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“Sorpresi dalla grazia” – Omelia per la liturgia delle Ceneri (Sora-Chiesa Cattedrale, 14 febbraio 2024)

SORPRESI DALLA GRAZIA

Omelia per la liturgia delle Ceneri
Sora-Chiesa Cattedrale, 14 febbraio 2024

 

Cari amici,

lasciamoci introdurre nel tempo prezioso della Quaresima dalla parola dell’apostolo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio” (2Cor 5,21-6,1).

Festa degli innamorati

Accogliamo le parole di Paolo come provocazione seria di fronte all’iniziativa con cui Dio ci sorprende con la gratuità assoluta del suo agire a nostro favore: “Ecco ora il giorno della salvezza”. La grazia della misericordia si fa storia in Cristo fatto peccato in nostro favore. E’ solo questo che ricolloca l’uomo in una relazione giusta con Dio, perché riconciliato in Cristo (in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio). Ben venga anche la coincidenza tra la giornata degli innamorati e quella del percorso di preparazione pasquale: il “farsi peccato” di Cristo è paradigma di sublimazione estrema dell’amore, grazie al quale ogni altra relazione umana viene purificata da ambiguità e da tossicità. L’esempio di Cristo, maestro e modello della gratuità dell’amore che si fa dono “a perdere”, insegna a rimettere un po’ d’ordine nelle relazioni più importanti. Facendosi “peccato” per noi, pur senza aver mai commesso peccato, Gesù insegna come morire d’amore per l’altro, piuttosto che far morire l’altro con ciò che amore non è. Nel sacrificare la propria vita Gesù rivela il volto di un Dio innamorato, e offre la vita del Figlio “a nostra favore” per farci innamorare di Lui.

Tutto è grazia

Nell’ Antico Testamento la parola “grazia” (tenerezza-misericordia-fedeltà di Dio) esprime la consapevolezza di essere popolo di Dio e della relativa elezione fatta liberamente da Dio, segno di amore e di misericordia. Questa libera scelta di Dio, gratuita perché non dovuta, si identifica con una storia dell’Alleanza e si concretizza in pace politica, benessere sociale, liberazione, in modo tale che la grazia non è un mezzo per la salvezza, ma equivale alla salvezza stessa, che Dio concede all’uomo liberamente. Ed è sempre così: “Dio non si è stancato di noi. Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola ci viene nuovamente rivolta: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2)” (Francesco, Messaggio per la quaresima 2024).

La parola “grazia” è particolarmente cara all’esperienza personale dell’apostolo Paolo: custodisce gelosamente la ricchezza di una singolare esperienza spirituale. Alla sua rigida formazione farisaica non poteva sfuggire l’esperienza della grazia riservata da Dio al popolo eletto, ma cambia radicalmente la sua comprensione a partire dall’incontro con Gesù risorto. “Grazia” è parola-chiave del suo pensiero teologico, elemento decisivo nell’interpretazione della sua letteratura epistolare. In una rilettura autobiografica, Paolo riflette sulla preziosità della sua esistenza alla luce della “grazia” del Signore Risorto: “Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana”. Tutto ha origine dall’incontro inaspettato e decisivo con Gesù lungo la via di Damasco: “Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti (Gal 1,15-16). Nello stupore della sua conversione Paolo riconosce che davvero tutto è grazia: “Per questa grazia siete sta­ti salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo in­fatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo” (Ef 2, 8-10).

Custodire il cuore

La vera tristezza del discepolo è sciupare e disperdere rovinosamente la grazia di Dio. Per restare nella grazia di Cristo è necessario custodire il cuore dall’ipocrisia. Oggi nel vangelo non ricorre esplicitamente il termine “cuore”, ma un’espressione corrispondente: “nel segreto” (ἐν τῷ κρυπτῷ). Il significato del termine si riferisce a qualcosa che sta “sotto”, quindi nascosto. L’appello urgente che Gesù lancia è quello di non cadere nelle trappole della mondanità spirituale di scribi e farisei che consiste soprattutto nell’ipocrisia (ὑπòκριταὶ, ipocriti). Il significato in greco si riferisce al vero volto della persona nascosto dietro una maschera. Questo non rivelare il proprio vero volto e identità diventa sinonimo di falsità, di ipocrisia. Vivere nel “segreto” del cuore sì, vivere nell’ipocrisia assolutamente no! Senza la custodia del cuore le tentazioni si annidano facilmente sotto forma di vizio e cattive inclinazioni, che distolgono dal perseguimento della vera felicità: l’unione della creatura con Dio, suo Creatore. La grazia diventa efficace non magicamente ma secondo discernimento e cura costante dell’umanità e della sua autocoscienza verso la necessità del Bene.

