L’elogio del sentimento: La visione ebraica e cristiana

Convegno della Conferenza Episcopale Laziale – Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo

Cassino, 12 marzo 2015

 

Rieducarci al sentimento, che non è debolezza, rinuncia, impotenza, ma la vera forza del nostro essere persona in relazione con gli altri. Questo, in estrema sintesi, il messaggio del Convegno Regionale organizzato dalla Conferenza Episcopale Laziale, Commissione per l’Ecumenismo e il Dialogo, svolto a Cassino presso il Teatro Manzoni il 12 marzo. Una giornata di incontro e di riflessione per offrire ai docenti delle scuole superiori, di religione e materie umanistiche (Il Convegno di studio è riconosciuto come Corso di aggiornamento con esonero dal servizio per i docenti), e agli studenti maturandi un’occasione di discernimento circa i sentimenti fondanti del vivere assieme che promana dalla sapiente visione cristiana ed ebraica a fronte della crisi culturale e antropologica attuale.

 

1 Mons. Gerardo Antonazzo

La presentazione del convegno è stata affidata a Mons. Gerardo Antonazzo, vescovo della Diocesi ospitante e Presidente della Commissione Regionale per l’Ecumenismo e il Dialogo, che dopo i saluti istituzionali ha voluto proporre una introduzione particolarmente densa e accattivante, costituita da un video e da versi di Gabriele Pescosolido, che per l’occasione ha pubblicato cinque suoi componimenti col titolo “Dei sentimenti”, dedicandoli “ai due fidanzati Admira Ismić e Boško Brkić, entrambi venticinquenni, lei musulmana, lui serbo, uccisi sul ponte di Vrbania (Sarajevo) nel maggio 1993 mentre tentavano di fuggire verso la libertà”, aggiungendo il particolare che “Per molti giorni i loro corpi rimasero, mano nella mano, sul ponte perché nessuno osava avventurarsi sulla linea del fronte”. La lettura dei versi da parte dell’autore ed il commento da parte del Vescovo, hanno dato con l’efficacia del linguaggio poetico, che meglio di ogni altro sa parlare al cuore, il giusto tono ai lavori.

2  Gabriele Pescosolido

Il primo a tenere la sua relazione sul tema “I giovani, le emozioni e i sentimenti“, è stato il famoso psichiatra Vittorino Andreoli che, da par suo, ha affascinato la numerosa platea. Ha iniziato con l’indicare le due sfere, la razionalità (tutto quel dominio che nel cervello è ben organizzato e corrisponde all’emisfero sinistro) e l’affettività. Ma poiché il comportamento umano è guidato prevalentemente dall’affettività, si è soffermato su questa sfera, chiarendo bene la distinzione tra emozioni e sentimenti. Le emozioni, ha spiegato con dovizia di esempi, sono sensazioni che si provano in risposta ad uno stimolo, una risposta acuta che però finisce poco dopo. Più lo stimolo è forte più forte è la risposta emotiva, col rischio dell’assuefazione per cui gli stimoli debbono essere sempre maggiori per ottenere la medesima forza della risposta.

Il sentimento, invece, stabilisce un rapporto, esprime un legame tra un individuo ed un altro individuo e permane anche in assenza dell’altro perché è stato interiorizzato, infatti si sente la necessità dell’altro, perché il sentimento si fonda anche su una caratteristica precisa: il bisogno, “ho bisogno di te”.  Il legame alla fine fa parte del nostro essere.

3 Vittorino Andreoli

Il sentimento, invece, stabilisce un rapporto, esprime un legame tra un individuo ed un altro individuo e permane anche in assenza dell’altro perché è stato interiorizzato, infatti si sente la necessità dell’altro, perché il sentimento si fonda anche su una caratteristica precisa: il bisogno, “ho bisogno di te”.  Il legame alla fine fa parte del nostro essere.

La coppia, la famiglia, il gruppo, la comunità si strutturano sui legami.

Il mondo di internet e delle immagini, invece, danno stimoli che generano reazioni emotive, mai legami.

Io faccio l’elogio del sentimento” ha affermato con forza Andreoli. Meglio che gli educatori sappiano che ciò che stabilisce legami, che dà stabilità e sicurezza sono solo i sentimenti e che educare significa insegnare a vivere in un mondo che è nuovo, complesso e fantastico.

