Una quinta Porta Santa, quella della Cultura

Il Vescovo, incontrando docenti, studenti e lavoratori Uniclam, invoca una “cultura umana”

Mercoledì 16 dicembre il Vescovo Mons. Gerardo Antonazzo si è recato al Campus della Folcara per incontrare, prima di Natale, i rappresentanti dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale. Accolto al suo arrivo da Don Benedetto Minchella, cappellano dell’Università, e dal prof. Filippo Carcione, Docente del Dipartimento di Scienze umane, sociali e della salute, il Vescovo Gerardo ha poi celebrato l’Eucaristia non nella cappella di S. Anselmo, troppo angusta, ma in una spaziosa aula a piano terra messa a disposizione. Presenti il nuovo Rettore prof. Giovanni Betta, molti docenti, studenti e lavoratori del ramo amministrativo, oltre che una rappresentanza del Coro universitario, diretto dal Maestro Fulvio Venditti, che ha animato col canto la liturgia.

Forte, densa e significativa l’omelia pronunciata dal Vescovo, il quale ha equiparato questo incontro prenatalizio, all’indomani dell’inizio dell’Anno straordinario della Misericordia, all’apertura di una quinta “Porta Santa” diocesana, dopo quella della cattedrale di Sora, della Basilica Santuario di Canneto, della Chiesa Madre di Cassino e della cappella del carcere, come una “Porta Santa della Cultura”.

Non si può lasciare sola la parola cultura, ha sostenuto il celebrante, perché potrebbe prestarsi a rischi, tentazioni, perversioni e aberrazioni ideologiche, come il terrorismo. Alla parola cultura occorre un aggettivo che la qualifichi e la finalizzi, occorre la parola “umana”. E’ questo aggettivo che impedisce alla cultura di prestarsi a tante storture. E’ la cultura dell’umanesimo, come è stato detto a Firenze nel grande convegno ecclesiale italiano del mese scorso, ed è necessario rifondare un nuovo umanesimo, ponendo al centro la questione dell’uomo, la questione antropologica.

Se la cultura, ha continuato Antonazzo, è finalizzata all’umanesimo, raggiunge il suo obiettivo, perché fa crescere l’umano. Secondo un umanesimo integrale, non solo si raggiunge il pieno compimento di sé della persona singola, ma al tempo stesso si promuove il compimento integrale di sé anche del corpo sociale e quindi il bene comune. In questa ottica è di aiuto il Vangelo che ci ricorda, ha aggiunto ancora il Vescovo Gerardo, che nella integralità della persona c’è una dimensione verticale, secondo cui l’uomo se scopre la sua dimensione di creaturalità affidata alla misericordia di Dio, conosce così il proprio riferimento all’Assoluto ed evita l’esasperazione del sé e tutte le forme di idolatria di sé, e questo gli fa bene; c’è poi una dimensione orizzontale che fa riferimento agli altri, alle relazioni: Gesù che si prende cura delle fragilità degli altri fa e insegna la cultura dell’umano.

Dunque, ha concluso, servire la cultura dell’umano significa servire l’uomo in tutte le sue dimensioni perché ciascuno segua i processi di formazione integrale di sé e raggiunga la felicità desiderata. L’augurio finale è stato che la provocazione ed il coinvolgimento a rendere sempre più umana la cultura significhi per l’università “varcare la porta della cultura” come misericordia, cioè prendersi cura dell’umano e farsene carico.

Al termine della celebrazione, conclusa con la lettura corale della preghiera per il Giubileo composta da Papa Francesco, la solenne benedizione ed i ringraziamenti, molte sono state le persone che si sono fatte attorno al Vescovo per salutarlo personalmente e ringraziarlo per la profondità delle considerazioni e per la cordialità dimostrata. Il prof. Carcione ha voluto fargli visitare la struttura, in particolare il suo Dipartimento, anche il suo studio, anzi per aprirne la porta l’ha scherzosamente ma seriamente considerata quella “Porta Santa della Cultura” di cui parlava il Vescovo. All’uscita Antonazzo ha incontrato alcuni giovani coronati di alloro perché avevano appena conseguito la laurea e si è fermato a far loro congratulazioni e auguri.

C’è da credere che presto altri incontri, magari anche più mirati, verranno organizzati nell’Ateneo, perché i giovani stanno davvero a cuore al Pastore del gregge.

Adriana Letta

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