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Ferito dal costato trafitto – Omelia per l’inizio della Peregrinatio diocesana della reliquia di san Tommaso d’Aquino (Roccasecca, Parr. SS. Annunziata, 28 gennaio 2024)

FERITO DAL COSTATO TRAFITTO

Omelia per l’inizio della Peregrinatio diocesana
Roccasecca, Parr. SS. Annunziata, 28 gennaio 2024

 

 

 

Cari presbiteri e diaconi, seminaristi e consacrati,
stimate autorità civili e militari, amici tutti,

il Signore invita ad entrare con intensità spirituale, con vivacità di mente e sollecitudine di cuore, intelletto e sapienza insieme, in questo particolare e prezioso tempo di grazia a noi offerto dalla felice memoria liturgica di san Tommaso d’Aquino, nel settimo centenario della sua canonizzazione. E chi altri per primi, se non proprio noi, possiamo dirci felici di gioire e rendere grazie al Signore per aver accolto i natali di questo illustre figlio, “luminare della Chiesa e del mondo intero” (Preghiera), di cui il 7 marzo di quest’anno ricorrono anche i 750 anni della sua morte? Desidero dare voce, velata di emozione interiore, ad una meditazione orante per incoraggiare e rinvigorire in questo “lembo di terra benedetta” (Lettera di Papa Francesco) il diffuso e radicato affetto spirituale verso il Dottore aquinate. La Peregrinatio che oggi inizia per l’intero territorio diocesano ed extra-diocesano, e a Dio piacendo anche extra-regionale, accresca la docilità discente verso la dotta santità di Tommaso da parte dell’intero popolo di Dio che qui vive e cammina, tra slanci lodevoli e cadute spiacevoli. Siamo davvero orgogliosi di custodire una memoria così preziosa? Siamo al contempo felici di condividerla e valorizzarla? La Peregrinatio è una risposta, tra le tante possibili, con lo specifico intento di familiarizzare con la santità dell’aquinate non a partire da dissertazioni elitarie, pure necessarie, o dalle sole teste di studiosi e ricercatori, molto apprezzabili, ma primariamente dal cuore degli umili, dalla devozione autentica dei semplici, ai quali spesso l’aquinate parlava nel dialetto napoletano per istruire la loro fede, dall’adorazione del mistero eucaristico esaltato dal canto di un latino popolare a mala pena biascicato, attraversato comunque dall’ardente e appassionato amore dei fedeli verso il Pane consacrato, sacramento della divina Presenza. La Peregrinatio della costola è avvalorata anche dalla “peregrinatio” dell’Indulgenza plenaria che accompagnerà le celebrazioni liturgiche comunitarie.

Quelli della Via

Perché una Peregrinatio della sacra Reliquia? Il cammino rimanda all’espressione neotestamentaria “quelli della via”, definizione usata per parlare dei primi cristiani in Atti 9. Quando san Paolo prima della conversione perseguitava i cristiani, si faceva scrivere lettere per deportare in catene a Gerusalemme “quelli della strada / τινας…τῆς ὁδοῦ ὄντας”. Ciò significa che i seguaci della dottrina di Cristo erano indicati come persone in cammino, fedeli al Signore Gesù che di sé aveva detto: “Io sono al via” (Gv 14,6). Questo tema del ‘cammino’ era dunque strutturale nell’esperienza dei primi cristiani: uomini e donne fattisi seguaci della “Via”, prima ancora che di un insegnamento o di una dottrina. Discepoli in cammino, provocati a riconoscere il Maestro risorto nella presenza di un viandante, lungo la via (cf. Lc 24). Papa Francesco ci provoca con una consegna importante alla nostra Diocesi quando scrive in riferimento a san Tommaso: “Quella del cammino è l’immagine che per lui più «illumina l’intelligenza del mistero di Cristo come la via che conduce al Padre» (Summa III, Prol.). La reale sinodalità è il crescere insieme in Cristo come membra vive e attive del Corpo ecclesiale, strettamente unite e collegate le une alle altre” (Francesco, Lettera 19 giugno 2023). Il pensiero del Papa trasfonde un’anima vivida alla Peregrinatio diocesana, perché sia celebrata e vissuta come impulso vivificante e rigenerativo al cammino sinodale della nostra spiritualità e comunione. Perciò, nutro il profondo desiderio e formulo il più accorato auspicio che il nostro vivere come Chiesa di Cristo, radicata ancor più nell’ascolto dello Spirito, nutrita dall’obbedienza alla Parola, illuminata dalla conversazione spirituale, orientata al sapiente discernimento della volontà di Dio, possa risplendere sempre più profeticamente per il territorio come sacramento di Cristo, “Via” di salvezza, qui e ora. La Peregrinatio sia un cammino orante di fede comunitaria, alla scuola del grande “infaticabile maestro di dottrina, esempio di virtù” (Preghiera), laboratorio itinerante di ascolto del Signore che “con il dono della sapienza ha infiammato il cuore e la mente di san Tommaso d’Aquino…discepolo della Parola” (Preghiera).

