Sacra Famiglia: Messa col Vescovo

Lo scopo della costruzione di un complesso parrocchiale non è di “dotarsi di strutture”, ma di evangelizzare meglio per edificare una vita cristiana sempre più diffusa e in crescita, senza che nessuno si senta escluso 

Nella quinta domenica di Quaresima, appena cinque giorni dopo la benedizione e consegna dell’area cantiere, impartita dal Segretario generale Cei Mons. Nunzio Galantino, del nuovo complesso parrocchiale di Cassino intitolato alla Sacra Famiglia, la comunità parrocchiale ha avuto la gioia di ritrovarsi col suo Vescovo, mons. Gerardo Antonazzo, per la celebrazione prefestiva sabato 1° aprile. Come in una famiglia in cui, dopo un grande evento, si sente il bisogno di ritrovarsi in intimità e commentare, quasi per capire meglio quanto accaduto, i fedeli sono accorsi nella piccola, raccolta e ben curata chiesa temporanea di Via Volturno, accanto al loro parroco, Don Salvatore Brunetti.

La Celebrazione eucaristica, presieduta dal Vescovo e concelebrata dal Parroco e da Don William Di Cicco, cerimoniere vescovile, e animata dal coro parrocchiale, ha visto dunque una intensa partecipazione. Grande l’attenzione alle parole del Vescovo che nell’omelia ha offerto delle profonde riflessioni sulle letture della liturgia del giorno, imperniata – avvicinandosi la Pasqua – alla morte e resurrezione, dal profeta Ezechiele (37, 12-14): «Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio», a S. Paolo: «se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8,8-11), fino al Vangelo della resurrezione di Lazzaro (Gv 11, 1-45). La natura, con l’alternarsi di giorno e notte, di stagioni diverse, così come la vita umana, è tutto un avvicendamento di vita e di morte. Se Gesù risuscita il suo amico Lazzaro, non è solo per lui, che poi sarebbe dovuto morire una seconda volta, ma è per noi, per farci comprendere che la morte non ha mai l’ultima parola e la vita rinasce sempre nuova. Gesù ha vinto la morte.

Prima del congedo finale, Don Salvatore ha preso la parola per ringraziare il Vescovo Antonazzo non solo della tenacia e della premura costante con cui sta seguendo la “pratica” della costruzione della nuova chiesa, ma soprattutto della cura pastorale con cui sta accompagnando la comunità di fedeli nel suo formarsi e crescere, facendo sentire la sua presenza, la sua sollecitudine e la sua parola sempre chiara e formativa.

In risposta, il Vescovo ha affermato che la comunità non può sentirsi parrocchia se non unita alle altre parrocchie e alla grande comunità della città, in una “osmosi spirituale”. Ed ha efficacemente spiegato come deve muoversi la comunità che vive nel quartiere della Sacra Famiglia. Sicuramente nel quartiere c’è qualcuno ignaro di quel che si sta facendo, magari pensa che si stia costruendo un nuovo palazzo, ma ignaro significa anche incolpevole: compito dei cristiani è far sentire a tanti altri il respiro della vita cristiana che pian piano cresce e, con la particolarizzazione della nuova parrocchia, permette di raggiungere meglio gli abitanti. Ma – ha chiarito bene il Vescovo – la funzione della crescita e della costruzione di un complesso parrocchiale non è quella di “dotarsi di strutture”, ma di evangelizzare meglio. Lo scopo delle strutture materiali è l’evangelizzazione. I cristiani che animano questo quartiere, ha aggiunto, siamo noi, siete voi, chiamati a comprendere la particolarità di un territorio e servirlo in termini di testimonianza. Questa è la costruzione più impegnativa e “costosa”, ma su questo tipo di impegno, ha detto scherzosamente, non c’è contributo della Cei!…, c’è la forza dei Sacramenti, la nostra vita battesimale, insieme all’intercessione della Sacra Famiglia, che richiama più immediatamente che l’essere chiesa è essere famiglia. Il vostro e nostro essere cristiani è l’investimento migliore per edificare una vita cristiana sempre più diffusa e in crescita, senza esclusione di nessuno. Se c’è qualcuno che non lo sa, non ci fa caso, non si interessa, non deve comunque sentirsi escluso e questo dipende da come e quanto saremo capaci di raggiungere e di accogliere. Una comunità in crescita si articola e si organizza in funzione di questo uscire per evangelizzare: questo e solo questo giustifica l’impegno e la fatica della costruzione ed anche l’investimento economico che, come ci ricorda il Papa, a nulla serve se non a crescere nella fede e nella evangelizzazione e a diffondere la vita cristiana, altrimenti sarebbero solo arricchimenti impropri e indebiti che non ci competono.

Questo, perché siamo convinti che soltanto animando la società con la fecondità del Vangelo si può assicurare non solo la crescita della comunità cristiana ma anche il progresso civile e sociale della comunità degli uomini, che grazie al Vangelo possono trovare maggior beneficio migliorando le proprie condizioni di vita umane, grazie alla presenza della Chiesa nel mondo, nella città, nel quartiere.

Pensiamo in questa prospettiva di ampio respiro la complessità della costruzione, che non è fine a se stessa, ma a servizio di una comunità che a sua volta è a servizio del quartiere, in una dinamica e in una logica di servizio al Vangelo per aiutare tutti a crescere come uomini e donne.

Infine il Vescovo Antonazzo ha ringraziato Don Salvatore ed i collaboratori per l’impegno a favore della comunità ed ha porto gli auguri per una Pasqua di gioia.

Adriana Letta

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