La famiglia deve essere il luogo dei sentimenti, di quei legami che finiscono per dare garanzia e sicurezza; per educare, la famiglia ha il preciso compito di stabilire legami. Altro sono la scuola, la tv ecc. Il sentimento è il punto centrale per distinguere i compiti di ogni agenzia educativa.

Oggi domina la “cultura del nemico”, fatta di diffidenza e di volontà di dominio. Il sentimento, al contrario, è la cultura dell’accoglienza e dell’ascolto.

Lo psichiatra ha poi affrontato il tema del rapporto tra sentimenti e sessualità, che è “un problema giovanile enorme”. Oggi, ha osservato, si sente come se il corpo servisse soltanto alle emozioni, invece proviamo a rileggere il Cantico dei Cantici. Il corpo sente che vorrebbe donarsi, ma il donarsi è all’interno del sentimento, altrimenti è scambio di tipo commerciale. Il legame serve a costruire una storia. Esiste un “noi” e la nostra serenità dipende da chi ci è intorno. Alla parola “felicità” bisogna sostituire il termine desueto di “gioia”, perché la gioia tiene conto dell’altro, appartiene alla coppia, alla famiglia, alla comunità, mentre l’io vuol dire egoismo, egocentrismo, società del “potere”, cioè: io faccio perché posso, e il potere ha sempre bisogno dell’altro per dominare.

Andreoli ha infine chiesto di meditare sulla parola “fragilità” e ha detto: “Io sogno un umanesimo di fragilità”, fondare cioè un insieme di uomini tenendo conto che ci sono fragilità, e questa è una condizione esistenziale dell’uomo. Due fragilità insieme danno forza, invece è isolato l’uomo delle emozioni,  l’uomo del potere, del dominio e allora ci sono odio, inimicizia… Ciò che caratterizza il momento presente è la paura, l’incertezza. La parte dei sentimenti è in profonda crisi, tanto che si parla di “consumo dei sentimenti”, di usa e getta applicato ai sentimenti, che sembra debbano essere buttati via. Ma sono i sentimenti che costruiscono la storia di un uomo.

Concludendo, ha affermato: per fare bene nell’aiutare a crescere i giovani, bisogna che cambino gli adulti!

Grande l’attenzione con cui i presenti hanno seguito il discorso di Andreoli, forti gli applausi, cui hanno fatto seguito alcuni interventi e domande dalla sala, che hanno regalato un piccolo dibattito.

4 Rav Benedetto Carucci Viterbi

Dopo una breve pausa, in cui in molti si sono affollati vicino ad Andreoli chiedendogli di autografare i libri appena comprati e commentando i temi dibattuti, è stata la volta del Rav Benedetto Carucci Viterbi, Preside della Scuola Ebraica di Roma, che ha parlato su “La Thorà e i sentimenti“. Fondamentale, ha detto in apertura il rabbino, è la relazione, che può essere uomo con uomo, uomo con Dio e Dio con uomo.

Per ognuno di questi tipi di relazione ha indicato alcuni esempi di sentimenti espressi nella Bibbia. Ad esempio, per la relazione uomo-uomo, ha indicato la figura di Abramo nell’episodio del sacrificio chiestogli da Dio del figlio Isacco, in cui Abramo si trova in una dimensione sentimentale di divaricazione tra sentimento verso Dio e verso il figlio. Non è plausibile l’interpretazione secondo la quale Abramo è spersonalizzato, perché congelato emotivamente e pronto a sacrificare il figlio, perché il testo, nel dialogo tra papà e figlio e nel ripetere che “camminavano ambedue insieme”, ribadisce il legame esistenziale e sottolinea la forza del sentimento che li conduce. Sentimento filiale-paterno che non si può spezzare nemmeno nel rapporto con Dio. Anche Isacco, in grado di capire cosa stava succedendo, non scappa. Segno che si rafforza il rapporto di sentimento tra i due.