 

Ferito dal costato trafitto

Il Signore ha dispensato per noi una privilegiata provvidenza permettendo di custodire e venerare la sacra e significativa Reliquia della costola di san Tommaso, a testimonianza anche della fraterna amicizia tra due Pastori: il mio venerato predecessore mons. Biagio Musto e l’arcivescovo di Tolosa, mons. Gabriel Marie Garrone, futuro cardinale Prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica dal 1968 al 1980, che ho avuto la gioia di conoscere durante i miei anni di studente e di formatore a Roma.

Cari amici e fratelli tutti,

la Peregrinatio con la costola di Tommaso orienta lo sguardo del credente, e anche del non credente qual era il centurione romano, all’immenso amore di Cristo crocifisso: “Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv 19,33-34). La devozione alla piaga del costato colpito e al cuore di Cristo vede la luce soprattutto nel medioevo, nella spiritualità monastica (San Bernardo, Guglielmo di Saint-Thierry), e nella mistica tedesca benedettina (Santa Matilde+1298 e s. Gertrude la Grande+1302). Il costato trafitto, e quindi il cuore di Cristo, diventa il punto focale del movimento interiore dell’amore mistico. Scrive san Tommaso: “La passione di Cristo è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. Chiunque vuol vivere in perfezione non faccia altro che disprezzare quello che Cristo disprezzò sulla croce, e desiderare quello che egli desiderò. Nessun esempio di virtù infatti è assente dalla croce” (Conf. 6 sopra il Credo in Deum). Per Tommaso solo la sapientia crucis illumina la conoscenza di Cristo. E’ questo, in realtà, il motivo centrale della spiritualità di san Tommaso: un uomo, un credente, un sacerdote “ferito dall’amore del costato trafitto sulla croce” (Preghiera). La sua scienza su Dio non viene primariamente dai libri, ma ancor prima dalla preghiera, meditativa e contemplativa. Scriveva san Paolo VI: “San Tommaso, pur elevandosi con la sua acutissima speculazione alle vette più alte della ragione, sapeva farsi piccolo dinanzi agli eccelsi e ineffabili misteri della fede: e così si inginocchiava ai piedi del Crocifisso e dell’altare per implorare la luce dell’intelligenza e la purezza del cuore, che permettono di scrutare con occhi limpidi le grandi cose di Dio; riconosceva di avere appreso la sua scienza ben più con la preghiera che con lo studio; e conservava vivo il senso della divina trascendenza, tanto da stabilire come premessa fondamentale della ricerca teologica il riconoscimento che ‘in questa vita tanto più perfettamente conosciamo Dio, quanto più capiamo che egli sorpassa tutto quello che è compreso dall’intelletto’ (Summa TheologiaeII-IIæ, 4. 8, a. 7)” (Lettera Lumen Ecclesiae, 20 novembre 1964).

