Plagio mediatico

La maggior parte degli uomini è oggi influenzata astutamente, con metodi raffinati di persuasione, dalle tecniche pubblicitarie, ai cui messaggi e alla cui forza di convinzione tutti sono esposti praticamente senza difesa, in ogni condizione, in ogni atto, in ogni momento. Accade come se, conoscendo il meccanismo di un giocattolo, di un robot, lo si facesse muovere a proprio piacimento, secondo l’interesse e il gusto del momento: individuati i desideri segreti, gli istinti, le fantasie, i sogni, le speranze che gli uomini portano dentro, chiusi e nascosti nel loro subconscio, il gioco consiste nel preparare e diffondere i simboli e le immagini, le parole d’ordine e gli inviti che fanno scattare il meccanismo del consenso. La libertà individuale e collettiva, l’autonomia di giudizio e di critica, l’analisi e la valutazione personale sono in tal modo gravemente limitati e condizionati, a tutto vantaggio di coloro che dietro le quinte tirano i fili del potere politico ed economico, culturale e sociale.

La manipolazione e il controllo delle coscienze e delle menti resa possibile dai metodi spregiudicati e dalle tecniche estremamente raffinate della pubblicità, portano dunque in primo piano il grave problema del rispetto della personalità individuale e della volontà popolare: di fronte alla potenza dei moderni strumenti di persuasione collettiva, costituiti da giornali, televisione, radio, cinema, fotografia, pubblicità, internet, le masse risultano oggettivamente del tutto esposte e indifese, e perciò facilmente influenzabili in ogni settore della vita associata. La pubblicità rappresenta, dunque, uno strumento autoritario ed oppressivo e costituisce oggettivamente un passo indietro sulla difficile strada della formazione di un’umanità del tutto libera, indipendente, razionale, critica. Senza voler mettere in conto la conseguenza immediatamente negativa della pubblicità sul piano dell’educazione di massa alla verità: i prodotti propagandati, infatti, risultano sempre assolutamente inferiori, per qualità e valore, all’immagine che la pubblicità ne offre. Da questa differenza tra l’immagine pubblicitaria e l’effettiva realtà del prodotto, di qualunque prodotto, nasce nelle masse una tendenza a svalutare la dimensione concreta, quotidiana, di tutto ciò che è reale, vivo, effettivo. In altri termini, la pubblicità risulta profondamente e gravemente diseducativa perché offre immagini e simboli di una vita, di una realtà che esiste soltanto nelle fotografie, nei simboli, nelle promesse della propaganda, ma non nella concreta dimensione dell’esistenza quotidiana, del mondo fisico o sociale quale esso è. In tal modo la gente si sente defraudata di ciò che si aspetta ma che non trova, ed è portata di conseguenza a considerare la vita effettiva, la realtà concreta in senso negativo e riduttivo, come un insieme di aspetti, di condizioni, di colori, di sentimenti, di rapporti inevitabilmente meno belli, meno attraenti e suggestivi del mondo fantastico presentato, esaltato e promesso dalla pubblicità. E questo alimenta, ovviamente, il senso di insoddisfazione, di irrequietezza, di ansia delle masse, che vengono spinte ulteriormente a ricercare in altri beni, e quindi nell’acquisto e nel consumo di altri prodotti, quella soddisfazione e quella felicità che non hanno trovato, se non in misura imperfetta e inadeguata, in altre merci, in altri oggetti, in altri comportamenti e valori.