Altri esempi biblici sono le due coppie Isacco-Rebecca e Giacobbe-Rachele, che mostrano due diversi modelli di costruzione della relazione di coppia: la prima coppia, che si forma attraverso un sensale, mostra che un sentimento anche amoroso si può costruire attraverso un percorso di educazione al sentimento. La seconda coppia nasce appena Giacobbe vede Rachele, se ne innamora e si infiamma di sentimento. Sia l’una che l’altra sono strade di costruzione del sentimento.

Terzo esempio è Mosè, la cui prima azione che viene narrata è da adulto, quando “uscì e vide la sofferenza dei fratelli” e “mise i suoi occhi e il suo cuore” per essere sofferente con loro. Meccanismo di sentimento significativo: è prototipo di “colui che sopporta il giogo con il suo amico”, modello di empatia, di compartecipazione, di capacità di sentire la condizione dell’altro. Da chi ha imparato Mosè? Da Dio stesso, nell’episodio del roveto ardente, dove Dio si autonomina come Colui che partecipa alle sofferenze del popolo, secondo l’interpretazione rabbinica.

 

Per il secondo aspetto, la relazione dell’uomo con Dio, Carucci Viterbi ha citato lo Shemà, la preghiera di tutti gli Ebrei “Ascolta Israele”, la cui prima conseguenza è l’amore per Dio. E siccome i buoni sentimenti sono solo una parte dei sentimenti, bisogna essere capaci di amare Dio anche con la componente negativa del cuore.

 

Infine, riguardo alla relazione di Dio con l’uomo, il rabbino ha citato Isaia 56, in cui Dio parla della “mia casa di preghiera”. Dio prega? La preghiera di Dio viene interpretata come una richiesta a se stesso di far prevalere la misericordia su tutti gli altri sentimenti, una misericordia che sia in grado di “conquistare la sua ira”.

Diverse dunque le declinazioni proposte, a dimostrare che lo zoccolo su cui costruire le relazioni è fatto di sentimenti e ci si può educare a questo attraverso un percorso.

5 Eugenio Bernardini

E’ stata poi la volta del Pastore valdese Eugenio Bernardini, Moderatore della Tavola Valdese, che ha parlato sul tema “L’empatia, l’oggi dei cristiani“. Il sentimento, ha affermato, rende forti le religioni ma anche pericolose, per la capacità di indirizzare i sentimenti verso l’inclusione, con una forza di integrazione potentissima, ma anche verso esclusioni altrettanto potenti, attraverso strumenti sentimentali più che razionali. La storia dell’Occidente è piena di episodi, in positivo e in negativo e anche il nostro presente vede il tema del rapporto religione-violenza, in cui i giovani sono coinvolti. E’ qualcosa da maneggiare con cura, ha avvertito il Pastore. L’Occidente, culla della pluralità liberale e della democrazia, con tutti i suoi difetti, è l’esperimento umano migliore che siamo riusciti a creare per vivere insieme riconoscendo che siamo diversi. Ha accennato anche al cammino delle chiese cristiane approdate, dopo secoli, ad una esegesi teologica ampiamente condivisa.

Oggi nella nostra società cresce quello che Galimberti chiama l’analfabetismo emotivo, per cui ci può essere qualcuno che ti fa leggere i tuoi sentimenti e manipolare la tua identità. Sono gruppi di manipolatori, anche estremi.

La situazione attuale è di obiettiva criticità, in cui si muovono soggetti molto spregiudicati. Perciò occorre tornare alla fonte, riscoprire quella dimensione complessa dell’umanità profonda di tutti, fatta di sentimenti, non solo di ragione. Lì bisogna tornare sempre per costruire, educare. Dobbiamo nutrire le nostre esperienze rispondendo ai perché e facendo crescere i sentimenti in una società possibilmente più adulta di quella che conosciamo oggi.

6 Mons. Ambrogio Spreafico

L’ultimo intervento della mattina è stato di Mons. Ambrogio Spreafico, Vescovo di Frosinone-Veroli-Ferentino, sul tema “I sentimenti di Gesù“.

Pur avendo a disposizione poco tempo e dovendo abbreviare il discorso, rimandando alla relazione integrale che sarà negli Atti del convegno, Mons. Spreafico ha saputo calamitare gli sguardi e l’attenzione dei presenti con le sue parole chiare ed incisive. Entrando subito nel merito, ha affermato che Gesù, essendo vero uomo, ha sentimenti e li ha esemplificati.

