Misericordia, servizio, dignità: all’Antonianum una conferenza su “Salute e crescita in umanità”

«Abbiamo un compito molto arduo e una grande responsabilità: fare opinione e formare per una proposta che permetta di discernere e di orientare il percorso culturale sul concetto di salute». Così Monsignor Lorenzo Leuzzi, vescovo ausiliare di Roma, ha introdotto la conferenza dal titolo “Salute e crescita in umanità”, ospitata, a Roma, nell’aula Sant’Antonio della Pontificia Università Antonianum.

All’indirizzo di saluto di Monsignor Leuzzi ha fatto seguito quello di Augustín Hernández Vidales, decano della facoltà di Filosofia dell’Antonianum, il quale, prendendo in prestito la famosa massima di Terenzio, ha invitato la platea a lasciarsi guidare dal motto “sono un uomo e non ritengo estraneo a me alcun altro uomo”, augurandosi poi che, quello organizzato dalla Pontificia Università Antonianum, in collaborazione con La Sapienza, sia solo il primo di tanti incontri che esortino le persone a mettersi al servizio dell’umano e dell’uomo.

Prima di lasciare spazio ai due interventi centrali della conferenza, organizzata nel quadro dell’accordo di cooperazione culturale e scientifica siglato dai due atenei capitolini lo scorso aprile, hanno preso la parola Friedrich Bechina, sottosegretario della congregazione per l’educazione cattolica e Ivan Colagè, docente dell’Antonianum. Proprio quest’ultimo ha sottolineato come il dialogo tra scienza e fede, tema che ha fatto da sfondo all’intero incontro, sia sempre più sentito come un’esigenza impellente con la quale è in ballo il futuro dell’umanità «e la cristianità» ha evidenziato il professore «è da sempre la religione del futuro».

Ad intervenire per l’Università La Sapienza è stato invece Gianfranco Tonnarini, direttore del Master in bioetica clinica. “Qualità della vita e etica della salute” il titolo della sua presentazione, durante la quale ha illustrato una serie di modelli che descrivono la qualità della vita in medicina. «Intorno al tema della qualità di vita» ha spiegato «si gioca oggi quello dell’assistenza del malato». «Quando si parla di qualità di vita è necessario avere un’idea unitaria di uomo nelle sue molteplici dimensioni» ha poi aggiunto il professore, chiarendo come il concetto di salute sia passato dall’essere semplice assenza di malattia ad una prospettiva molto più ampia che parla di benessere integrale dell’uomo. «Che cos’e la qualità di vita» ha affermato ancora Tonnarini «è una domanda che non trova una risposta univoca e può arrivare anche ad un generalizzato grado di relativismo per cui tutto può divenire metro per misurarla, finendo per essere sottoposta all’arbitrio non del malato, ma di chi se ne occupa». Non discorsi astratti, quindi, ma argomenti che toccano, quotidianamente, l’esistenza delle persone in un incontro tra fragilità umana e mondo della medicina che, alla qualità, dovrebbe sostituire, come suggerito dal professore, la dignità, in quanto valore fondamentale che costruisce e difende l’autentica qualità di vita di ogni persona. «La medicina» ha infine concluso Tonnarini «può aiutare l’uomo a vivere bene la propria vita nonostante i suoi inevitabili limiti. Di fronte al malato, soprattutto terminale, è decisiva la dimensione della misericordia, virtù dell’agire che appartiene alla più nobile tradizione dell’umanesimo italiano».

L’intervento finale dell’incontro, dal titolo “Dalla reincarnazione al transumanesimo: storia dell’anima, storia del corpo”, è stato affidato a Stéphane Oppes, docente di filosofia della Pontificia Università Antonianum. «Non si può capire la dimensione del corpo e dell’anima senza una visione del tutto» ha sottolineato il francescano, spiegando che bisogna guardare alla realtà nella sua molteplicità, considerando i sistemi nei quali viviamo come precomprensioni, in senso gadameriano. «L’uomo» ha chiosato Oppes «può e deve essere interpretato anche meccanicamente, ma non può essere questa la visione predominante e non può essere ridotto a macchina. Dobbiamo abitare con prudenza questi pregiudizi, utilizzando i sistemi senza farci circoscrivere. Possiamo parlare, in casa francescana, di pensiero povero e umile che sia a servizio e a diaconia dell’uomo reale, della persona e della vita».

Maria Caterina De Blasis

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