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A Canneto il seminarista Aversano ammesso agli Ordini sacri. Un “sì” che apre al possibile “per sempre”.

Nel pomeriggio del 20 agosto scorso, presso la Basilica Santuario di Maria Santissima di Canneto, durante la santa Messa presieduta dal vescovo Gerardo Antonazzo, è stato celebrato il rito di Ammissione agli Ordini sacri del Diaconato e del Presbiterato del seminarista aquinate Piergiorgio Aversano (anni 31) in formazione presso il Pontificio Collegio Leoniano di Anagni.

Si è trattato del primo riconoscimento formale da parte della Chiesa diocesana, per mezzo del Prelato, della vocazione del seminarista. Il carattere pubblico dell’evento ha manifestato l’impegno della comunità di origine di Piergiorgio – la Basilica concattedrale e parrocchiale San Costanzo Vescovo e San Tommaso d’Aquino – e di quelle che gli hanno dato e daranno l’opportunità di praticare la necessaria preparazione al presbiterato – la parrocchia Santissima Annunziata di Pontecorvo e, tra qualche tempo, quella di San Pietro apostolo in Cassino – ad essere testimoni e soggetti di discernimento dell’idoneità del candidato all’Ordine sacro, con l’esempio di vita cristiana e l’affetto. Una tappa fondamentale, dunque, nella vita del seminarista che vede ufficialmente ratificata dalla Chiesa la sua scelta, mentre prosegue, sia personalmente sia comunitariamente, la formazione verso il sacerdozio.

Riconoscere la vocazione è l’emblema per eccellenza della chiamata, che ogni seminarista conferma con il proprio “sì” davanti a Dio e ai fedeli. L’Ammissione agli Ordini sacri segna così il primo passo verso la totale consacrazione al Signore in favore dei fratelli col servizio sacerdotale, cui il candidato progredirà con sempre maggiore dedizione alla formazione umana, spirituale e culturale, ineludibile per la sequela Christi.

Il Vescovo Antonazzo attraverso i suggestivi percorsi offerti dalla Liturgia della Parola odierna ha tratteggiato, nell’omelia (leggi il testo integrale: https://www.diocesisora.it/istituto/omelia-per-ammissione-agli-ordini-di-piergiorgio-aversano/), il profilo dell’esistenza umana come vocazione alla felicità proposta da Dio alla persona, interpellata a compiere con libertà la scelta della gioia piena (cfr. Gv 15,11).

Dal Libro di Ruth, che presenta la storia e il rapporto di due vedove, la protagonista – da cui il testo sacro trae il nome – e la sua anziana suocera Noemi, il Pastore diocesano ha estrapolato il primo aspetto della dinamica di ogni vocazione: il “per sempre”. Ruth, di fronte alla lecita possibilità di una nuova vita coniugale prospettata e auspicata dalla suocera, intenzionata a forzare l’allontanamento della nuora, attua, spinta dall’appartenenza e dall’affetto a Noemi, una trasgressione, resistendo al tentativo di essere respinta e all’obbligata capitolazione della fedeltà. “La sua trasgressione non tradisce ma consolida la fedeltà” – spiega Antonazzo. Il “per sempre”, iscritto in ogni vocazione autentica, genera trasgressioni, anche forti, senza mai però far desistere dal decidersi con animo indiviso per il primo amore, dietro la persona che lo ha suscitato, che diviene la scelta essenziale alla quale Dio chiama.

Ascoltando l’eco prodotta dalla risposta di Ruth a Noemi («dove andrai tu, andrò anch’io», 1,21) e la dichiarazione di Gesù («Amerai il Signore Dio tuo, con tutto il cuore, on tutta la tua anima e con tutta la tua mente», 22,37; «Amerai il prossimo tuo come te  stesso», 22, 39) all’interrogazione, riportata dal Vangelo secondo Matteo, del dottore della Legge, circa il grande comandamento, il Vescovo ha fatto notare come l’Evangelista esprima le coordinate essenziali del “per sempre” di ogni discepolo e chiamato vincolandolo ed edificandolo al solo grande comandamento.

Attraverso il confronto sinottico con le versioni matteana, marciana e lucana della stessa narrazione evangelica, il vescovo Antonazzo ha poi fatto precisato come il grande comandamento dell’amore si compia nell’ascolto della Parola dell’Unico Signore (Cfr. Dt 6,4; 4-9; Es 20,2-3), correttivo al grande peccato di idolatria, di adorazione ai falsi dèi. “Se non c’è adorazione di Dio – dice Antonazzo – non ci sarà amore”.

L’Unicità di Dio impronterà all’unicità di azione e all’esclusività dell’affetto l’agire personale di colui che riconosce e custodisce il mistero divino e lo pone al centro dell’esistere. “Dio è il Dio Unico che vogliamo seguire e ascoltare – dice il Vescovo -, amore che sigilla il “per sempre” della nostra vita”.

Non bisogna dimenticare – conclude Antonazzo – che tutto questo, però, è questione di tempo. Imparare ad amare Dio richiede tempo, è un processo che prevede un dinamismo duro ed esigente per far convergere con le facoltà della volontà e dell’intelletto e con tutto l’amore possibile alla verità dell’Unico Dio.

La memoria di san Bernardo di Chiaravalle, attualizzata dalla Liturgia odierna, ha costituito per Piergiorgio, neo-ammesso fra i candidati agli Ordini sacri, come per ogni altro fedele presente, il sottofondo musicale del canto di quell’amore mistico che permette di far giungere all’intima unione con Dio.

Andrea Pantone