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Cassino, il Pontificale di Pasqua

La Resurrezione non è un deus ex machina venuto a risolvere problemi, ma richiede un percorso e un cambiamento del cuore di ognuno

Nel giorno di Pasqua, la chiesa Concattedrale di Cassino ha accolto il Vescovo diocesano Gerardo Antonazzo per il solenne Pontificale. Alla presenza del sindaco della città Enzo Salera, un buon numero di fedeli, debitamente distanziato, ha partecipato alla celebrazione della Resurrezione di Cristo, gioioso inno di ringraziamento al Padre per tutti i doni che ci ha dato in Cristo, “l’Agnello che ha tolto i peccati del mondo” e che “morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita”. Come rito introduttivo, il Vescovo, con  un ramoscello di ulivo bagnato nell’acqua benedetta, ha asperso i fedeli percorrendo le navate della chiesa. Acceso e adorno il Cero pasquale accanto al fonte battesimale, testimoni dei riti della sera prima nella solenne Veglia, il Lucernario e la liturgia battesimale, che hanno aperto le porte alla Pasqua di Resurrezione.

La Resurrezione, ha osservato Mons. Gerardo, non è un deus ex machina che giunge come colpo di scena a  risolvere il problema della pandemia con il suo potere. Alla Pasqua, ha spiegato, bisogna arrivare preparati percorrendo un cammino, essa deve entrare nel vissuto, nelle pieghe e nelle piaghe della vita di ciascuno. D’altronde, anche i seguaci di Gesù che scoprono il sepolcro vuoto provengono da una lunga preparazione: hanno visto il loro Maestro umiliarsi a lavare i loro piedi, lo hanno visto flagellato e offeso, fatto debolezza, fallimento, sconfitta. Infatti gli apostoli fuggono, Pietro lo rinnega. Da questo shock emotivo non passano direttamente alla certezza della fede nella resurrezione, ma al dubbio (“Chi lo ha portato via?”). Quando i due apostoli, visto il sepolcro vuoto, vanno a dirlo agli altri, non tutti credono; i discepoli di Emmaus sono delusi. Solo quando Gesù entra nel cenacolo dicendo “Pace a voi!”, allora credono, tranne Tommaso, assente. Nella seconda lettura, ha osservato ancora, S. Paolo ci dà un importante suggerimento: cercate le cose di lassù. Questo è il cammino da fare per trovare la forza della resurrezione nella propria vita. Gesù non è venuto a risolvere il problema coronavirus, ma a rimuoverne le cause, non a sanare i rami ma le radici. Il cuore del problema è il nostro cuore, esso deve essere sanato da Cristo che ci ha promesso: Vi darò un cuore nuovo. E’ il peccato, che nasce dal cuore umano, che rigenera il male, perciò deve essere il cuore di ciascuno a cambiare oggi, nel tempo della pandemia. La natura contaminata e degradata, gli interessi economici, che guardano al proprio ego e non rispettano l’altro, passando sopra alle esigenze e ai diritti dei più deboli (coloro che ci rimettono di più), sono conseguenze di cuori non puri. Deve cambiare il cuore. Anche un piccolo gesto che viene dal cuore ha il potere di cambiare la vita. Papa Francesco disse l’ano scorso: Credevamo di vivere da sani in un mondo malato. La bellezza dei suoi insegnamenti convinca i nostri cuori. Se la Pasqua non è cambiamento per noi, non ripartiamo! Il Signore risorge per noi perché il nostro cuore guarito dalla sua Resurrezione rinasca.

Con questo forte messaggio il Vescovo ha chiarito quanto ognuno di noi è responsabile della vita di tutti e deve perciò impegnarsi seriamente. Al termine, prima della solenne benedizione finale, il Vescovo ha porto gli auguri di buona Pasqua ai presenti e a tutti i loro cari.

Adriana Letta

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