Omelia per il Giubileo degli Amministratori

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Vicini, non indifferenti

 

Omelia per il Giubileo degli Amministratori

Basilica-Santuario S. Maria di Canneto, 27 dicembre 2015

 

Carissimi sorelle e fratelli, grazie perché la vostra partecipazione all’eucarestia domenicale ci edifica come famiglia di Dio. Il mio compiacimento è anche per le Autorità civili della nostra diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo impegnati nelle amministrazioni comunali, provinciale e regionale, insieme con il Prefetto della provincia di Frosinone, qui convenuti per celebrare il Giubileo della misericordia per gli Amministratori. L’incontro odierno celebra anche il tradizionale raduno di fine anno per il canto del “Te Deum”, inno di lode e benedizione alla misericordia e alla benevolenza con cui il Signore si è preso cura di ciascuno durante quest’anno.

Cari Amministratori, la vostra responsabilità pubblica è oggi illuminata e arricchita sia dalla festa liturgica della “Santa famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe”, sia dal provocatorio messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace del prossimo 1° gennaio 2016 dal tema: “Vinci l’indifferenza e conquista la pace”.

            La misericordia è il cuore di Dio

Dio agisce sempre con misericordia perché Dio fa le cose con il cuore. Si prende cura del bene di ciascuno e di tutti. In Lui troviamo lo stile del buon governo, giusto e retto, della Città quale “casa comune”, o “casa comunale”, indicando con quest’ultima espressione non un edificio ma la vita di ogni paese. Sin dai primordi della storia umana si prende cura con amabile tenerezza e commovente coinvolgimento delle inquietudini umane. Il primo segno di misericordia e di compassione Dio lo compie proprio verso la prima famiglia: “Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì” (Gen 3,21). Riveste la nudità dei progenitori, soccorre cioè le loro condizioni divenute deboli, fragili e indifese. Si prende cura del loro smarrimento e della confusione nella quale sono caduti a causa dell’accecamento provocato dal veleno del peccato di orgoglio. Il peccato deturpa sempre la nostra dignità di creature; ma la risposta di Dio è solo il perdono! Dio si fa carico delle nostre fragilità: Lui abbraccia le nostre piaghe, cura e fascia le nostre ferite, restituisce a ciascuno la speranza. Dio si interessa delle sorti dell’uomo: è attento, ascolta, conosce, libera; non è indifferente. Il cuore compassionevole di Dio si è rivelato in maniera piena e definitiva nel mistero del Natale: la sua misericordia per noi si è resa talmente vicina, da diventare visibile, udibile, palpabile nella tenerezza della carne del Bambino-Dio.

La responsabilità della vostra autorità amministrativa vi rende consapevoli e partecipi dei bisogni altrui. Dinanzi a voi ci sono storie e volti umani spesso feriti da prove e tribolazioni. La vostra funzione amministrativa diventi profondamente “umana”: dietro l’impegno per la cosiddetta “cosa pubblica” c’è la partecipazione alla vita reale della nostra gente. Sia la compassione lo stile e la regola del buon governo, per amministrare la speranza e la fiducia di tutti. I problemi della gente ci tolgono il sonno e la pace: le persone non sono anonimi cittadini destinati a riempire lo scaffale anagrafico dei vostri uffici; sono i vostri con-cittadini dei quali condividete le sorti presenti e il loro futuro. Ognuno sia davvero il “primo cittadino” quanto a passione per la Città, e il “sindaco di tutti”, come solitamente si usa dire all’indomani di una vittoria elettorale, quanto alla magnanimità del dialogo aperto e della disponibilità verso chiunque.

