alla quale sorge il suggestivo monastero delle claustrali, secondo un’antica tradizione fondato da Santa Scolastica, sorella di Benedetto). Nella sua omelia, il vescovo ha parlato del carisma del Santo Abate come di qualcosa di cui «si avverte un forte bisogno anche ai nostri giorni, segnati, come quelli in cui visse Benedetto, da un forte degrado spirituale, morale e sociale». Anche oggi, in definitiva, è necessario attingere ancora al grande patrimonio della Regola benedettina, edificata sulla preghiera, la vita fraterna e il lavoro, «quei cardini – ha rimarcato Antonazzo – della vita monastica che sono espressione della comune vita cristiana, seppur vissuta in una forma di particolare radicalità». L’esperienza monastica, sorta tra V e VI secolo a Subiaco e culminata a Montecassino, deve essere infatti un punto di riferimento per tutti i battezzati e per la testimonianza di un cristianesimo vivo che sappia irradiare la sua bellezza nella società e nella cultura di oggi.  Facendo riferimento, in particolare, all’inno cristologico della Lettera di San Paolo agli Efesini, proposto dalla liturgia domenicale, il vescovo ha definito quella di San Benedetto «un’opera volta a far diventare ogni creatura lode della gloria di Dio, che significa in sostanza essere manifestazione del Dio di Gesù Cristo nella storia personale e sociale». In tal senso, per Antonazzo, celebrare i Santi deve voler dire riscoprire quella chiamata fondamentale di ogni cristiano alla santità, ricevuta nel dono del Battesimo. Il vescovo ha infine auspicato che «il monachesimo sia anche oggi manifestazione dirompente di quel che la grazia di Cristo può compiere nella vita di ogni creatura».

Con mons. Antonazzo hanno concelebrato il parroco di S. Andrea – S. Vito padre Juan Lujan, dei Missionari Identes, e alcuni sacerdoti diocesani. Al vescovo è andato il sentito grazie della comunità claustrale delle Benedettine, manifestato dall’abadessa Madre Maria Cristina Pirro.

Testo: Augusto Cinelli

Foto: Gianna Reale