San Tommaso d’Aquino spiega sapientemente le condizioni di un rapporto fecondo e fruttuoso tra il cuore umano e la grazia di Dio. Essa non si sostituisce alla natura umana né supplisce alla vigilanza del cuore, ferito dal peccato. Scrive l’aquinate: Gratia non tollat naturam, sed perficiat” (Summa Th. I, Q1, A 8, ad 2). Scrive il Concilio Vaticano II: “Se l’uomo guarda dentro al suo cuore, si scopre anche inclinato al male e immerso in tante miserie che non possono certo derivare dal Creatore che è buono. Spesso, rifiutando di riconoscere Dio quale suo principio, l’uomo ha infranto il debito ordine in rapporto al suo ultimo fine, e al tempo stesso tutto il suo orientamento sia verso se stesso, sia verso gli altri uomini e verso tutte le cose create” (Gaudium et Spes, 13). Non bisogna dimenticare che “l’uomo creato per la libertà porta in sé la ferita del peccato originale, che continuamente lo attira verso il male e lo rende bisognoso di redenzione. L’uomo tende verso il bene, ma è pure capace di male; può trascendere il suo interesse immediato e, tuttavia, rimanere ad esso legato” (Giovanni Paolo II, Centesimus annus, 25). La grazia plasma il cuore perché lo purifica, lo prepara e lo cura artisticamente e artigianalmente per predisporlo al bene. È un cammino di formazione permanente, per lasciarsi fare da Dio e collaborare con gioia alla cauterizzazione dei vizi che il fuoco dello Spirito opera nella nostra vita. Il pensiero di Gesù stigmatizza il comportamento ipocrita, e ai suoi discepoli impone l’esplicito divieto di non fare come…Tale indicazioni si traduce nel celebre motto di Sant’Ignazio di Loyola àgere contra. Si riferisce alla necessità quotidiana di agire contro quelle abitudini che ci allontanano dal vivere la condizione di grazia a cui Dio ci chiama. Si tratta di un combattimento interiore quotidiano, che deve però estendersi a tutta la vita: “Ricordiamoci che siamo sempre combattuti tra estremi opposti: la superbia sfida l’umiltà; l’odio contrasta la carità; la tristezza osteggia la vera gioia dello Spirito; l’indurimento del cuore respinge la misericordia. I cristiani camminano di continuo su questi crinali (Papa Francesco, Catechesi del 3 gennaio 2024).

 

Sinodalità, tempo di grazia

L’ascolto comunitario e la conversazione spirituale sulla Parola provocano una forte spinta alla purificazione e alla conversione dell’essere Chiesa. Il processo sinodale può trasalire in un processo di conversione del cuore grazie ad un continuo superamento di sé. Purifica da ogni forma di autoreferenzialità, apre alla relazione e al dialogo, educa all’ascolto della Parola al di sopra e prima di ogni parola umana, richiede l’umiltà dell’ascolto degli altri. “La forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando, suggerisce che la Quaresima sia anche tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente, capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere” (Francesco, Messaggio per la quaresima 2024). La sinodalità educa alla fraternità e alla comunione, in un continuo esodo dall’Io al Noi ecclesiale. Sciupare il tempo del cammino sinodale è sprecare un tempo speciale di grazia di Dio. In una società lacerata e conflittuale è grazia l’occasione data a tutti noi, Popolo di Dio, di ritrovarci insieme, in cammino, per riflettere sul modo di essere Chiesa del terzo millennio.

E’ grazia essere Chiesa che assume il cuore e lo stile di Dio nel prendersi cura gli uni degli altri, facendosi segno della paternità e della maternità di Dio.
E’ grazia una Chiesa dove non ci sono progetti o strutture ma c’è il prossimo da incontrare e con cui dialogare.
E’ grazia una comunità che vive con il calore di una famiglia.
E’ grazia l’ascolto che offre il diritto di cittadinanza alle domande e ai desideri onesti del cuore umano.
E’ grazia entrare con generosità in questa avventura sinodale come atto di amore verso Cristo e verso se stessi.
La Vergine Maria, Donna piena di grazia, interceda e favorisca il nostro itinerario quaresimale come “tempo di grazia”.

 

+ Gerardo Antonazzo

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