Se è vero che abbiamo ricevuto il dono della vita, sta a noi scegliere di esistere

Nel giorno del Santo Natale abbiamo contemplato l’evento della nascita di Gesù a Betlemme, cogliendone tutta la fragilità di un bimbo appena nato e constatando insieme la fragilità dell’uomo incapace di accogliere il dono di Dio fatto bambino. Oggi con la Festa della Santa Famiglia di Nazareth ci viene proposto di continuare a contemplare l’immagine di Gesù bambino che  «cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui» (Lc 2,40). Un bimbo che cresce spiritualmente, umanamente, simbolo dell’esperienza umana e dei propri limiti. Ancora una volta è a noi mostrato il desiderio grande di Dio di incarnare tutta la nostra umanità fuorché il nostro peccato. Una umanità accolta e condivisa da Gesù partendo dall’obbedienza ai suoi genitori. Mediante l’ambiente familiare è inserito nell’umanità del mondo, conosce le attenzioni dei suoi genitori, ne dipende totalmente sino ai primi tempi della sua vita. Impara ad essere uomo di relazioni e di amore. Con Giuseppe e Maria impara a conoscere anche un contesto religioso in cui è inserito a partire dalla sua nascita e secondo le prescrizioni della Legge è inserito nel “Popolo dell’Alleanza”, con  la sua presentazione al Tempio. Presentazione che sino a quel momento chiedeva offerte destinate ad espiare le colpe dell’uomo. Presentato al tempio, Gesù non ha bisogno di alcun pagamento come riscatto, perché è lui stesso il riscatto, non per se stesso, ma tutti gli uomini. Non viene santificato, come esigeva la Legge per ogni primogenito, ma viene riconosciuto Santo. È proprio nel Tempio che Gesù viene riconosciuto quale “Messia Atteso”, mediante due anziani, Simeone e Anna, che  attendevano la venuta del Messia. Illuminato dallo Spirito santo, Simeone accoglie tra le sue braccia il bambino e innalza a Dio il suo canto di benedizione. Anna, che da tanti anni serviva il tempio giorno e notte senza mai allontanarsi,  costantemente al servizio di Dio con digiuni e preghiere, anch’essa giunta all’incontro con Gesù, loda Dio e annuncia con gioia l’incontro con il bambino quale Redentore e Salvatore. Incontrare il bambino Gesù non è un incontro qualunque, è un incontro speciale… che cambia la vita. La vita di Giuseppe e Maria, di Samuele e Anna… perché in lui si manifesta nella storia il disegno d’amore realizzato da Dio in un cammino di obbedienza,  alla sequela di Gesù. La vicenda di Abramo e Sara menzionate nella prima lettura e quella di Maria e Giuseppe del Vangelo, ci ricordano che l’opera di Dio si compie attraverso un cuore che si apre alle sue indicazioni in un itinerario di fede. Che cos’è che caratterizza un vero itinerario di fede? L’obbedienza alle leggi del Signore, alla sua Parola e al suo progetto e nella capacità di attenderne il compimento con la disponibilità a stare in cammino. Cosa vuol dire tutto ciò con noi?  Se è vero che abbiamo ricevuto il dono della vita, sta a noi scegliere di esistere: esistere, infatti, ha a che fare con il venir fuori, il venire alla luce rispondendo a un appello, riconoscere, appunto, che c’è qualcosa di più grande di quello che sto vivendo. Ascolto e offerta sono i due binari sui quali si snoda una vita di fede, un ascolto colmo di fiducia e un’offerta che esprime la consapevolezza di essere protagonisti di qualcosa. Ascolto e offerta sono i due ingredienti di cui più necessitano i nostri nuclei familiari.  Ascolto dell’altro e disponibilità a sacrificarsi per lui.

 – Don Ercole Di Zazzo

Categorie: Pillole di formazione

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