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Omelia del card. Beniamino Stella – Festa di san Tommaso d’Aquino (Aquino e Roccasecca, 7 marzo 2025)

Festa di san Tommaso d’Aquino

7 marzo 2025

Omelia del Card. Beniamino Stella

 

Carissimi fratelli e sorelle,

innanzitutto desidero ringraziare Mons. Gerardo Antonazzo per il benevolo invito  a presiedere questa solenne celebrazione inserita in una cornice ricca di anniversari, che non solo vorrei rileggere con voi, ma da essi  trarre un insegnamento spirituale, perché queste tappe non restino semplicemente appuntate nei nostri calendari. A tale riguardo vorrei soffermarmi, un quindici minuti, per cogliere il senso di quanto sto dicendo. In greco – e scusate la digressione! – la parola “tempo” è tradotta con due termini diversi: il primo è chrònos (pensiamo al nostro cronometro, alla cronologia… ) che ritma il tempo misurato dagli orologi: è il nostro calendario, per capirci. La seconda parola, invece, è kairòs e risponde all’interrogativo “come?”, che esprime un evento, un contesto, una decisione o un proposito che cambia la vita, o l’orizzonte nel quale costruiamo il futuro. Il Signore Gesù è venuto a inaugurare il suo tempo nuovo, il kairòs, il tempo delle scelte di vita e delle responsabilità che segnano il nostro destino eterno. La vita, cioè, chiede di essere vissuta non solo nello scorrere inarrestabile delle ore –  il chronos, appunto – , non solo  ricordando quindi una serie di anniversari da appuntare negli annali, ma richiede quel “passo” necessario, in grado di rispondere alla domanda su che cosa il Signore ci propone o ci segnala,  oggi alla luce di questi anniversari. In questo modo gli anniversari legati al “calendario-chronos” diventano “oppurtunità-kairos”, cioè momenti, e tempo di conversione e di salvezza. Ecco perché vorrei guardare con voi gli anniversari che state celebrando, dentro questo orizzonte che interpella ciascuno di noi a rispondere, qui ed ora, alle attese di Dio, attraverso la memoria liturgica di san Tommaso d’Aquino. Guardiamo così a questi appuntamenti come a un trittico.

Nel 2025 – anche se la data rimane incerta – celebriamo gli 800 anni della nascita di san Tommaso d’Aquino. Sappiamo che il papà lo voleva Abate del Monastero di Montecassino, ma Tommaso scelse di abbracciare l’Ordine Mendicante, rifiutando in questo modo ogni progetto e prospettiva di ambizioni o sogni personali. Per questa scelta sarà imprigionato dai suoi stessi familiari; da quella cella pare riuscì a scappare grazie all’aiuto delle sorelle e quindi si rifugiò a Colonia dove studiò con sant’Alberto Magno; con lui fondò uno studio teologico e approfondì le opere di Aristotele, dimostrando – come ebbe modo di spiegare papa Benedetto XVI nelle catechesi dedicate al Santo Dottore nel Giugno del 2010 (cfr 2 e 10 giugno 2010) che “tra fede cristiana e ragione sussiste una naturale armonia”. Non dobbiamo cioè temere che la fede offuschi la ragione né che la ragione possa porre in pericolo la fede, quando, ovviamente, si è animati da una sincera ed umile ricerca della verità. Le traversie affrontate da San Tommaso nel sorgere della sua vocazione, ci dimostrano che nessun cristiano, o discepolo di Gesù, ha una vocazione facile o lineare: tutti incontriamo fatiche e resistenze, contraddizioni ed ostacoli: il problema dunque sta nel saper affrontare ogni cosa animati da  passione interiore: direi – con le parole del profeta Geremia – con quel fuoco interiore (cfr Ger 20,9), che porta a non rassegnarsi mai alla mediocrità, e ad affrontare le sfide della vita con fiducia, coraggio e responsabilità, a “denti stretti”, come Gesù quando si avvia verso Gerusalemme, luogo del suo immolarsi sacrificale  per la salvezza dell’umanità.

Lo dico a me, ormai sazio di anni, ma lo dico a ciascuno di voi: non lasciamoci sviare dalle pressioni dell’oggi, spesso animate da un pensiero di basso profilo e di corti orizzonti; non permettiamo che questo tempo – spesso, e troppo, ritmato dalla logica del chronos – soffochi quel leggero spirito (cfr 1Re 19,12) che sussurra al nostro cuore e che ci spinge ad osare. Questo non è il tempo di rinchiuderci, di rassegnarci, di lasciar scorrere l’orologio del tempo come se nulla di buono e di bello, di santo, stia capitando oggi: la vita di san Tommaso ci dice che ogni momento è presenza e chiamata di Dio per noi. Come ha scritto papa Francesco nell’Esortazione dedicata ai giovani – la Christus vivit – “noi siamo l’adesso di Dio” (cap 3). Questo è il tempo di sciogliere le vele della vita e, tenendo ben fisso lo sguardo su Gesù, Autore e perfezionatore della fede (cfr Eb 12,2), prendere il largo (cfr Lc 5,4), perché ciascuno di noi ha, non solo un nome scritto in Cielo, ma anche in terra, con una missione, una avventura da vivere, una vocazione da accogliere, forti e costanti “sulla tua Parola”, come disse Pietro a Gesù dopo una notte di lavoro e fatiche, senza risultato.

