Discorso del prof. Filippo Carcione, amico fraterno e collega del prof. Angelo Molle

Discorso del prof. Filippo Carcione, amico fraterno e collega del prof. Angelo Molle all’Università di Cassino, all’Istituto Teologico Leoniano di Anagni e alla Scuola di Formazione Teologica “S.Tommaso d’Aquino” della nostra Diocesi.

Cara Rita e caro Tommaso,

la vita del vostro papà è un meraviglioso libro d’avventura, un racconto che a pieno titolo entrerebbe in una nota trasmissione intitolata: “Vite straordinarie”. Tanti gli avvenimenti, di cui è stato protagonista, ma al centro un pensiero continuo: voi due, il fulcro di ogni sua iniziativa, di ogni sua premura, di ogni suo respiro, la sua stessa ragione di esistere, l’obiettivo e l’orgoglio delle sue fatiche quotidiane. Nel suo cuore, un ritornello continuo: Rita e Tommaso, Tommaso e Rita. I vostri successi, fossero i risultati scolastici, fossero i progressi musicali di Rita o le vittorie di Tommaso a pallone, erano le fonti della sua gioia, ciò per cui valeva la pena di vivere e di fare tutto il resto. Talora, la sua disponibilità al mondo intero poteva sembrarvi che prendesse il sopravvento: non era così; ogni sui discorso, ogni suo gesto, ogni suo affetto riconducevano a Rita e Tommaso, alla sua casa, alla sua Chiesa domestica edificata sull’unione con l’amata Maria.

E tu, cara Maria,

sii per sempre fiera di quest’uomo formidabile che ti è stato accanto e di cui sei stata la vera musa ispiratrice. Innamorato di te, ti dedicava i passaggi più belli delle nostre amichevoli conversazioni e quel vostro legame, così forte, così sincero, così pulito, faceva scuola vivente non solo a tante coppie consolidate, ma soprattutto alle generazioni più giovani, incoraggiandole al percorso matrimoniale in un tempo non certo favorevole alla tenuta della famiglia. Quella famiglia, che Angelo sentiva tanto forte nei vincoli, come gli avevano insegnato papà Tommaso (che oggi raggiunge in cielo) e mamma Maria, cucendo quel cordone ammirabile con il fratello Don Antonio e la sorella Carolina, circondati dal cognato Fernando e dai nipoti Francesco e Chiara. Una famiglia, di cui, cara Maria, i tuoi genitori Angelina e Tommaso, con tuo fratello Antonio, erano divenuti parte integrante, secondo un DNA ecumenico e caritativo allargatosi a Mario, Paola e Antonio, man mano che i più giovani crescendo creavano nuove relazioni affettive. Un’invincibile armata sotto gli occhi di tutti, solida, efficace e accogliente, come le immani folle di Canneto potevano vedere e apprezzare visitando il Santuario della Vergine Bruna, a cui questa generosa famiglia Molle ha dato la vita, fino a favorirne la gloriosa elevazione a Basilica Pontificia, vanto e luce planetaria della nostra Chiesa locale.

E tu, cara Chiesa locale,

hai goduto di un testimone di fede, che, fino alla sofferenza grande ma dignitosa degli ultimi giorni, ti ha onorato senza risparmio nei campi più disparati, laddove il suo servizio non era mai né occasionale né superficiale, ma uno stile di vita globale e senza pause. Per Angelo non esisteva il grossolano spartiacque tra le “cose di Chiesa” e le “altre cose”: ogni attimo era servizio alla Chiesa, e dunque al Signore, come risposta a una vocazione laicale tatuata sulla sua pelle: fossero i servizi più semplici come vere e proprie opere di facchinaggio manuale o più complessi come la progettazione di Convegni culturali e le edizioni di riviste scientifiche; fossero servizi liturgici come il suono di quest’organo di S. Margherita, da cui Angelo cantò l’esodo escatologico di tanti suoi concittadini e che oggi canta l’ingresso di Angelo nel banchetto della Domenica senza tramonto; fossero i molteplici impegni nel campo dell’insegnamento, dall’ITIS di Isola Liri all’Università di Cassino, dal Seminario di Anagni alla Scuola diocesana di Formazione Teologica, con studenti di ogni ordine, grado ed età da lui tutti considerati come veri figli spirituali.

E voi, cari studenti,

portate alta l’eredità del vostro professore! So la cura che ci metteva nel cercare sempre la mediazione didattica più utile, più aggiornata, più penetrante nella mente e nei cuori: vedeva e rivedeva le sue slides, perché la comunicazione fosse sostanziale e produttiva. Mai cercava l’esercizio retorico o lo sfoggio fine a se stesso, ma sempre la promozione della persona, considerata unica e irripetibile: sapeva che parlare a un adolescente non era come parlare a uno studente universitario, come pure sapeva che parlare alla Terza Età non era come insegnare a dei Seminaristi. E’ stupefacente ripensare a come lo stesso argomento veniva da lui trattato ai vari livelli: e ci riusciva, soprattutto perché al cuore dell’uditorio parlavano non tanto le parole, ma i suoi gesti, la sua attenzione all’altro, che diventava assolutamente preferenziale per i portatori di disagi fisici o sociali. Altrettanto mirabile e pressoché unica era poi la sua capacità di fare squadra, conscio che il docente non è una monade solitaria ma l’elemento di un’orchestra sinfonica, ove l’insegnamento è autorevole solo se frutto di un progetto collegiale, che rispetta il pluralismo delle idee come apporto di ricchezza carismatica, giammai facendolo scadere a teatro di rissa e conflittualità. E ciò Angelo costruiva pazientemente, con la sua dedizione incondizionata, sia sul posto di lavoro, sia in relazione agli amati Insegnati di Religione, di cui è stato a lungo punto di rifermento come Vice-Direttore dell’Ufficio Scuola Diocesano, curandone con me la formazione permanente.

E proprio a me e alla mia famiglia un pensiero finale.

Cari Filippo, Rossana, Rocco e Miriam non sentirete più il trillo continuo del  telefono fino all’ultimo prima della coricata, dove facevo con Angelo il bilancio di una giornata condivisa totalmente in ogni vicenda, che ci riguardava sia in coppia sia individualmente. Ho perso il mio alunno d’un tempo; ho perso l’amico divenuto vero fratello nel corso di tanti anni vissuti in comunione intensa e profonda; ho perso il mio compare spirituale per quel suo bimbo mai nato ma sempre rimasto vivo nella comune memoria delle nostre famiglie; ho perso il collega sorridente e competente che rendeva allegro e scorrevole anche il lavoro più oneroso; ho perso il compagno di merende pronto alle battute e alla sana goliardia da campo scuola; ho perso quello che da antico allievo mi si era trasformato in maestro di vita.

Angelo, dovrò imparare a vivere senza di te, ma non sarà più lo stesso. So però una cosa: il magnifico rapporto di unità, che ho vissuto con te, è una pregustazione anticipata delle relazioni beatifiche che avremo in Paradiso. Aspettami, aspettaci tutti … E quando verremo per restare insieme nel gioioso Campo Scuola dell’eternità, Angelo, ti prego, non fare scherzi!

Filippo Carcione

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