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Il tripudio di affetto di Sora nella memoria dell’Addolorata

A Santo Spirto la Messa dell’Addolorata.
Il Vescovo: «Con Maria stiamo sotto la croce per imparare ad amare sempre».

 

Un tripudio di affetto spirituale, quello suscitato ieri sera dalla solenne Celebrazione nella memoria della Beata Vergine Addolorata, a Sora. Nella Chiesa di Santo Spirito, nel pieno centro della città volsca, una numerosa assemblea si è riunita attorno al vescovo Gerardo Antonazzo e al rettore della cappellania, don Mario Santoro, attestando, ancora una volta, una genuina pietà popolare e una forte devozione.

A preparare ai festeggiamenti di quest’anno, dopo i due precedenti fortemente condizionati dalla pandemia, è stata una settimana di preparazione (da giovedì 8 a mercoledì 14 settembre) con la preghiera della Coroncina dei sette dolori a Maria Santissima Addolorata e la Messa.

Attraverso le celebrazioni di domenica scorsa si è giunti alla vigilia, durante la quale è stato offerto alla venerazione pubblica il crocifisso ligneo posto sul Monte San Casto il 14 settembre 1952 dalla Sezione Cai di Sora sotto la direzione dell’allora presidente Alfonso Simoncelli, più volte oggetto di atti vandalici e, dopo un intervento conservativo, portato il 7 settembre scorso in udienza generale da papa Francesco, che lo ha benedetto.

Negli appuntamenti del 15 settembre i fedeli sono stati riuniti da tre sante Messe al mattino e nel pomeriggio dalla Via Matris, che li ha condotti alla liturgia presieduta dal pastore diocesano e animata dal Coro Giovanile “Santo Spirito”.

Mentre gli sguardi di tutti erano rivolti al volto della Vergine Addolorata, il vescovo ha tenuto la sua omelia sul brano evangelico di Giovanni (cfr. Gv 19, 25-27), traendo tutta la profondità e ricchezza teologica intrisa nella sua intensa narrazione:

«In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé».

«È un insegnamento che raggiunge noi tutti – ha esordito Antonazzo – la presenza di quei pochi che stavano presso la croce», elemento comunemente oggi associato, in senso figurato, al dolore e alla disperazione umane e al tempo di Gesù violenta condanna capitale per la quale migliaia di persone vi morivano, senza salvare se stesse e nessuno. Con un riferimento agli scritti di Charles de Foucauld che ebbe a definire l’evento della croce come la “dichiarazione d’amore di Dio per l’umanità”, ha aggiunto Antonazzo: «Ciò che ci salva è l’amore di Cristo, non un dolore senza amore. Egli non ha subìto, ma accolto e portato la croce, consapevole di sprigionare attraverso di essa l’eterno amore di Dio». «E Maria – prosegue il Vescovo – non sta sotto la croce solo col suo dolore, ma con il suo amore, e riceve tutto l’amore del Figlio, come lo riceve anche l’apostolo Giovanni». Attraverso un duplice intreccio di “eccomi” e di affidamenti, Cristo genera la Chiesa, i suoi discepoli, insegnando loro l’espressione e la possibilità più alta di amare. «Noi – ha concluso Antonazzo – con Maria stiamo sotto la croce per imparare ad amare sempre».

Andrea Pantone