Si è fatto carne ed abitò fra di noi

Natale del Signore – Messa del Giorno

            Giovanni, il grande evangelista e teologo mistico, riflettendo sull’evento dell’Incarnazione non ha dubbi: quella Parola che era Dio, perché era in principio presso Dio, è venuta nel mondo, si è fatta carne ed abitò fra di noi. Il Dio con noi, la grande profezia di Isaia, finalmente si è realizzata anche da un punto di vista fisico. Il Signore ha voluto prendere una dimora materiale, un corpo, una dimensione per farsi vedere, toccare, ascoltare.

            Così abbiamo Dio tra noi visibilmente in forma d’uomo, di bambino, di persona di carne che vuole portarci verso l’alto.

            La presenza fisica dell’unico e vero Dio in mezzo a noi ha un valore altamente oggettivo. Dio non è qualcosa che l’uomo soggettivamente e personalmente può adattare ai suoi gusti ed alle sue esperienze. Dio può essere uno solo: quello che storicamente si è rivelato ed identificato con Gesù Cristo.

            E’ questa la grande luce dell’Incarnazione! Andare a tentoni, un po’ smarriti dalle espressioni le più diverse della fede dei popoli trova la sua conclusione davanti all’esperienza del Bambino Gesù, Dio fatto uomo. Fu questa l’esperienza dei primi pastori che adorarono il bambino e dei magi che vennero da lontano, dall’oriente, per adorare lo stesso mistero. I greci di Atene ebbero da San Paolo questa precisa rivelazione: tra i tanti dei che si adorano uno solo è quello giusto: Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.  In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo … (At 17, 25-28).

            Il politeismo greco era inclusivo di sempre nuove divinità, semmai gli uomini se ne fossero scordata qualcuna.  Per questo anche Cristo o il predicatore di Cristo poteva essere ascoltato all’Areopoago di Atene, la grande assemblea popolare della città dove si amava più che altro il parlare o il sentir parlare (Cf. At 17, 21), un po’ come oggi che i talk show surclassano le lezioni di metafisica.

            Le tematiche paoline, pur nutrite di grande rispetto verso i pagani, non ammettono una pluralità di dei ma solo quel Dio “ignoto” che egli vuole rivelare, che giudicherà il mondo e che ha prova di divinità per essere risuscitato dai morti (Cf. At 17, 22-31). Queste cose ovviamente scandalizzavano i pagani di allora, come ancora i benpensanti mondialisti di oggi che sono fautori di una nuova religione globale che inserisca in sé compatibilmente tutte le religioni, cosa che equivale sostanzialmente all’ateismo o al panteismo visto che come diceva giustamente Sant’Epifanio di Salamina: Se tutte le religioni sono uguali, ciò vuol dire che Dio non esiste…

            Ma torniamo alla franca disamina giovannea dell’evento dell’Incarnazione. Quel Dio fatto uomo e venuto nella nostra carne non è stato accolto.

            Sembra ancora oggi alla maggior parte delle persone un fenomeno marginale, il dio di un piccolo gruppo che sempre più si riduce fino ad appiattirsi con il pensiero comune che è una melassa socialista e antropologica sul benessere umano e naturale del cosmo. La parola Grazia appare con molta insistenza nel Vangelo di Giovanni. Da lui abbiamo ricevuto grazia su grazia … la grazia e la verità vennero per mezzo del solo Gesù Cristo.

            E’ la Grazia che viene da Cristo, la parte più preziosa di Lui. Che sia venuto o no non avrebbe nessuna importanza se non avesse comunicato questa sostanza nuova, l’essenza intima del proprio essere, la Grazia, il dono dello Spirito Santo su quanti camminavano nelle tenebre e nell’ombra di morte (Sal 106, 10).

            La Grazia si coniuga con la verità. Non ci sarebbe misericordia, il corrispettivo pratico della Grazia, se essa fosse fuori della verità. Non si può usare misericordia infatti verso chi non è pentito, cioè non ha ancora riconosciuto la verità, come al contrario non si può perseguitare o infliggere qualsiasi violenza, anche minima, a chi cammina con rettitudine.

            La Grazia è l’aggiustamento della situazione di violenza e sopruso, l’abolizione dell’ingiustizia, in definitiva il giudizio di Dio sul mondo. La misericordia prevarrà ma solo per quelli che l’hanno accolta. Viceversa rovinerà fragorosamente l’inganno e la menzogna, coloro che si fidano delle loro parole o dei loro beni, coloro che non hanno pensato a mettere realmente Dio al centro della vita. Il Celeste Bambino di Betlemme si manifesta per la Grazia che porta, oltre che per il rifiuto che subisce. Le due cose sono sempre andate insieme nella storia: il portatore di grazia è anche il perseguitato principale a causa della giustizia (Cf. Mt 5, 10).

            Questa Grazia, di ogni genere e specie, è legata solo a Gesù, il bambino nato a Betlemme con genitori raminghi e fuggiaschi. Egli rivela il Padre al mondo, l’uomo a se stesso, Dio all’uomo. Ci guidi la Vergine Santa a vivere in pienezza il rapporto con Cristo, la sua Signoria nella vita di Grazia, la sua bontà infinita che per mezzo del suo  grembo benedetto è data anche a noi. La La Piena di Grazia  ci aiuti a gustare l’Autore dell’unica Grazia.

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P.Pio

 

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