Abbronzare l’Anima

“Un missionario in Papua Nuova Guinea si accorse che uno dei suoi nuovi cristiani, un fiero capo della tribù kanaka, alla fine di ogni Messa andava davanti al tabernacolo e vi rimaneva a lungo, dritto come una palma, a torso nudo. Era un uomo molto semplice, che non aveva ancora neppure imparato a leggere la Bibbia. Un giorno il missionario non resistette alla curiosità e gli chiese che cosa facesse, così fermo e silenzioso davanti al tabernacolo. Ridendo, il kanako rispose: “Tengo la mia anima al sole!”.
Il maestro raduna i suoi discepoli e domanda loro: “Da dove prende avvio la preghiera?”. Il primo risponde: “Dal bisogno”. Il secondo risponde: “Dall’esultanza. Quando esulta l’animo sfugge all’angusto guscio delle mie paure e preoccupazioni e si leva in alto verso Dio”. Il terzo “Dal silenzio. Quando tutto in me si è fatto silenzio, allora Dio può parlare”. Il maestro risponde: “Avete risposto tutti esattamente. Tuttavia, v’è ancora un momento da cui prende avvio e che precede quelli da voi indicati. La preghiera inizia in Dio stesso. E’ Lui ad iniziarla, non noi”.

Dopo il lungo anno di lavoro, tra le frenetiche corse e i mille ‘da fare’ del quotidiano, arriva il tanto bramato periodo delle vacanze per molti e per chi ha i giorni di ferie ‘contati’ i brevi week-end o le passeggiate in montagna e al mare.

In ogni caso, le parole d’ordine sono relax, viaggi, vacanze, divertimento, abbronzatura. In questo rovente mese di luglio, è senza dubbio qualcosa di benefico e piacevole godere del riposo quando il nostro corpo lo richiede ed è anche una bella cosa abbronzarsi.

Il nostro spirito però allo stesso tempo richiede un po’ di riposo e di abbronzatura… Così, semplicemente, senza bisogno di cospargere la pelle di alcuna protezione solare, senza temere scottature, se restiamo un po’ con Gesù, che è il nostro Sole, anche il nostro spirito si abbronzerà del colore più dorato che, i Suoi raggi soltanto, sanno effondere.

Ma quando e dove è possibile sperimentare questo incontro con Lui?

Credo sempre. Tutte le volte che invochiamo, lodiamo o ringraziamo il Signore nel nostro cuore a voce bassa durante la giornata, mentre lavoriamo, stiriamo, cuciniamo e offriamo con gioia quelle fatiche a Lui; nell’incontro con gli altri, nei nostri pensieri, in uno sguardo e nelle nostre parole per un fratello o per una sorella, in un piccolo gesto come una carezza o un sorriso, nelle opere, in quel poco che decidiamo di fare o di non fare ogni giorno, per i vicini e per chi ne ha più bisogno; al mattino al nostro risveglio, di notte e alla sera prima di dormire.

Siamo con Gesù ogni volta che siamo a contatto con il creato; non dobbiamo pensare che l’Altissimo si trovi soltanto in chiesa: mi sembra un po’ poco, Lui non si accontenterebbe di stare chiuso in quattro mura. Il Signore è tutt’intorno, è la vita stessa che è il suo grande dono d’amore per noi.

Dunque, per riscoprire la bellezza di adorare Cristo e pregarlo, non ci serve tanto. Ma soprattutto si può farlo ogni giorno, recuperando quella dimensione di Silenzio che favorisce l’ascolto e da cui si eleva la preghiera.

In questo tempo estivo, quando cerchiamo il riposo dal ritmo e dalla fatica del lavoro, ci è data forse la possibilità di un contatto più diretto con la natura e con i suoi preziosi richiami a un silenzio esterno che favorisce il riposo e l’ascolto interiore.

E il Silenzio è forse il modo più consono alla creatura umana per comunicare con il suo Creatore.

Realtà costitutiva dell’uomo, il silenzio è un dono che Dio ha immesso nell’uomo e nel cosmo come una traccia della sua stessa Presenza per vivere nello stupore, nella lode, nell’adorazione, nell’amicizia  con la bellezza ovunque presente.