Modello sublime di santità

Per san Tommaso la pienezza dell’amore di Cristo crocifisso e trafitto si rivelava nell’eucarestia, sorgente della quotidiana fatica di credente, di frate, di maestro. Scriveva Benedetto XVI: “Secondo gli antichi biografi, era solito accostare il capo al tabernacolo, come per sentir palpitare il Cuore divino e umano di Gesù” (Udienza generale, 23 giugno 2010). Tommaso si recava in chiesa e cercava di poggiare la sua testa davanti al tabernacolo per avere più luce nella mente e nel cuore. Anche l’apostolo Giovanni, nella sera della Cena segnata dalla profonda tristezza per l’annuncio del tradimento di Giuda, aveva reclinato il capo sul costato di Cristo, segno di profonda confidenza e amicizia con il suo Signore (Gv 13,25). Nell’accostamento del capo al sacramento eucaristico custodito nel tabernacolo anche Tommaso, come il giovane apostolo nel cenacolo, reclina la propria ragione umana verso l’amore di Cristo, con il vivo desiderio di una comprensione luminosa del mistero della fede. E’ nell’eucarestia che contempla l’umile grandezza dell’amore del Maestro, bene sommo, desiderio inesprimibile, carità inestinguibile. Chiediamo al Signore risorto che ogni liturgia eucaristica, l’adorazione silenziosa del “pane degli angeli, vero pane dei pellegrini” (Lauda Sion), lo stupore della verità e bellezza del Mistero scrutato con i nostri sensi spirituali sempre più profondamente “illumini l’intelligenza mai compiuta della bellezza di Cristo, sommo ed eterno Bene” (Preghiera).

 

Resta con noi Signore

L’unione con Dio raggiunse un tale apice nella sua anima che san Tommaso ricevette anche il dono della contemplazione infusa, così come quello delle lacrime. Aveva estasi profondissime che a volte duravano alcune ore. L’Ufficio e la Liturgia che compose per la Solennità del Corpus Domini sono un vero gioiello. Nessuno come lui è stato in grado di tradurre la scienza eucaristica in preghiere e inni così belli. Giustamente insignito del titolo di “Dottore Eucaristico” da Pio XI (Studiorum ducem), in punto di morte chiese il Santo Viatico. E davanti al Santissimo Sacramento, nonostante l’estrema debolezza, si alzò con fatica dal letto e si prostrò a lungo. Poi recitò questa commovente preghiera: “Io ti ricevo prezzo della redenzione della mia anima, io ti ricevo viatico del mio pellegrinaggio. Per tuo amore ho studiato, vegliato, ho sofferto. Tu sei stato l’oggetto della mia predicazione, del mio insegnamento. Nulla mai ho detto contro di te. Se non ho insegnato bene su questo sacramento, lo sottometto al giudizio della santa Chiesa romana, nella cui obbedienza lascio questa vita”. Appena ricevuta la comunione, entrò in un’estasi profonda.

Cari amici,

sono grato alla vostra sollecita premura nel dare corso ad una forma esistenziale, direi anche corporea, del nostro  vivere come Chiesa pellegrinante nel tempo. La Peregrinatio diocesana inaugura un suggestivo percorso spirituale orientato alla centralità del mistero eucaristico custodito in ogni tabernacolo del mondo, devotamente adorato come sacramento della presenza reale di Cristo glorioso. Gli straordinari inni eucaristici composti da san Tommaso nutrano e rafforzino la nostra fede, istruiscano la nostra autentica devozione verso il mistero velato nel segno del pane e del vino, alimentino la santità della vita cristiana, guariscano le ferite contro l’unità e la carità fraterna, siano viatico nel cammino storico e sinodale della nostra Chiesa.

 

+ Gerardo Antonazzo

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