L’illuminazione nasce dalla fede

IV Domenica di Quaresima, Anno A

Ci avviciniamo alla Pasqua ed il primo ciclo di letture festive ci presenta, in questa IV domenica di Quaresima, l’episodio Giovanneo del cieco nato. Sant’Agostino nei suoi commenti a Giovanni dice chiaramente che il cieco è il simbolo della chiesa, orba della vista del suo Signore, ma che per mezzo della grazia e dei sacramenti può recuperare la vista, cioè la fede, e per mezzo di essa arrivare alla salvezza: L’illuminazione del cieco è molto significativa. Il cieco nato rappresenta il genere umano, che fu colto dalla cecità nel primo uomo quando peccò. Come la cecità ebbe origine dall’infedeltà, così l’illuminazione nasce dalla fede (Sant’Agostino, Omelia 44).

Dunque come in tutto il Vangelo di Giovanni, anche il racconto del cieco è molto simbolico. Il cieco che riacquista la vista è il vero discepolo di Gesù che lo segue nonostante tutto, non ha paura di professare la fede in Lui, la bellezza delle sue opere ed infine anche di staccarsi da tutto quel mondo di tenebre che sarebbe la società costituita, guidata dai farisei, maestri del tempio e di una visione semplicemente mondana della vita, non fondata sulla grazia, né sull’intervento di Dio nel mondo che vede in Cristo l’estremo e più alto “Inviato”.

Il cieco, infatti, fu inviato a lavarsi nella piscina detta dell’Inviato (la piscina di Siloe). Spiega Sant’Agostino che quella piscina è il simbolo del Battesimo, necessario per recuperare la vista della fede, perduta con il peccato originale: Il Signore è venuto; e che ha fatto? Ci ha indicato un grande mistero. Sputò in terra e con la saliva fece del fango: il Verbo si fece carne (cf. Gv 1, 14). Col fango spalmò gli occhi del cieco; il quale tuttavia, sebbene così unto, non vedeva ancora. Lo inviò alla piscina di Siloe. L’evangelista si preoccupò di spiegarci il nome di questa piscina, dicendo che vuol dire Inviato. Voi sapete già chi è l’Inviato: se il Cristo non fosse stato inviato, nessuno di noi sarebbe stato liberato dal male. Il cieco si lavò gli occhi in quella piscina il cui nome significa l’Inviato; cioè fu battezzato nel Cristo (Ivi).

Con il fango della sua presenza nel mondo, perché è tale l’unione della divinità con l’umanità, l’unione ipostatica, l’immersione della luce nelle tenebre, dell’acqua purissima della grazia nella terra dell’umanità ferita dal peccato, Gesù riesce ad aprire gli occhi al cieco.

Il gesto, altamente significativo, vuole dire a tutti che non possiamo restare senza sacramenti, altrimenti restiamo totalmente ciechi. Restiamo senza luce ed amore in questo mondo. Restiamo schiacciati dalla tenebra dei nostri peccati.

Purtroppo, come dice San Giovanni nel suo prologo, la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta (Gv 1, 5); e ancora: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie (Gv 3, 19).

Il povero cieco, guarito e miracolato da Gesù, nel cuore più che nel corpo, non è ascoltato, è misconosciuto, è messo a tacere, addirittura è trattato come un peccatore (sei nato tutto nei peccati) oppure come il discepolo di un peccatore (Quest’uomo non è da Dio perché guarisce nel giorno di sabato) pur di squalificare l’evento fondamentale ed ineludibile che è la presenza di Dio nel mondo in Cristo, unico portatore della salvezza.

I farisei dicono che sono discepoli di Mosè: perché sappiamo che a Mosè ha parlato Dio. In realtà la loro osservanza non va oltre la pratica esteriore, l’osservanza del sabato, senza capire che questa osservanza doveva dare gloria a Dio il Quale è venuto a sanare e a perdonare e non ad abbattere e distruggere. Secondo loro il cieco doveva rimanere cieco e Gesù, il Verbo di Dio, non doveva venire nel mondo a salvarci. Secondo loro era sufficiente la legge di Mosè, senza alcuno sviluppo e compimento finale. E così tutti sarebbero rimasti nei loro peccati.

Certo questo faceva comodo ai capi del popolo che avrebbero continuato a dominarlo e a schiavizzarlo nel nome della legge, come fanno tutti i grandi dittatori e le democrazie attuali, ma per quanto tempo? Quanto dura un dittatore sulla terra o un triste esponente della democrazia globale? Non più di un vento di bufera, non più che l’erba del campo che oggi c’è e domani viene gettata nel fuoco. Così il proprio godimento è salvaguardato forse per l’intera durata della propria esistenza terrena … e poi? Si può forse fermare l’azione di Dio? Egli abita nei cieli e la sua volontà è onnipotente. Tutto ciò che vuole il Signore lo compie, nei cieli, sulla terra, nei mari e in tutti gli abissi (Sal 134,6).

Così il Cristo si impose nonostante i farisei che avevano inibito la sinagoga a chiunque credesse nel Cristo: infatti, i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga.

Gesù è stato stabilito supremo giudice del mondo. Lo capiamo dalle sue parole: È per il giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Chi non riconosce Cristo come Dio sarà cieco e vivrà nell’eterna tenebra.

di P. Luca M. Genovese

Fonte: Settimanale di P.Pio

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