Da strumento in fondo legittimo ed opportuno di informazione e di promozione economica, la pubblicità si è trasformata pertanto in un mezzo subdolo e sottile di persuasione totale degli uomini, ai quali propina indifferentemente beni materiali e valori ideologici, politici, culturali, nell’interesse esclusivo, tuttavia, di coloro che detengono il potere economico o politico o sociale o culturale. Al di là del problema morale della correttezza o meno della pubblicità, esiste dunque il pericolo concreto che le tecniche utilizzate dalla propaganda commerciale siano perfezionate a tal punto da consentire un controllo esteso e ininterrotto della coscienza e della volontà degli individui e dei popoli. In fondo, la pubblicità ha già scoperto e largamente utilizzato i meccanismi elementari delle azioni e delle tendenze umane: basterà soltanto rendere più sicura la conoscenza delle leggi che regolano l’agire dell’uomo, approntare gli strumenti adatti per dominarle e piegarle a fini determinati, per ridurre tutta l’umanità in una condizione di servitù e di dipendenza non soltanto economica e culturale, ma anche e soprattutto politica e ideologica. Oggi raramente si tenta di educare le persone a smontare gli annunci pubblicitari per individuare i significati che essi esprimono. Eppure, poter svolgere questa attività è fondamentale per tutti, se si vuole essere attivi protagonisti della società in cui si vive.

A qualche giorno dalla solennità della Pentecoste mi trovo a riflettere… Anche questo è lo “spirito del mondo”… Come proteggersi? Il primo passo consiste nella consapevolezza, nella presa di coscienza attraverso lo studio e la conoscenza di tali fenomeni. Autoeducarsi quindi e poi educare: coscientizzare, infatti, corrisponde a “rendere liberi”. Troppo spesso la spettacolarizzazione mediatica pur di raccogliere audience diventa propagatrice di dis-valori scadendo nella volgarità, nell’esaltazione del futile e dell’effimero, nell’esasperazione dell’immagine di una sessualità vissuta come fine a se stessa; alcuni contenuti veicolati finiscono per trasmettere il concetto di “utilitarismo” applicato anche sul capitale umano: se sei di bell’aspetto allora vali qualcosa nella società dell’immagine, altrimenti non conti nulla; se possiedi abbastanza denaro da poterti permettere scarpe alla moda e un’automobile costosa allora vale la pena frequentarsi oppure non sei nessuno ai miei occhi.

L’abitudine al consumismo e all’essere costantemente proiettati nella dimensione del “materiale” ci sta portando lontano dall’attenzione verso quell’umanesimo che siamo invitati a recuperare all’indomani del CEI. L’attenzione all’aspetto materiale delle cose della vita sta talmente penetrando il sentire comune che non di rado, malamente e superficialmente, siamo pronti a giudicare buona o cattiva, simpatica o antipatica, affidabile o pericolosa, intelligente o sciocca una persona in base al mero aspetto esteriore: ancora una volta è l’apparenza, l’impressione dell’immagine esteriore a scapito dell’autenticità dell’uomo ad avere il sopravvento e a farla da padrone indisturbato. Rischiamo di essere vittime di stereotipi e preconcetti che, mentre operano quella “sottrazione mentale” che è sempre l’anticamera del pregiudizio, finiscono, al contempo, per “imprigionarci”, ci rendono schiavi con o senza la nostra consapevolezza. Presto o tardi finiamo per accorgerci che ci manca qualcosa… stiamo perdendo la sostanza, perdiamo quella bellezza che può nascere da un dialogo, da un confronto costruttivo, dalla relazione autentica e umana laddove spesso non si ha tempo e non si è nemmeno più in grado di saper ascoltare… E a dirla tutta, neppure se stessi…! Dopotutto 900 amici sui social non bastano per non avvertire quella strana solitudine interiore… Senza cadere in ulteriori digressioni, che pure sarebbero utili, un accenno importante va alla “TV del dolore”: come tacere a riguardo? Storie di violenza che viaggiano ridondanti da un notiziario all’altro, che distraggono e inondano di negatività: una violenza quotidiana a tutte le ore per fare soldi e distogliere dalle cose serie, oltre ai Tg, sempre più accaniti con notizie ansiogene che spacciano per informazione e denuncia sociale la speculazione sulle tragedie. A ben vedere incombe un boom di notizie criminali che infestano di negatività anche nella fascia oraria di rispetto dei minori… Ma ai reati di corruzione, ormai dilaganti, dedicano una minima parte… se c’è di mezzo qualche politico, certe Authority intervengono. Oltre a film, talk show, reality e serie televisive pregni di contenuti dis-valoriali, su una linea non troppo distante viaggiano i contenuti dei cartoni animati, proposti ai più piccoli, in onda ormai a tutte le ore e che, tra l’altro, tornando a condizionare inconsapevolmente, possono avere effetti negativi anche sul sonno. E’ compito dei genitori, in questo caso, essere attenti a “quale” TV somministrare e ancor più stabilire dei tempi: circoscrivere un orario da dedicare alla visione dei cartoni animati, al di fuori di cui proporre, ad esempio, una lettura guidata dei classici oltre che, a mio avviso, per la qualità dei contenuti, anche per il semplice motivo che il caro vecchio e buon libro, narrativo e illustrativo, non andrebbe accantonato…

