Convegno pastorale diocesano, terza serata

La terza serata del Convegno pastorale diocesano

«Qualcuno bussa alla porta della tua casa. Apri e ascolta»

I lavori del convegno pastorale diocesano si sono svolti, anche per la terza serata di martedì 18 giugno, nella Sala Giovenale di Aquino. Le prime due serate, venerdì 14 e lunedì 17 giugno, hanno avuto in qualità di relatore don Giovanni Tangorra, ordinario di Ecclesiologia presso la Pontificia Università Lateranense. Il terzo appuntamento, invece, ha visto come protagonista il vescovo Gerardo Antonazzo, mentre a moderare il dibattito è stato sempre mons. Domenico Simeone, vicario episcopale per la pastorale diocesana e segretario generale per la visita pastorale.

Nel prendere spunto dal volume intitolato Cittadella, pubblicato nel 1948, di Antoine de Saint-Exupéry, l’autore de Il Piccolo Principe, il Vescovo ha iniziato la sua relazione leggendo il seguente testo: «Se comunico ai miei uomini l’amore della rotta sul mare in modo che ognuno sia attratto da una forza interiore, allora li vedrai ben presto differenziarsi secondo le loro infinite qualità particolari. Questo tesserà delle tele, l’altro abbatterà l’albero nella foresta con la sua tagliente scure, l’altro ancora fucinerà dei chiodi e in qualche luogo ci sarà qualcuno che osserverà le stelle per imparare a dirigere il timone. E tuttavia tutti insieme non saranno che uno solo. Costruire una nave non significa tessere le tele, fucinare i chiodi, osservare gli astri, ma infondere il gusto del mare che è unico e alla luce del quale non esiste più nulla di contraddittorio, ma soltanto una comunità nell’amore».

La metafora utilizzata è quella della barca, ossia la nave che rappresenta la Chiesa. Si diventa comunità nel costruire insieme. La barca, invero, è sempre stata scelta come simbolo episcopale della Chiesa. Questo è lo spirito che deve animare la visita pastorale, che avverrà all’interno di una storia di Chiesa. Bisogna tener conto, inoltre, della rimodulazione del territorio dell’attuale diocesi, considerata l’annessione dell’ex diocesi di Cassino. La Chiesa particolare sente di dover vivere una spinta evangelizzatrice sul modello della Chiesa universale, che risente della forza e dell’impulso dell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

I rischi da evitare sono due: da un lato, il pensare che la visita pastorale sia un compito del Vescovo; dall’altro, il fatto che la singola parrocchia si limiti a considerare soltanto il periodo “calendarizzato”, quando cioè sarà oggetto della visita specifica, tralasciando il prima e il dopo. Ciò indica che il progetto pensato da mons. Antonazzo è di ampio respiro, poiché si tratta di un cammino da fare insieme, un percorso pluriennale, che durerà circa tre anni.

Riprendendo il significato dell’espressione «sensibilità ecclesiale», occorre sentire questo tempo di grazia come Chiesa diocesana. Non dobbiamo tirare i remi in barca e, per prima cosa, imparare a riassettare le reti. Ecco perché la lettura del Vangelo di Luca, capitolo 5, con la quale don Giovanni Tangorra ha terminato i suoi interventi, ha coinciso con l’inizio di quello del Vescovo, il quale, leggendo il Salmo 57, ha affermato: «voglio svegliare l’aurora» della fiducia, bandendo l’«accidia pastorale» di cui si è parlato nelle serate precedenti. C’è bisogno di un ascolto rispettoso e reciproco, con un grande coinvolgimento di tutta la parrocchia e delle sue varie realtà (Consiglio Pastorale Parrocchiale, Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, ecc.). Anche il questionario – una sorta di radiografia per una lettura reale e realistica della vita della parrocchia – deve essere compilato solo dopo l’ascolto della comunità, coinvolgendo anche i parrocchiani che frequentano di rado o per niente la Chiesa, le cosiddette «periferie esistenziali».

Il riferimento, a questo punto, è all’Esortazione Apostolica Evangelii Nuntiandi di San Paolo VI, ove questi asserisce: «La Chiesta esiste per evangelizzare», e il primo a farlo è proprio il Vescovo. Ogni comunità deve cogliere la grazia e l’opportunità di questo evento, cui seguiranno delle decisioni che andranno prese e condivise.

La logica, quindi, è quella di «una Chiesa in stato permanente di missione» (Papa Francesco). La diocesi vista come madre in stato permanente, interessante, fertile. La missione come condizione generativa della fede.

La visita pastorale è inscritta nel DNA della Chiesa. Nell’Antico come nel Nuovo Testamento, oltre alla categoria dell’amicizia, troviamo l’immagine di Dio come pastore che visita il suo popolo, di Dio come pastore d’Israele.

Il Vescovo ha proseguito la sua disamina elencando le ragioni della visita pastorale. Le finalità sono le seguenti: annunciare, celebrare e testimoniare la fede nel Cristo risorto, il «kerigma», il primo annuncio; realizzare un processo di purificazione della nostra memoria, curando e sanando le ferite; promuovere la dimensione comunitaria e sinodale della parrocchia; ravvivare la comunione ecclesiale in prospettiva missionaria, in fines terrae, per costruire ponti, anziché muri. Riguardo alle priorità, è necessario: approfondire il mistero della Chiesa; educare allo stile sinodale nel cammino comunitario; formare dei laici ben qualificati; essere consapevoli che lo svolgimento di un ministero è a favore degli altri. Gli obiettivi sono: superare l’idea di autosufficienza e autoreferenzialità; favorire la comunione presbiteriale; aumentare la missionarietà attraverso la presenza capillare della parrocchia sul proprio territorio; lavorare alla formazione dei gruppi famiglia.

La visita pastorale ha un’icona biblica ripresa dal testo di Apocalisse (1,12-20). Come leggiamo nella Lettera di indizione: «Il Risorto custodisce nelle sue mani le “sette stelle” (i pastori) e visita i “sette candelabri” (le comunità) con la forza della sua Parola, “spada affilata, a doppio taglio”». Ci sarà, inoltre, un’icona artistica raffigurante il buon pastore, che farà tappa nelle singole parrocchie durante la visita pastorale, come un testimone passato nelle gare di staffetta. Infine, è toccato all’artista Gabriele Pescosolido descrivere il logo che egli stesso ha realizzato.

In conclusione, il Vescovo si è rivolto alla platea e a chi ha seguito la diretta streaming, ricordando la «carta d’identità» del cristiano di cui ha parlato Papa Francesco il 25 giugno 2014, durante l’udienza generale. Alla domanda: nome e cognome del cristiano? «Sono cristiano» e «appartengo alla Chiesa», ha risposto il Papa. È stato questo il saluto che ha rivolto a noi presenti.

Rocco Iacovella e Antonella Carcione

Categorie: Aquino,Tutte Le Notizie,Vescovo

Tags: ,,