Una straordinaria esperienza comunitaria di Misericordia

Metti un pellegrino forestiero che chiede ospitalità

La fantasia della Provvidenza è fenomenale. Mette alla prova attraverso un evento o un incontro inaspettato, una situazione inedita da fronteggiare che mette in imbarazzo, in difficoltà, in dubbio… Ma se ci si fida di Dio e si attraversa la porta della Misericordia, è ad attenderci una insperata e mai vista gioia che ha dell’incredibile.

Metti un giorno ordinario di un Tempo (liturgico) Ordinario, l’11 gennaio, una parrocchia (S. Antonio di Padova in Cassino) in cui il parroco (Don Benedetto Minchella) è fuori sede perché impegnato negli esercizi spirituali con il clero e con il vescovo. Metti che si presenta un pellegrino sconosciuto e straniero che chiede ospitalità. Che fare? Chi deve prendere la decisione? Ci si può fidare? Sarà davvero un pellegrino? Ci si consulta tra il viceparroco, Don Gabri, l’aiutante e braccio destro, Francesco Paolo, gli operatori pastorali, si telefona al parroco…

Ma è chiaro: siamo nell’Anno Santo straordinario della Misericordia e Dio ci manda questo pellegrino per insegnarci ad usare misericordia. Una delle sette opere di misericordia corporali non è forse “Alloggiare i pellegrini”? Ebbene, mettete a disposizione la sala S. Antonio, dategli tutto quello di cui ha bisogno, accoglietelo! Inequivocabile la risposta del parroco.
Lui, il pellegrino, è Albino, un giovane sui trent’anni originario di Lourdes, che è andato a piedi a Gerusalemme e in Terra Santa ed ora è sulla strada del ritorno, passando per Santiago de Compostela. Francesco si informa presso l’hotel di Lourdes dove tante volte ha alloggiato durante i suoi pellegrinaggi, perché Albino abita proprio lì vicino e gli confermano tutto: è cittadino francese di Lourdes, sta compiendo questo cammino (sono già due anni e mezzo!) anche come percorso spirituale di discernimento.

E si scatena una gara di accoglienza! Non è il parroco ma tutta la comunità parrocchiale! Chiunque può si mette a disposizione, per cucinare, per dargli quanche indumento pulito, procurargli una doccia calda, vestiario… ma qualcosa di usato, perché lui non vuole vestiti nuovi né soldi, a volte non sa come lavare i panni. E’ gentile e disponibile con tutti, aiuta in cucina, sbuccia le patate, ogni tanto lo trovano in chiesa, in particolare nella nuova cappellina della Vergine di Lourdes… Il suo sguardo è profondo e luminoso, trasmette pace, come chi è abituato al silenzio, ad osservare e a meditare, a godere degli spettacoli della natura, a procedere con ritmi rallentati e non agitati e frenetici, si vede che si affida totalmente a Dio e si è molto esercitato a guardare all’essenziale, quello che, secondo “Il piccolo principe”, è “invisibile agli occhi” ma è la parte migliore.

Le catechiste si organizzano non solo per fare accoglienza, ma per far fare un’esperienza così interessante ed unica ai ragazzi della catechesi. Nel pomeriggio avviene l’incontro. I bambini sono incuriositi da un personaggio così insolito e gli rivolgono domande su domande. Lui sorride e risponde a tutti con la calma imparata nei lunghi mesi di cammino solitario. A volte, i bambini hanno anche troppa furia nel fare domande! Racconta una catechista: “I bimbi hanno fatto molte domande e fin da subito si sono incuriositi e dimostrati interessati, anche se qualcuno ha “faticato” un po’ a stare buono, comunque hanno chiesto perché ha deciso di partire, chi è il pellegrino, cosa ha portato con sé, se ha incontrato sempre persone buone, se ha avuto mai paura, se si è ammalato, se i genitori sapevano che voleva partire, da dove viene, dove è stato, dove andrà e come. Lo hanno sommerso di domande, lui è stato gentilissimo, ha risposto a tutti. Abbiamo cercato di aiutarlo con le parole ma lui debbo dire che se l’è cavata benissimo. Alcune risposte che ci ha dato sono veramente belle”.

Stamattina il pellegrino francese è ripartito. La comunità, si può ben dirlo, ha dato una gran prova di sé. In particolare gli operatori pastorali, come dimostrano le loro conversazioni sul gruppo WhatsApp, che riportiamo tra le foto, in tutta la loro immediatezza e simpatia. Per tutti è stata un’esperienza bellissima e arricchente.

Raccontare tutto questo non è certamente per fare pubblicità al bene che si fa, ma per testimoniare la misericordia di Dio che è grande, commenta così Francesco Paolo Vennitti. E aggiunge: “Non bisogna solo saper perdonare e chiedere perdono, ma imparare quali sono i mezzi per poter perdonare. Secondo me è anche un cammino di “deserto” che aiuta a comprendere chi siamo, dove andiamo e soprattutto chi cerchiamo”.

Già, avventurarsi in un pellegrinaggio a piedi da solo come ha avuto il coraggio di fare Albino, significa non certo fare del “turismo religioso” come a volte intendiamo oggi i pellegrinaggi, ma mettersi nelle mani di Dio, accettare in anticipo tutto quello che ci capiterà, dalla fatica fisica agli incontri e agli imprevisti, piacevoli o meno, confidare sempre e comunque nel suo aiuto, mettere in gioco tutta la propria persona, fisica e spirituale, in un itinerario continuo di ricerca di sé, di Dio, degli altri, un percorso duro e misterioso, poetico e profetico. Di sicuro affascinante, un po’ come si legge nei “Racconti di un pellegrino russo”. Grazie, Albino. Grazie, Provvidenza divina, che hai regalato un’esperienza di misericordia così profonda e toccante, indimenticabile.

Adriana Letta

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