La cultura spesso è messa da parte e svalorizzata dai giovani… A vantaggio di qualsiasi altra banalità di solito costosa e che invece fa tendenza… Stesso sguardo intorno ai media interattivi; anche in questo caso ci troviamo di fronte a rischi molto simili per cui sarebbe di auspicio un’educazione al corretto utilizzo di questi mezzi sia per non rischiare di farne un abuso, sia per una corretta discriminazione circa il buon uso di essi per i “giusti fini” culturali, etici, di informazione, di comunicazione (che è diversa da “rumore”) ma anche di svago. Resta oltremodo fondamentale saper riconoscere e distinguere “realtà” e “realtà virtuale” sapendo rispettare entrambe e riservando preferibilmente un po’ meno spazio ai videogames e un po’ più di spazio alla tradizionale e salutare partita a pallone tra amici, eccetera. Si potrebbe proseguire a lungo e in tutto questo c’è da ravvedersi…
C’è da prendere coscienza. In ballo non vi è solo l’essere buoni cittadini, ma l’essere buoni cristiani. Non v’è dubbio che in quest’ultimo periodo attraverso i mass media la Chiesa, il cristianesimo, la persona di Gesù Cristo vengono trattati molto spesso in modo negativo. Anzi: ci sono parecchi casi di una ostilità, di insinuazione al dubbio sistematico, e addirittura all’ironia compassionevole o peggio alla derisione. Ma c’è di più: normalmente chi assume tali atteggiamenti e li propone attraverso i media è persona che di Chiesa, di teologia, di Sacra Scrittura, sa poco o nulla!

Questo non è permesso, né tollerabile! A nessuno, digiuno di astrofisica, sarebbe consentito pontificare di… astrofisica! La Chiesa è amica dei media, ma dai media esige la stessa amicizia, lo stesso rispetto, la stessa qualificazione.

La Chiesa è amica dei media perché è amica dell’uomo. “L’uomo è la via della Chiesa” scrisse Giovanni Paolo II in “Redemptor Homins“, e Paolo VI non esitò a definire la Chiesa “esperta in umanità”. Più di recente, in un’intervista rilasciata al giornale Argentino “La Voz del Pueblo“, Papa Francesco ha affermato di aver abbandonato la visione della TV dal 1990 in seguito ad un voto fatto alla Vergine.

Ai media la Chiesa chiede oggi un supplemento di generosità verso l’uomo proponendo alla comunità mass mediale valori alti. Sbattere in prima pagina i sentimenti della gente, o la banalizzazione dell’amore, o l’avidità delle persone nei confronti del danaro non è né educativo, né etico.
Ed è fuorviante sostenere che trattasi di “spaccati di vita vissuta”! Sarebbe sciocco scomodare l’antico adagio della “TV cattiva maestra”!

Occorrerebbe invitare cordialmente autori e produttori a non essere cattivi maestri!

– Angela Taglialatela

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