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Pontecorvo

Trent’anni di “Porta Aperta”

A Pontecorvo il convegno, con il vescovo di Rieti mons. Vito Piccinonna, per ricordare l’importante traguardo del Centro di ascolto zonale

 

Si è svolto giovedì 22 giugno 2023, presso il Centro Pastorale “Sacro Cuore” di Pontecorvo, il convegno per celebrare il 30 ° anniversario della Caritas Zonale Centro d’ascolto “Porta Aperta”. Sono stati invitati al convegno il nostro Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo, il Vescovo di Rieti Mons. Vito Piccinonna, il direttore della Caritas Diocesana don Akuino Teofilo, il Sindaco di Pontecorvo dott. Anselmo Rotondo e i sacerdoti del territorio. Tante sono state le persone che hanno partecipato al convegno per una riflessione sul tema proposto dagli organizzatori: “Carità è il nome concreto del Vangelo”. La conduttrice del convegno, Antonella Varone, ha presentato gli ospiti dando la parola per primo al direttore della Caritas “Porta Aperta” Luigi Mancini il quale, dopo aver ringraziato tutti della loro presenza, ha ripercorso la storia del Centro d’ascolto da quando Suor Letizia Magoni l’aveva aperto nel 1993 fino ai nostri giorni. Ha illustrato le attività che vengono svolte,come vengono accolte le persone bisognose, le problematiche da affrontare.

Successivamente c’è stato il saluto del Sindaco di Pontecorvo che ha rimarcato la collaborazione che c’è sempre stata con la Caritas rinnovando il suo impegno per una sempre più incisiva azione comune.

La parola è passata poi a don Akuino il quale ha ricordato come proprio in quegli anni della nascita di “Porta Aperta” il direttore di allora, don Antonio Lecce, abbia gestito la transizione dalla POA (Pontificia Opera di Assistenza) alla Caritas secondo i dettami del Concilio Vaticano II. Ha ricordato i sevizi che offre la diocesi: la Casa Famiglia di Arpino, le mense per i poveri di Sora e Cassino, il dormitorio e le varie cooperative e associazioni che operano con la Caritas. Ha tenuto a precisare che la Caritas non è sinonimo di carità perché la carità in sé è visibilità, attualità dell’incarnazione e anche in un certo senso attestazione del sacramento della redenzione e questo messaggio dovrebbe venire fuori dalle tante opere che compie la Caritas. Tutto quello che fa la Caritas è in nome della chiesa, come missione della chiesa, come evangelizzazione della chiesa.

Il Vescovo di Rieti, Mons. Vito Piccinonna, ha voluto ricordare come, fin dalla creazione, Dio ha voluto dare all’uomo una compagnia perché l’uomo ha bisogno di una relazione, che la comunione fa parte della nostra vita e la prima carità va vista nella propria famiglia. La carità che noi facciamo è una restituzione alle persone meno fortunate di noi, noi cristiani abbiamo la grazia di essere comunità e la comunità è come un salvagente. Ha continuato dicendo che si parla spesso di invisibili, dobbiamo invece parlare di non veduti perché se diciamo che esistono gli invisibili li colpevolizziamo due volte: primo perché sono poveri, secondo perché non si fanno vedere, ecco perché se le nostre comunità fanno veramente l’ascolto della Parola di Dio non possono non andare verso gli altri. Ha poi ricordato che la prima via della carità è la giustizia ed è importante che ognuno faccia bene la propria parte e che dobbiamo farla insieme. Al termine dell’intervento ha detto che forse i poveri più poveri sono proprio i giovani a cui è stato negato il futuro, un giovane senza futuro non è giovane. Una delle ricchezze che la comunità cristiana può mettere a disposizione è l’educazione. Abbiamo bisogno di saper stare con i giovani che hanno bisogno di persone significative accanto e che purtroppo molto spesso non hanno.

A conclusione del convegno il Vescovo Gerardo Antonazzo ha tratto alcune suggestioni dall’incontro. Ha detto che le povertà sono figlie della nostra società, sono figlie dell’egoismo del nostro vivere quotidiano. Chi genera povertà siamo noi non gli altri e quindi ci interpellano, ci riguardano perché siamo responsabili. Il nome della carità è Gesù, la carità è la qualità della vita cristiana, come si amavano i cristiani all’origine. Spesso gli operatori della Caritas sono dei burocrati, hanno gli orari, i giorni stabiliti, le misure…la carità è ciò che deve muovere il cuore di ogni credente, deve esprimere una tensione di carità della comunità. Infine ha concluso dicendo che a noi devono stare a cuore i poveri poi le comunità e le persone. La carità deve essere promozione della persona ed esprimere un compito educativo. Anche gli oratori sono fatti per le persone peggiori perché la sua opera educativa è quella di accogliere le persone in difficoltà. In conclusione ha espresso parole di elogio per il Centro d’ascolto Porta Aperta raccomandando di essere una porta aperta in entrata e in uscita come ascolto, come attenzione, come sensibilità.

Luigi Mancini

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