E lo accolse pieno di gioia

XXXI Domenica del Tempo Ordinario, Anno C

Zaccheo di Gerico, capo dei pubblicani e ricco, è amato da Gesù non per le sue ricchezze ma per la sua disponibilità alla conversione. Non è la ricchezza o la povertà materiali che fanno un santo ma il distacco del cuore per essere aderenti alla volontà di Dio.

Perché Zaccheo si converte? Non lo dice il Vangelo. Si sa di lui che vuole vedere Gesù e per questo sale su un sicomoro perché era piccolo di statura. Piccolo di statura ma grande nell’animo perché misteriosamente il suo cuore si è aperto al passaggio del Signore. Gesù che passa non è un’occasione da perdere: Egli è la salvezza. Oggi la salvezza è entrata in questa casa. Gesù ha già deciso, da sempre, che deve fermarsi a casa sua.

E il momento di Grazia, il momento unico ed irripetibile della vita in cui Gesù ti chiama a sé. E Zaccheo che fa? Risponde con sufficienza o con sguardo d’indifferenza? Risponde invece con prontezza e lo accolse pieno di gioia! C’è molta similitudine di questo incontro con Zaccheo con quello che c’era stato con l’apostolo ed evangelista Matteo. Gesù chiama Matteo il Pubblicano dal banco delle imposte e quegli prontamente lo segue. Anche Zaccheo si sente chiamare per nome da Gesù e prontamente scende dall’albero e lo accolse nella sua casa.

Come è diverso questo atteggiamento di Gesù da quello giustizialista e legalista della nostra epoca! Chi ha sottratto beni come Zaccheo e come Matteo non sarebbe trattato con misericordia ma come il peggiore dei delinquenti, peggio di un assassino o di un adultero, perché oggi i beni materiali, “Mammona” (Cf. Mt 6, 24; Lc 16, 13) sono considerati l’unico bene per l’uomo, l’unico vero dio che governa il mondo. Appropriarsi quindi indebitamente di questo dio è un delitto di lesa maestà che va punito con il linciaggio morale e l’infamia eterna.

Gesù certo non ragiona così. A lui interessano le anime, non i soldi. E così salva Matteo dai suoi loschi traffici e ne fa addirittura un Apostolo. Di Zaccheo invece guarda la buona volontà nel restituire il maltolto ed anzi di dare indietro quattro volte tanto il bene che ha sottratto. Anche egli è un figlio di Abramo!  esclama Gesù.

Come siamo distanti da questa visione misericordiosa del Signore! Nessun uomo è perso per sempre, neppure un ricco, ladro e pubblicano! Gesù non si ferma davanti alle etichette sociali, non se la sente di distruggere un uomo solo perché è ricco o perché ha sottratto indebitamente i beni. Per lui è sempre un uomo, anzi una creatura di Dio, anzi un figlio di Abramo, membro del popolo di Dio e quindi destinato al seno di Abramo (Lc 16, 22), che è il Paradiso.

Ciò che distingue la giustizia di questo mondo, che spesso è solo vendetta ed odio spacciato per giustizia, dalla giustizia di Cristo è l’amore per le creature. Il freddo esecutore delle norme sociali considera un delinquente chi ha rubato, anche se restituisce, anzi, anche se restituisce quattro volte tanto. Il Cuore Misericordioso di Gesù vede al di là del gesto illecito per scoprire se nel cuore del ladro vi è ancora un barlume di fede e d’amore.

Non per niente fu proprio un ladro, anzi un ladrone, ad entrare per primo in Paradiso: Oggi sarai con me nel Paradiso … (Lc 23, 43) disse Gesù al buon ladrone appeso con lui sulla croce, in barba al sinistro giustizialismo sociale.

La lotta all’evasione fiscale sembra nel nostro tempo la parola magica per combattere tutti i problemi sociali e risolvere il deficit di denaro pubblico delle moderne democrazie. La caccia alle streghe, la caccia ai sudati risparmi dei cittadini, è iniziata. La caccia all’untore, inteso oggi come uno che nasconde soldi e per questo da considerarsi un delinquente per non dare tutto quello che ha allo stato, è la clava pubblica e sociale da sbattere in testa ad ogni cittadino che abbia un conto corrente. Ovviamente l’ossessiva diffamazione nei confronti dei risparmi privati non è altro che la faccia buonista e feroce di uno stato che vuole solo distruggere i suoi cittadini per esaltare se stesso, le sue caste costosissime ed inadempienti, il suo apparato amministrativo malavitoso ed inefficiente, verniciato di legalità.

Certo questo non è il regno di Dio, ma il regno dei furbi e dei predoni al potere per cui dalle onnipotenti cattedre delle istituzioni si sentono in diritto di decidere sulla vita e sulla morte dei comuni cittadini per bieco interesse personale.

Ma Gesù per fortuna è il Signore, il Re dei re, Colui che domina da sempre (Sal 54, 20). Il figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto. La nostra perduta gente ha urgente bisogno di Cristo che venga a dirci i valori veri da amare e da seguire, l’amore per la virtù per il bene, per la sincerità e l’onestà, la sobrietà e il distacco dalle cose per farci gustare i beni ben più preziosi dello Spirito e della Grazia.

La santa Vergine “Poverella”, ma nel contempo Regina dell’universo, ci aiuti a rivolgere a Cristo tutto il nostro cuore.

P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P. Pio

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