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Omelie

Omelia per le esequie di don Salvatore Incani (7 luglio 2022)

NELLA LOGICA DEL DONO

Omelia per la Messa esequiale di don Salvatore Incani
Arpino-Chiesa s. Michele Arcangelo, 7 luglio 2022

 

 

“Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date” (Mt 10,8).

Il radicamento della gratuità è tutto nel racconto che precede immediatamente il vangelo di oggi: “Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità” (10,1). Nessuna ragione al mondo potrà mai giustificare la chiamata degli apostoli, se non l’esclusiva liberalità dell’amore del Maestro. Alla chiamata gratuita di Cristo, segue l’invio dei Dodici, la loro missione per l’annuncio del Regno di Dio, inaugurazione di “nuovi cieli e terra nuova”. E’ stata questa la missione anche del nostro caro a amabile don Salvatore.

Nasce a Napoli, il 14 ottobre 1941.
Frequenta il Liceo classico. Intraprende gli studi di Teologia come alunno del Pontificio Collegio Urbano “de Propaganda Fide”, in Roma.
Viene ordinato presbitero dal card. Carlo Confalonieri il 17 dicembre 1966, tra i Chierici Regolari di s. Paolo, detti Barnabiti. Svolge qualche anno di missione in Brasile.
Viene incardinato nella diocesi di “Sora-Aquino-Pontecorvo”, il 09 ottobre 1998.
E’ viceparroco nella parrocchia di s. Maria di Civita, in Arpino.
Successivamente viene nominato parroco della parrocchia “S. Maria del Carmine”, in Arpino.
Don Salvatore muore proprio al tramonto avanzato della ricorrenza liturgica di sant’Antonio Maria Zaccaria, fondatore dei Barnabiti, e in prossimità della novena in preparazione alla festa liturgica della Madonna del Carmine, titolare della “sua” parrocchia di Collecarino.

La gratuità alla quale si riferisce Gesù è sempre dirompente e inequivocabile; non lascia spazio a interpretazione ideologiche o a manipolazioni strumentali. La gratuità per ciò che riceviamo da Dio lancia sempre una seria sfida alla gratitudine e alla fedeltà del discepolo. Gesù indica anche il modo di ricambiare la gratuità dell’amore ricevuto: spenderlo nel servizio per gli altri. La generosità del suo amore libera il nostro cuore, rendendolo ragionevole nell’adottare la medesima logica del servizio libero e disinteressato, senza “oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone”.

Il testo stupendo di Osea nella prima lettura (Os 10,1-9) descrive in modo sorprendente e disarmante la gratuità dell’amore di Dio verso di noi. I verbi usati dal profeta rivelano l’essenza dell’amore generoso di Dio, al modo di una “paternità materna” dimostrata da Colui che volge con grandezza d’animo il suo affetto verso Israele amato come “figlio”. Dio si dice “commosso” nel cuore e assalito da un fremito di “compassione” nei confronti di Israele. Motivato da questi affetti dell’animo, Dio compie solo azioni improntate alla pura benevolenza: ama Israele da quando era fanciullo, lo libera dalla schiavitù, gli insegna a camminare, lo tiene per mano, lo tira a sé con legami di bontà e con vincoli di amore, lo solleva alla sua guancia, si china per dargli da mangiare. Immagini improntate alla tenerezza divina, tradita dall’ingratitudine di Israele: questi si allontana da Dio, adora gli idoli, non comprende la speciale cura con la quale Dio ha custodito il popolo eletto. L’infedeltà dell’uomo tradisce la generosità di Dio, ma Lui non cede all’ardore dell’ira “perché sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te”. Con tali espressioni Dio denuncia e smaschera la falsità degli idoli costruiti dall’uomo a sua propria immagine, quindi pronti all’ira e alla cattiveria, proprio come l’uomo che li fabbrica e in essi confida (cfr. Sal 115,8).

Nel vangelo Gesù detta agli apostoli i verbi con i quali rispondere alla grazia della chiamata con il servizio della missione: i Dodici, come tutti i “chiamati”, dovranno ricambiare la grazia dell’elezione da parte del Maestro imparando a fare strada insieme (sinodalità) lungo la quale predicare la vicinanza del regno di Dio, guarire gli infermi, risuscitare i morti, purificare i lebbrosi, scacciare i demòni, perché “gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. La gratuità del servizio ai fratelli è la sublime forma di gratitudine al suo amore di predilezione che li ha investiti immeritatamente.

La scuola “primaria” dove apprendere la gratitudine al Signore e la gratuità del servizio è sempre la celebrazione eucaristica. Nell’Eucarestia Gesù unisce la dimensione verticale del dono di sé alla Chiesa con la dimensione orizzontale del nostro servizio alle urgenze del Regno di Dio, senza ricompensa, contraccambio, gratificazioni umane. Lo sottolinea bene papa Francesco: “La sproporzione tra l’immensità del dono e la piccolezza di chi lo riceve, è infinita e non può non sorprenderci. Ciò nonostante – per misericordia del Signore – il dono viene affidato agli Apostoli perché venga portato ad ogni uomo […] Per questo ho detto che sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa … per l’evangelizzazione del mondo attuale” (cfr. Desiderio desideravi, nn. 3 e 5).

Il caro don Salvatore ha celebrato con sincera devozione la santa eucaristia, anche in condizioni fisiche provate, e direi fino agli ultimi giorni del suo ministero quando ormai appariva visibilmente stremato dalla malattia. Formato alla scuola di Sant’Antonio Maria Zaccaria, il quale dirà ai suoi chierici: “Dovete correre verso Dio e verso gli altri”, don Salvatore per quanto ha potuto non si è mai fermato, né sottratto alla cura pastorale dei fedeli. Un uomo e un prete capace di umorismo, e allo stesso tempo dotato lui stesso di buon umore: indici inequivocabili di un carattere sereno, equilibrato, pacificato interiormente. Sempre contento di poter augurare a chiunque “A Maronna t’accumpagna!”. Oggi lo diciamo per te, caro don Salvatore: “A Maronna t’accumpagna!”, fino alla visione beata del Signore risorto.

                      + Gerardo Antonazzo

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