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45ª Giornata per la Vita

Marina Casini interviene a Cassino per una “cultura della vita”

Quest’anno la Giornata per la Vita, che in Italia compie 45 anni, è stata celebrata a Cassino nella Sala degli Abati in piazza Corte con un leggero anticipo, il sabato 4 febbraio anziché la domenica, ma con la stessa determinazione e convinzione degli altri anni. Il tema era stato individuato dalla Conferenza Episcopale Italiana in maniera molto acuta ed attuale: “Per una cultura della vita. La morte non è mai una soluzione”. E spiegava: «Dio ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte (Sap 1,14)». L’auspicio dei Vescovi: questo appuntamento “rinnovi l’adesione dei cattolici al ‘Vangelo della vita’, l’impegno a smascherare la ‘cultura di morte’, la capacità di promuovere e sostenere azioni concrete a difesa della vita, mobilitando sempre maggiori energie e risorse”.

Per riflettere su tali argomenti delicati e scottanti, l’Ufficio diocesano per la Pastorale della Famiglia ha invitato Marina Casini, Presidente nazionale del Movimento per la Vita Italiano, Docente di Bioetica presso l’Università del Sacro Cuore a Roma e, aggiungiamo, figlia dell’on. Carlo Casini, giurista, magistrato, europarlamentare, a lungo Presidente del Movimento per la Vita e ideatore dei Centri di Aiuto alla Vita. Svariate volte era venuto a Cassino per altre edizione della Giornata per la Vita a portare la sua parola sempre illuminante, in molti lo ricordiamo nitidamente. E, se è vero che buon sangue non mente, la prof.ssa Marina non è stata da meno. Introdotta da Marco De Angelis, che ha voluto ricordare suo padre anche con un video, si è soffermata sulla cultura dominante che, pretendendo di considerare l’aborto un “diritto” delle donne, lecita la maternità surrogata o “medicalmente assistita” perché giusta la pretesa di un figlio “ad ogni costo”, legittime le sperimentazioni scientifiche sull’essere umano, condivisibile la teoria della fluidità di genere, misericordioso il suicidio assistito e via discorrendo, in pratica tende a disconoscere e distruggere i Diritti umani, quelli sanciti nella Dichiarazione universale dei Diritti umani, documento adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. La cultura che oggi reclama i “nuovi diritti civili”, in realtà è una minaccia ai diritti umani: l’aborto non è un gesto di libertà, ma di sopraffazione. Ogni atto, infatti, è ingiustizia se sopraffà il diritto di un altro. La libertà degli altri è uguale e inerente alla propria, la persona umana – in quanto tale – ha una dignità, che è un valore intrinseco di ogni essere umano. Noi non vogliamo né dobbiamo giudicare le persone, ha detto la relatrice, ma non dobbiamo assuefarci a questa cultura ideologica che è una cultura “dello scarto”, che vuol portare avanti la dissoluzione della famiglia non riconoscendola – come il Diritto da sempre riconosce – fondamento della società. È una mentalità troppo impregnata di individualismo e materialismo, che per propagarsi sfrutta le difficoltà delle persone (chi non vuole un figlio, chi lo vuole a tutti i costi, chi ha in famiglia un malato grave…), è una cultura di morte. E la morte non è mai una soluzione.

Noi siamo chiamati a diffondere, con comprensione umana, la cultura della vita, che difende la visione dell’uomo. Per questo, ha spiegato la Casini, dobbiamo usare franchezza e amore, cioè parlare secondo verità e carità; avere tenacia operosa, umiltà e fiducia; capacità di tessere relazioni, di fare unità, di dialogare; difendere i diritti umani con argomentazioni razionali ed uno sguardo che non sia in chiave egoistica. Nella struttura genetica di ogni uomo c’è tutta la storia umana e questo è il valore e il senso del creato. Occorre uscire dalle secche dell’individualismo e del materialismo, allora vale la pena di vivere: questa è l’anima della cultura della vita.

Un discorso così denso non poteva non suscitare domande e dibattito, cosa che infatti si è puntualmente verificata cominciando dalle parole del moderatore, che hanno indotto la Casini a raccontare come suo padre magistrato, chiamato a fare nel 1975 un’ispezione a Firenze in un centro dove si praticavano aborti illegali per portare avanti la campagna di legalizzazione dell’aborto, ebbe l’intuizione di far nascere i Centri di Aiuto alla Vita, ideati e creati proprio da Carlo Casini. Da allora i CAV hanno salvato 258mila bambini. Altre domande, nuove risposte, in un clima di interessata attenzione, grazie ad una relatrice d’eccezione alla quale va la gratitudine di tutti i presenti.

Adriana Letta