Padre Stefano della Madre di Dio, religioso passionista

Padre Stefano della Madre di Dio, religioso passionista (1921-1947)

di Lucio Meglio

 

«Il cenno improvviso del Maestro Divino fermava sul solco incompiuto la sua vita generosa spezzando i sogni e le speranze di quanti lo piangono». Così il necrologio introduce la breve vita di questo religioso passionista di cui in questo anno ricorrono i settanta anni dalla sua chiamata al cielo. Giuseppe Di Ruscio nasce a Sora il 16 novembre 1921 da Crescenzio e Teresa Tersigni.

Frequentando l’ambiente religioso della sua città natale, in occasione delle funzioni religiose e del doposcuola pomeridiano, il piccolo Giuseppe manifestò il desiderio di entrare nell’Ordine dei Passionisti che conobbe nel vicino ritiro di S. Maria degli Angeli. Per il discernimento della vocazione religiosa, fu accolto per un breve periodo nel seminario diocesano e poi, sedicenne, al noviziato di Paliano dove vestì l’abito passionista il 5 dicembre 1938, ricevendo il nuovo nome di Stefano della Madre di Dio e impegnandosi a vivere la regola e lo spirito di san Paolo della Croce.

Religioso buono, di quella bontà umile, serena ed ilare, padre Stefano svolse gli anni di studio in vari ritiri della provincia, arrivando all’ordinazione sacerdotale il 21 gennaio del 1945. In questi anni la formazione religiosa ricevuta dalla famiglia ricevette l’impronta definitiva nello studio e nella conoscenza della Sacra Scrittura e della letteratura patristica e nell’acquisizione della spiritualità passionista. I primi anni passarono nel silenzio e nel nascondimento del convento di Paliano. Da qui, nei terribili anni della seconda guerra mondiale, i superiori lo destinarono all’alunnato di Calvi Risorta, dove prodigò le sue migliori energie a favore dei giovanetti aspiranti alla vita passionista, riscuotendone stima ed affetto. A differenza di altri docenti, padre Stefano – che insegnava varie discipline – si distinse per benevolenza, che a volte qualcuno riteneva eccessiva e in contrasto con la tradizione dell’Ordine.

Il 5 giugno del 1947 il religioso accusò un forte malore. Visitato dall’infermiere del ritiro, fu condotto all’ospedale di Napoli, dove rimase ricoverato fino al giorno 9. Il giorno seguente fu trasportato di nuovo d’urgenza a Napoli, dove qualche ora dopo il suo arrivo, a causa di un’emottisi, alla giovane età di ventisei anni, di cui nove di professione, morì.

La bontà di questo religioso ci viene rappresentata da un racconto presente nella sua necrologia: «pochi giorni soltanto prima della sua dipartita egli aveva donato agli Alunni un “Tributo quotidiano”, lasciando così raccomandata, nella tragica serietà della morte, la devozione a Maria.   Quella ch’egli chiamava “la nostra buona Mamma”. Su un foglio da lui composto e dattilografato, cui per caso singolare diede il titolo di: “Voci d’oltretomba”, egli, con parola calda ed accorata, si chiede: “Ha forse la morte distrutto i vincoli che ai nostri cari ci legano?”. Quanti lo conobbero e l’amarono rispondono di no. La morte rinsalda in Cristo i vincoli della carità, che non conosce confini».

 

 

Fonti: Meglio Lucio, Passionisti sorani, Edizioni S. Gabriele, 2015.

Stefano di Ruscio

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