Vicini e indifferenti

 

L’agire di Dio rivela sempre un cuore aperto e solidale. Ogni famiglia umana è chiamata a costituirsi come laboratorio delle buone relazioni, per educare ad una vera corresponsabilità solidale. Nella vita tante famiglie i tempi e gli spazi di ciascun membro non coincidono più; rischiamo per intere giornate di non incrociare facilmente gli uni i passi degli altri. Le relazioni familiari si sono ampiamenti divaricate fino a costruire vite parallele che non si incontrano più. Si soffre allora di solitudine, di chiusure, di muri di silenzi che portano a vivere un po’ tutti da separati in casa, vicini ma estranei e indifferenti! Così scrive papa Francesco nel Messaggio per la prossima Giornata della pace: “Esse costituiscono il primo luogo in cui si vivono e si trasmettono i valori dell’amore e della fraternità, della convivenza e della condivisione, dell’attenzione e della cura dell’altro” (n. 6).

Anche la grande famiglia sociale dei nostri paesi e città diventa più anonima, impersonale, quasi senza volto. E’ urgente favorire migliori processi di incontro, di integrazione, di collaborazione e corresponsabilità per la solidità di comunità solidali. Benedetto XVI affermava con particolare lucidità intellettuale: “Ogni ambiente educativo…possa insegnare a gustare la gioia che scaturisce dal vivere giorno per giorno la carità e la compassione verso il prossimo e dal partecipare attivamente alla costruzione di una società più umana e fraterna” (Messaggio per la pace 2012, n. 2).

            La società anestetizzata

 

La nostra famiglia umana mostra i primi segni di una società anestetizzata dal contagio dell’indifferenza che come virus inarrestabile si diffonde velocemente, devastando tradizioni secolari e stili di vita che nulla hanno a che fare con la cultura della Ciociaria caratterizzata da cordialità, ospitalità, coinvolgimento empatico e partecipazione sentita alle condizioni di vita degli altri. Contribuisce a questo anche l’eccesso di informazioni che generano una condizione di assuefazione che porta a non sentirsi più coinvolti nei dispiaceri altrui; è una sorta di saturazione provocata da una continua valanga mediatica che porta a relativizzare o ad evitare la gravità dei problemi sociali. Bisogna governare una reale inversione di tendenza, per raffreddare il rischio di una reale globalizzazione dell’indifferenza.

 

Molta gente è affetta di “sclerocardia”, malattia spirituale che indurisce il cuore, fino a non essere più né disposta né capace di commuoversi di fronte al dolore degli altri. Il virus dell’indifferenza debilita l’umanesimo della compassione e della comprensione.

Desidero infine fare appello a un segno di provata speranza: il volontariato in ambito cattolico e laico di tantissimi giovani, e l’esempio di molte famiglie accoglienti. La solidarietà di molti bravissimi giovani esprime la volontà convinta e determinata, generosa e gratuita, di impegnarsi per il bene comune, per il bene di tutti e di ciascuno, in modo tale che in tanti si sentano responsabili e attivi in prima persona. Su questo versante così speranzoso le Amministrazioni comunali investano di più, per quanto possibile, anche in termini di risorse economiche per favorire lo sviluppo del volontariato sociale quale percorso formativo a favore di un’esistenza solidale e sensibile. E’ anche da riconoscere che non poche famiglie sono aperte al servizio dell’accoglienza, disponibili e operose nel risollevare le difficoltà dei più deboli, e in particolare dei rifugiati e dei migranti. Sono segnali confortanti e in controtendenza rispetto allo sfrenato egoismo che desertifica ogni affetto umano.

E’ questa solidarietà che stabilizza il terremoto della paura e della diffidenza verso le differenze e opere più efficacemente nel diffondere una cultura della fiducia e dell’accoglienza, per non marginalizzare la presenza di quanti rischiano di subire ulteriori discriminazioni ed esclusioni.

 

Il Signore, principe della pace, che è venuto a solidarizzare con la nostra umanità, ci scuota dalla nostra ipocrita indifferenza, e ci renda artefici di vera pace costruita sulla solidarietà più umana e più fraterna.

 

+ Gerardo Antonazzo

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