Chi è per me Gandhi

Dicono fosse quasi in fin di vita. Stremato.
Aveva dato tutto. Tutto quello che aveva e anche di più, per una libertà che ora vedeva tramutarsi in odio.
Era anziano, provato, stanco. Si era battuto tutta la vita.

Dicono che iniziò una notte su un treno, in una remota stazione del Sud Africa, dov’era andato per iniziare a svolgere la sua professione di avvocato. L’uomo che doveva difende, un ricco mercante indiano in Sudafrica, gli aveva comprato un biglietto di prima classe per arrivare da lui. Un passeggero bianco chiamò il controllore, lamentandosi del fatto che in Sudafrica, una persona di colore non poteva stare in prima classe. Lo buttarono fuori dal treno, di notte, in una stazione pessima, dove dovette dormire senza cappotto. Faceva freddo e fu quello il momento in cui iniziò a sentire che era ridicolo fare l’avvocato di successo se intorno a lui la sua gente soffriva. Doveva impegnarsi, doveva lottare.

Aveva mosso l’anima di un popolo sterminato semplicemente con la forza della sua.

Non parlando, non teorizzando. Facendo migliaia di chilometri a piedi o su treni di terza classe, coinvolgendosi, abbracciando i lebbrosi, pulendo le latrine con le sue mani. Realizzando nel silenzio dei fatti la realtà dell’Amore.

Aveva mosso l’anima del mondo semplicemente muovendosi. E ora, soffriva.

Grazie a lui gli indiani erano riusciti a superare divisioni politiche, religiose, sociali ed avevano ottenuto la libertà dagli inglesi, in anni di lotta estenuante.
Era venuto a Delhi perché glielo avevano chiesto i politici. La sua presenza bastava a far calmare i tumulti e le uccisioni. Loro lo sentivano e si fermavano.
Era venuto a Delhi e digiunava perché cessassero gli scontri tra indù e musulmani. Era vecchio, stanco, provato e pregava nella sua stanza. Quando un uomo entrò.
“Io -disse l’uomo- sono un assassino. Ho ucciso un bambino musulmano. Loro avevano ucciso mio figlio ed io mi sono vendicato, ho spaccato la testa a un bambino musulmano ed ora ho paura. Ho paura delle maledizioni in cui questo mi farà cadere”. Non avere paura -rispose lui-: prendi un bambino orfano e crescilo con tutto l’amore che hai dentro di te. Assicurati che sia musulmano”.

Ma che dire ancora di Gandhi che non sia già stato detto e ridetto? Che dire ancora a quasi 68 anni dal suo assassinio avvenuto il 30 gennaio del 1948? Che fu l’uomo che più di tutti incarnò la non violenza con risultati sconvolgenti? Che fece tremare il mondo senza dire una parola ma con la forza della sua coerenza? Che per lui non cambiavi il mondo se puntavi il dito sugli altri ma se riuscivi davvero a conoscere e cambiare te stesso?

Ma queste sono cose che sono già state dette, scritte, messe in scena.

Lessi l’autobiografia di Gandhi, “La mia vita per la libertà“, per puro caso. Mi aspettavo di trovare un grande santone pieno di consigli, pieno di insegnamenti, pieno di parole. Come quei giornalisti che lo tempestavano di domande mentre lui continuava in silenzio a cucire.
Anche a loro, come a me, Gandhi diede la stessa risposta: “Non ho messaggi, non ho consigli. La mia vita è il mio messaggio“.

Mi aspettavo di trovare un uomo sicuro di sé che faceva lunghi discorsi per convertire gli altri. Invece trovai un timidissimo avvocato che svenne la prima volta che prese la parola in pubblico, ma che, nonostante questa timidezza, non si tirò indietro davanti all’ingiustizia che vedeva, anche se la lotta era più grande di lui.

Mi aspettavo di trovare un santone che dopo due minuti di conoscenza emettesse tutta una serie di sentenze su una persona appena conosciuta, giudicandola buona o cattiva sulla base di una frase, senza nemmeno chiedergli “come stai?”.
Invece trovai un uomo che chiedeva sempre permesso, parlava con tutti ed in tutti trovava il lato positivo. Un uomo che ringraziava gli inglesi per il buono che avevano portato in India e che non smise mai di amarli, anche quando li mandò via dal suo paese condannandone i soprusi.

Mi aspettavo di trovare un uomo pieno di dogmi sullo Spirito e sulla Verità e tutta una serie di spiegazioni dello Spirito e della Verità. Invece la prima cosa che mi disse fu che lui la Verità proprio non la conosceva per niente. Semmai la cercava.

Trovai un uomo che una volta disse che la Verità è una, ma che il modo di arrivarci di ogni persona è unico… e che se anche uno avesse trovato la Verità e la imponesse ad un altro per il suo bene, otterrebbe l’omicidio dello Spirito di quest’altro.

“Non predicatemi il Dio della storia; mostratelo oggi come vive in noi! Non credo alla gente che parla agli altri della propria fede, soprattutto con lo scopo di convertirla. La fede non ammette di essere esposta. Deve essere vissuta.
Allora si diffonde da sé“.

– Angela Taglialatela

20160113001130

Categorie: Pillole di formazione,Tutte Le Notizie

Tags: