In preghiera per e con Angelo Molle

Per cogliere lo spirito con cui ha vissuto la sua esperienza terrena da uomo, marito, padre, docente cristiano

La Messa in suffragio del compianto prof. Angelo Molle, voluta da colleghi e studenti nella cappella universitaria al Campus Folcara a Cassino, martedì 10 maggio, alla presenza dei suoi familiari, presieduta dal vescovo Mons. Gerardo Antonazzo e concelebrata da molti sacerdoti amici, dal fratello Don Antonio e dal Rettore della Pontificia Università Salesiana, si è rivelata ben presto diversa da quello che normalmente è: un rinnovato dolore, seppur vissuto nella preghiera, per una persona cara prematuramente scomparsa. Perché Angelo, con la sua bontà, era in mezzo ai suoi, si sentiva la sua presenza che infondeva in tutti la sua serenità, il suo stesso modo di rapportarsi agli altri. C’era la commozione, ma c’era il sorriso e forte il calore degli affetti che legava tutti, anche coloro che poco si conoscevano tra loro. Lo stile di Angelo aveva contagiato tutti i presenti, fra i quali si notava il Rettore dell’Ateneo cassinate prof. Betta, il nuovo Direttore Amministrativo dott. Capparelli, molti docenti, amici, studenti. Tutti stretti, sia letteralmente perché la cappella stentava a contenere tutti, sia metaforicamente perché ci si sentiva tutti affratellati. All’inizio le parole del prof. Filippo Carcione, che ha ringraziato il Vescovo, le autorità e tutti gli intervenuti ed ha tracciato un profilo professionale ed umano dello scomparso, “uomo generoso e stimato da tutti”, di cui era amico fraterno, hanno toccato il cuore dei presenti, interpretandone il sentire.

Nell’omelia il Vescovo Gerardo, commentando le letture della liturgia del giorno e in particolare la prima, dagli Atti degli Apostoli (20, 17-27), il cosiddetto testamento spirituale di S. Paolo, ha felicemente stabilito un nesso tra l’Apostolo ed il prof. Angelo “per cogliere lo spirito con cui Angelo ha vissuto la sua esperienza terrena da uomo, marito, padre, docente cristiano”.

Dice Paolo: “ho servito il Signore con tutta umiltà“: l’umiltà era il tratto caratteristico di Angelo, non come disprezzo di sé ma come esaltazione dell’Altro; “non mi sono mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile“: è la stessa fedeltà di Angelo, che non si è mai tirato indietro da ciò che poteva essere utile agli altri, pronto a dare il meglio di sé, ad assumersi le sue responsabilità, costi quel che costi, anche “lacrime e prove”, come un vero adulto. “Non mi è mai capitato di sentirmi dire di no da Angelo”, ha detto il Vescovo.

Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita“, dice ancora Paolo. Così Angelo non ha mai pensato a se stesso e ai suoi interessi, ma sempre con apertura d’animo ha messo la sua vita a disposizione degli altri. “Io so che non vedrete più il mio volto” dice l’Apostolo pensando di essere alla fine della sua vita. Ebbene, “le volte che abbiamo potuto far visita a lui nell’ultima fase, ha detto il Vescovo Gerardo, il suo atteggiamento remissivo non era di resa, per quanto fosse debilitato fisicamente; nel suo intimo e nella sua sapienza anche Angelo era consapevole del grave male da cui era afflitto e che noi non avremmo più visto il suo volto, ma credo che si sia abbandonato al Signore, consegnandosi con fiducia alle sue mani”.

Ultima somiglianza il Celebrante l’ha trovata con il passo del Vangelo di Giovanni (17, 1-11) in cui Gesù dimostra una premura straordinaria per gli apostoli, che consegna al Padre perché li custodisca. Anche Angelo era consapevole di tornare al Padre. Si coglie qui il valore della relazione, “e Angelo è stato un maestro di relazione, come metodo che diventa contenuto”. La qualità della relazione è il valore dei rapporti, la bontà dell’esistenza che si coniuga con la vita degli altri. Una relazione significativa fa la qualità dell’esistenza, ed è relazione feconda, generativa, sempre gioiosa, serena, aperta, disponibile e accogliente. Ciascuno di noi può testimoniare di aver vissuto anche solo per un attimo un rapporto con Angelo: non si andava mai via da un incontro anche fugace senza portare con sé qualcosa di lui, se non altro il suo sorriso, senza il sigillo della sua serenità.

Ringraziamo allora il Signore, ha detto in conclusione Antonazzo. Non dobbiamo vivere di una memoria nostalgica ma grata, perché se il Signore non ci ha concesso la presenza di un uomo guarito è perché ha voluto assicurarci l’intercessione di un angelo dal cielo. Se il Signore chiama a sé vuol dire che lui ha bisogno di noi ma lo fa per noi.

Parole che hanno commosso gli animi ma al tempo stesso rafforzato la fede e il desiderio di spendere la propria vita come ha fatto Angelo Molle.

Al termine, la prof.ssa Amelia Broccoli, Coordinatore del Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione e della Formazione, ha fatto un breve ma intenso intervento, rivolgendosi ai familiari e in particolare alla moglie, e infine il cappellano universitario, Don Benedetto Minchella, ha espresso sentiti ringraziamenti al Vescovo, al Rettore Salesiano Don Mauro Mantovani (intervenuto per partecipare subito dopo alla consegna delle pergamene di laurea nell’Aula Magna), al rettore Betta, al prof. Carcione e a tutti i presenti. Ha ringraziato poi il prof. Francesco Cuzzi che con altri dipendenti ha dato un contributo determinante per rinnovare la cappella, ora dotata di banchi e migliorata, cappella che d’ora in poi, grazie ad un comunicato ufficiale del Rettore che faceva seguito alla forte richiesta pervenuta, resterà sempre aperta, anche in assenza del cappellano, come restano aperte le cappelle in luoghi pubblici come gli ospedali. Anche in questo, in verità, sembrava di sentire la mano o almeno l’ispirazione di un uomo grande per bontà come Angelo Molle.

Adriana Letta

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