Il primo è la compassione, il sentimento che nasce davanti al bisogno di un altro e che per Gesù (e solo per lui) viene identificato con un verbo che indica il ventre della madre che ha dentro di sé il figlio, parte di lei e della sua vita. Questo è il sentimento di Gesù nel Vangelo, Egli ci sente parte della sua vita. E’ un sentimento che implica relazione con un altro, relazione di paternità/maternità, relazione che nasce quando qualcuno ha un bisogno e chiede. Dovrebbe nascere anche in noi quando “vediamo” qualcuno che soffre, ma molte volte vediamo ma non proviamo compassione e non ci fermiamo, come il levita e il sacerdote di fronte al malcapitato soccorso poi dal Samaritano. La compassione cambia il rapporto, fa diventare un estraneo un familiare. Così il cristiano, quando vede l’altro lo include nella sua famiglia.

C’è poi il sentimento della misericordia: è la compassione che provoca misericordia, tratto tipico della Bibbia.

Anche l’ira o indignazione è un sentimento presente già nell’Antico Testamento, dove Dio si arrabbia molte volte. Tutta la profezia è una esclamazione, è un Dio del pathos, la fine dell’indifferenza. L’ira di Dio, ha spiegato Mons. Spreafico, è indignazione di fronte all’ingiustizia, al male, ai disastri compiuti nel mondo, mentre occorre compiere il bene. Così Gesù si arrabbia (per la guarigione operata di sabato, per il mercato fatto nel tempio…) perché non è indifferente di fronte al male. Noi di fronte al male dovremmo indignarci, perché non si può essere indifferenti.

C’è poi il pianto  di Gesù, conseguenza di un sentimento. Nei Vangeli Gesù piange quando si accorge della violenza, del rifiuto della pace ed è triste. L’annuncio del Vangelo è un annuncio di pace di fronte alla violenza del mondo: quando manda i discepoli a due a due raccomanda di dire “Pace a questa casa!”. Anche per la morte dell’amico Lazzaro Gesù piange e nel testo originale viene usato un verbo che significa pianto accorato, conseguenza di affetto per una persona; tristezza per la morte. Dunque, davanti al male e alla violenza Gesù ha un sentimento forte. Anche noi dobbiamo piangere di più.

Infine c’è il sentimento della gioia di Gesù, che è segno di comunione e di amicizia. In tre casi Gesù gioisce, perché vede i discepoli che condividono con Lui la comunione col Padre. Questa è la gioia di Gesù, la condivisione di vita e di amore.

In Gesù si realizza la pienezza dell’umanità, che nasce dalla comunione, non dall’individualità. Questa comunione di amore ha forza dirompente che fa vincere sul male.

 

 

Pomeriggio

7 prof. Tonino Cantelmi

La sezione pomeridiana del convegno si è aperta alle 15 con il prof. Tonino Cantelmi, Docente di Cyberpsicologia alla LUMSA, che ha parlato su “L’amore e l’amicizia nell’era tecnoliquida: da Facebook al sexting“. Ha intrattenuto i presenti sulle tecnomediazioni delle relazioni, avvalendosi di brevi filmati per evidenziare le conseguenze anche paradossali dell’uso della tecnologia digitale che non è più uno strumento, ma un mondo da abitare, che crea nuovi sistemi cognitivi, nuovi assetti, nuove convinzioni, soprattutto tra i nativi digitali. Pare che verso gli 11 anni i ragazzi comincino a pensare che gli adulti non servono più per le informazioni, sono molto più efficaci e veloci i tutorial su Google. C’è un nuovo modo di costruire il sapere e di relazionarsi. E’ nato un narcisismo digitale per cui la rappresentazione di se stessi  è importante soprattutto per il punto di arrivo, in genere molto diverso da quello di partenza, quasi un cartellone pubblicitario di se stessi. Chi ha un profilo Facebook abita in un mondo inventato da un diciassettenne ubriaco che ha inventato un nuovo modo di intendere l’amicizia. Amici sono coloro che condividono foto, emozioni, commenti. Tutto è fondato sulle emozioni, non c’è storia, non c’è elaborazione, non c’è sentimento. Fb esalta in maniera fantastica la rappresentazione di sé. Liquidità significa possibilità di essere continuamente in mix, ripensare continuamente il proprio progetto esistenziale, istante per istante. Sorgono problemi di ambiguità, viene a cadere il tema del ruolo e della responsabilità, non c’è più “essere con” e quindi “essere per”, saltano i legami di amicizia, di amore. Infine la velocità, divenuta una dimensione antropologica, un’esigenza: non c’è tempo per l’attesa, amicizia e amore si consumano presto. I videogiochi stanno plasmando i nuovi nativi digitali: l’apprendimento è performance, gratificazione, passaggio al grado successivo.