Si può dire che il Silenzio è Dio presente in noi, è Dio in noi, è l’ineffabile e l’inesprimibile in noi. Senza la dimensione del Silenzio si è meno persona e meno cristiano: manca la dimensione delle profondità, delle radici.

Il Silenzio è un dono ma è anche un compito. Esiste prima di noi ed è indipendente da noi: ci abbraccia, ci attende. Ma noi dobbiamo collaborare, dobbiamo volerlo incontrare ed accogliere.

Nel Silenzio ci si immerge, ci è dato. Non abbiamo bisogno di creare attivamente questo tipo di silenzio: lo respiriamo. Quante esperienze avremmo da raccontare su questo ineffabile Respiro.
Il Silenzio esiste, dentro e fuori di noi ed oltre noi: vuole solo essere scoperto, sentito, ascoltato. Il Silenzio ci avvolge, ci penetra come l’aria, la luce, il sole, ci vuole fare compagnia, ci vuole parlare, istruire, curare, sanare, cibo buono, medicina benefica, profumo inebriante.

E’ puro essere: una qualità che ci fa bene e fa del bene.

Bisogna soltanto che non lo copriamo o lo schiacciamo con i nostri rumori chiassosi.

Il Silenzio è qualcosa che non attira l’attenzione, non si mette al centro, è qualcosa che rinuncia a rendersi interessante. Semplicemente c’è…
Il Silenzio però non lo viviamo solo esteriormente ma anche interiormente ed ha una altezza, una profondità, un’ampiezza ed estensione. E’ dentro di noi come lo spazio che vuole occupare sempre più tutto il nostro essere come l’aria penetra tutti gli strati della vita.

Si tratta di trovare la strada per entrare in questo spazio interiore del silenzio come si entra in una terra sacra, come si entra nella cappella del cuore, nella interiorità profonda della persona, interiorità che esprime la dimensione divina della persona creata ad immagine della divina-umanità di Gesù Cristo.

Silenzio che CREA 

– In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque (Gn 1,1-2).

– Ivi entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: «Che fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita». Gli fu detto: «Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore». Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna (1Re 19,11-13).

Silenzio che CHIAMA

– Il giovane Samuele continuava a servire il Signore sotto la guida di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti. In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del  Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,1-10).

– In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore (Lc 6,12-16).

Silenzio che AMA

– Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?». Gesù gli disse: «Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre». Egli allora gli disse: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza». Allora Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: «Una cosa sola ti manca: va, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni (Mc 10,17-21).

Ripensiamo adesso, per un momento, all’ora tremenda della passione di nostro Signore Gesù. Una passione iniziata nel silenzio terrificante dell’orto degli ulivi. Gesù vive in tutta la sua umanità senza alcun privilegio particolare il dolore dell’abbandono. È in questa solitudine che egli rivolge un’ultima preghiera al Padre perché lo salvi da quest’ora. L’unica risposta: il silenzio.
L’unico rumore, quello del vento che scuote le foglie degli alberi e rende ancora più acuto il dolore dell’assenza del Padre. Questa è l’ora in cui il Padre si ritira nel suo silenzio… non per abbandonare il Figlio ma perché il Figlio, ormai pronto a consumarsi per amore dell’umanità, compia  l’atto supremo e libero di donare la vita per la salvezza di tutti.
Il silenzio del Padre potrebbe sembrare il più grande atto di indifferenza di Dio. È invece il più grande atto d’amore. Ma come ogni atto di quelli, vi sono degli atti d’amore che costano quanto la vita stessa.

Il silenzio del Padre squarcia prima il cuore del Padre, perché Egli riconosce questa come l’unica via per insegnare l’amore all’umanità. Il silenzio del Padre squarcia il cuore di Gesù e lo mette davanti all’ultima decisione… Quella finale.
Nell’ora della passione di Gesù il Padre chiede a noi i figli redenti dal sangue del Figlio, di consolare il Figlio. Lo facciamo scegliendo la via dell’Amore, scegliendo la sua Parola, scegliendo di rimanere con lui sotto la croce. Lo facciamo lasciandoci ispirare dai salmi e dalla parola di Dio nell’Antico Testamento in cui Dio consolava prima del tempo il messia che avrebbe offerto la vita per noi.

– Angela Taglialatela

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