Il sacerdozio, dono di grazia e segno di misericordia

Il sacerdozio, dono di grazia e segno di misericordia

Il 29 giugno 2017 a Santopadre si è tenuta l’ordinazione presbiterale del diacono Loreto Castaldi. La celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Gerardo Antonazzo si è svolta all’aperto, su un altare allestito in piazza Guglielmo Marconi.

Al centro della cerimonia la presentazione del candidato – curata da mons. Alessandro Recchia, titolare della parrocchia dei santi Giovanni Battista ed Evangelista di Casalvieri alla quale don Loreto è stato momentaneamente assegnato – seguita dall’omelia del vescovo che ha parlato della vocazione sacerdotale come chiamata, una scelta che il Signore fa in modo «imponderabile e ci coglie di sorpresa, soprattutto perché non evita mai la concretezza della nostra materia prima, materia grezza, materia umana, fanghiglia di debolezze e di fragilità, poltiglia di miserie e di limiti frammisti a sprazzi di luce e a scintille di nobili aspirazioni. Nella storia vocazionale di ciascuno continua l’opera creazionale, e il nostro diventare preti, per questo motivo, resta sempre legato al nostro essere polvere, raccolta e lavorata dalle mani di Dio Creatore».

La chiamata al sacerdozio, come gli altri sacramenti, non deve essere intesa, pertanto, come un premio per i giusti ma come un «dono di grazia, segno di misericordia» per l’uomo peccatore. Gesù scegliendoci, si mette nelle nostre mani, consapevole lui per primo della nostra pochezza. Ancora una volta, quindi, trovano compimento le sue parole: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15, 16).

La festa degli apostoli Pietro e Paolo, i santi del giorno, continua mons. Antonazzo, mette in evidenza due aspetti costitutivi della sequela cristiana di ogni battezzato, in modo particolare di quelli chiamati al sacerdozio: la professione di fede di Pietro «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16, 16) e lo slancio della vocazione missionaria presente in Paolo «Il Signore però mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché io potessi portare a compimento l’annuncio del Vangelo e tutte le genti lo ascoltassero» (2Tm 4, 17). La chiamata non è un qualcosa di definito e definitivo, ma è un progetto da attuare passo dopo passo nella vita di tutti i giorni. Lo dimostra bene la vicenda di Pietro, scelto da Gesù lungo il lago di Tiberiade e fatto discepolo: ciò nonostante il suo itinerario accanto al Maestro è accidentato, in molte occasioni emerge l’umana inadeguatezza al compito ricevuto. «La provata capacità di seguire veramente il Signore – dice il vescovo – non sembra collocarsi all’inizio della chiamata. L’iniziale desiderio di rispondere al Signore non significa la capacità stabile e matura di volergli già bene con tutta la nostra vita». Pietro non è subito pronto come anche noi non siamo subito pronti quando ci sentiamo spinti verso qualcosa che ci attrae ma allo stesso tempo ci sembra troppo pesante. Lui ha però la capacità di fidarsi di Gesù, di dire il suo sì immediatamente, forse anche ingenuamente, abbandonandosi nelle sue braccia fa come un bimbo tra quelle della mamma.

Quello di Pietro è anche un cammino «esodale» – ha ricordato mons. Antonazzo citando l’episodio della liberazione del discepolo dal carcere narrato negli Atti degli Apostoli (At 12, 1 – 11) – «Molti sono gli indizi che rinviano al racconto dell’uscita dall’Egitto: la liberazione del popolo ha luogo di notte, anche Pietro è di notte nella prigione; l’angelo ordina di affrettarsi, come a Pietro, di mettere la cintura e di legare i sandali; l’espressione poi “strappare dalla mano di Erode” riproduce la formula dell’Esodo “strappare dalla mano del faraone”; infine l’invito “Seguimi!” dà inizio al cammino, sia nell’Esodo che nella liberazione di Pietro. Dunque, caro don Loreto, inizia anche per te oggi un cammino esodale, sei posto dal Signore a guida del suo popolo, per attraversare con il popolo di Dio il deserto con tutte le sue fatiche e tentazioni. Lui ti sosterrà nelle prove bibliche della fame e della sete, ti aiuterà a fronteggiare ogni genere di difficoltà, di sfiducia, forse anche di ripensamento, come per il popolo di Israele, di solitudine, soprattutto di solitudine pastorale. Sperimenterai molto concretamente che solo la sua potente azione porterà a compimento il tuo generoso servizio». Concludendo l’omelia il vescovo ha poi rivolto a don Loreto le parole del rito di ordinazione: «Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conferma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore».

Subito dopo si sono susseguiti momenti di particolare intensità: il canto delle litanie dei santi con il diacono prostrato a terra; l’imposizione delle mani con l’intonazione del Veni, Creator Spiritus; la preghiera di ordinazione, la vestizione degli abiti sacerdotali seguita dall’unzione crismale e dall’abbraccio commosso con il vescovo e con i confratelli sacerdoti. La celebrazione è poi proseguita con la professione di fede e la liturgia eucaristica.

Al termine della Santa Messa don Loreto ha salutato i numerosi fedeli presenti in piazza prima di continuare la serata con un momento di convivialità animato dalla musica dei Booh.

Luigi Cicchini

Album fotografico 

Pastorale Digitale ordinazione presbiterale di don Loreto Castaldi (75)

 

 

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