Dunque, ha concluso Cantelmi, noi, ultima generazione di immigrati digitali abbiamo il dovere di trasmettere il bisogno irrinunciabile di fare incontri interpersonali autentici e salvaguardare questa dimensione che è la base dell’amicizia, dell’amore e della solidarietà.

8 Alessio Porcu

Ultima, interessante relazione, quella di Alessio Porcu, giornalista, direttore di Teleuniverso, che per tutta la giornata ha svolto egregiamente il ruolo di moderatore, ed ha trattato il tema “Media, immagini, sentimenti“. Con forza e passione ha subito affermato: le immagini non sono sentimenti, sono costantemente persuasione. Non siete voi che guardate la tv, è la tv che guarda voi e vi sta persuadendo continuamente. L’immagine nella comunicazione è condizionamento, ha continuato, e il potere delle immagini sta nelle emozioni che vogliono far arrivare. Per dimostrarlo, ha portato svariati esempi di immagini rimaste famose per il messaggio che hanno veicolato, ma in realtà usate strumentalmente. Non serve neanche usare il photoshop, ha svelato, basta una didascalia ad hoc. La foto shock per natura sua è insignificante. Le immagini trasmesse dall’ISIS sono emblemi di una guerra combattuta con i mezzi mediatici. Il potere di quelle immagini è molto più forte di una battaglia campale o della conquista di una città. L’immagine “combatte la sua battaglia”. Nelle ultime immagini dell’ISIS le vittime, condannate a morte, appaiono sottomesse:  così è costruita l’emozione che porta ad essere spaventati. Se trasmettessero l’immagine di un condannato che, come Fabrizio Quattrocchi nel 2004 dice: “adesso vi faccio vedere come muore un italiano”, genererebbe orgoglio nazionale. Le immagini sono un momento dell’arsenale del terrore. Nel manipolare le immagini viene utilizzata anche la diplopia, un’immagine capace di evocare un’altra e suscitare la stessa emozione.

Siamo, insomma, consumatori di prodotti e situazioni, immersi in un costante tentativo di persuasione. “Svegliatevi, aprite gli occhi, cercate di capire chi e per quale motivo le sta proponendo. Tornate alla vita reale e cercate di non essere assuefatti, insegnatelo ai vostri allievi”, ha detto provocatoriamente Porcu, confidando in conclusione: “Dei sentimenti c’è un disperato bisogno, altrimenti questa società è morta”.

 

Mons. Marco Gnavi, della Commissione regionale Ecumenismo e Dialogo, tra gli organizzatori del convegno insieme alla dott.ssa Francesca Merolla, è intervenuto con alcune riflessioni a ricordare che nella Bibbia non c’è anonimato, c’è una Parola e un volto, ognuno è una persona e che oggi la vera risposta alla cultura pervasiva della morte è la cultura della vita.

A trarre le conclusioni da tanti importanti spunti, idee e provocazioni, è stato Mons. Antonazzo, che ha ribadito che l’uomo autentico è solo quello attraversato dal sentimento, che sa costruire rapporti con gli altri e che bisogna rieducarci al sentimento. E ha dato a tutti i “compiti a casa”: riscattare il più possibile i nostri rapporti dalla dittatura dei contatti e delle sole emozioni, per restituirli alla libertà del sentimento.

 

Dice bene poeticamente Gabriele Pescosolido: Siamo e resteremo… sentimento d’Amore.

 

 – Adriana Letta

 

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