Il 7 marzo 2024 sono stati ricordati i 750 anni della sua morte (a 49 anni), nell’Abbazia cistercense di Fossanova. Dall’anniversario della morte, carissimi, vorrei che imparassimo che la vita va vissuta in tutta la sua pienezza, senza attendere, come spesso siamo soliti dire, tempi migliori o occasioni più propizie, perché nessuno conosce il giorno e l’ora in cui il Signore Dio verrà (cfr Mt 25,13): Tommaso, come ben sapete, si ammalò lungo il viaggio che lo stava portando a Lione, dove papa Gregorio X lo aveva voluto per il Concilio. Ed è qui che comprendiamo bene le parole che lui stesso confidò al suo confratello e segretario Reginaldo: “Non posso scrivere altro, perché tutto quello che ho scritto è come paglia per me in confronto a ciò che mi è stato rivelato” (6 dicembre 1273). Nonostante la statura dottrinale raggiunta, san Tommaso sentiva tutta la sua inadeguatezza e provvisorietà, era consapevole della sua fragilità e transitorietà. Questo dimostra che prima che essere stato un grande Santo e Dottore della Chiesa, egli è stato un uomo che mai ha dimenticato di essere creatura, povera e piccola, e che solo volgendo lo sguardo al Creatore e Padre della Vita, e soprattutto all’Eucaristia, adorata e ricevuta nel cuore, poteva reggersi in piedi nella vita. A tale riguardo basterebbe pensare alla sua grande devozione all’Eucaristia, ricordando la composizione del celebre suo inno Pange Lingua (Adoriamo il Sacramento), che ancora oggi cantiamo, davanti al Signore esposto per l’Adorazione.  Carissimi, viviamo oggi in un tempo in cui tutto è connesso: rischiamo di vivere più on-line (in diretta nei nostri social) che dentro la vita concreta e reale, e questo non ci permette di assaporare l’oggi di Dio, la sua presenza concreta nella nostra vita. L’anniversario della morte di san Tommaso è un invito a rimettere i piedi per terra, a saper vivere, come dicevo poc’anzi, l’adesso di Dio nel quale siamo chiamati a trafficare con sapienza i doni o talenti che il Signore, a piene mani, ci ha elargito, senza evadere dalla realtà che incontriamo, che ci spinge, con lo Spirito che ci inabita, verso la vetta della nostra santità personale, senza rifugiarci in un passato che non c’è più, o evadere in un futuro che non c’è ancora, e nel quale non sappiamo se noi ci saremo.

Il 18 luglio 2023 sono stati ricordati i 700 anni della Canonizzazione, 50 anni dopo la morte nel 1274, della quale lo scorso anno abbiamo commemorato il 750 esimo anniversario. Papa Francesco nella lettera a voi inviata in detta circostanza scrisse:

Commemorare tale avvenimento… significa da un lato riconoscere l’azione efficace dello Spirito, che guida la Chiesa nella Storia, e dall’altro, la risposta generosa dell’uomo, che sperimenta come i talenti naturali di cui è dotato e che coltiva non solo non vengano mortificati dalla grazia, bensì vitalizzati e perfezionati… Proprio per questo, il Doctor communis è una “risorsa”, un bene prezioso per la Chiesa di oggi e del domani… egli era “un uomo appassionato della Verità e questo lo motivava a cercare continuamente il Volto di Dio”.

 

Nel 1567 san Tommaso, Santo da Altare, viene anche riconosciuto Dottore della Chiesa, cioè maestro di fede e di vita cristiana. Due date attraverso le quali potremmo dire che per Tommaso il “tempo è stato galantuomo”. La Chiesa, Madre e Maestra, ha riconosciuto la statura di santità e di intelligenza di questo figlio spirituale di san Domenico, che non hai dimenticato né sottovalutato che all’origine di tutto, e dietro il “sipario” del quotidiano, c’é solo Dio. Gli stessi testi che la liturgia ci ha offerti, bene inquadrano e illuminano il contesto e l’origine del sapere del santo Dottore: “Pregai – abbiamo ascoltato nella prima lettura – e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza. La preferii a scettri e a troni… Mi conceda Dio di parlare con intelligenza e di riflettere in modo degno dei doni ricevuti”.  E altrettanto possiamo dire della Parola tratta dalla lettera di san Paolo: “Quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l’eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro… se non Gesù Cristo, e Cristo crocifisso…La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito…”. Questo orizzonte spirituale è stata la stella polare e la “bussola” che ha guidato il Santo Dottore angelico, consapevole che solo Dio può essere chiamato “Padre e Maestro”, ha ricordato la pagina evangelica. Quanto vorrei che guardando a questi anniversari imparassimo a guardare ai nostri anniversari – ciascuno ne ha diversi da celebrare! – con uno sguardo di fede e di intelligenza contemplativa, animati dalla consapevolezza che dentro la nostra storia Dio ci parla, Dio ci guarda, Dio ci consola, Dio attende una risposta di santità personale, libera e responsabile, convinta e appassionata da ciascuno di noi.

Le celebrazioni di questi tre anni non restino dunque immortalate solamente in convegni, solenni celebrazioni e album fotografici ma, proprio a partire da queste “circostanze” provvidenziali, diventino stimolo per riprendere in mano la nostra vita, sapendola leggere e investire con sapienza e intelligenza per gustarla in tutta la sua “ampiezza, lunghezza, altezza e profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio”. Vorrei così concludere richiamando alcune espressioni di una preghiera attribuita al Santo Dottore: un testo che ci suggerisce che il suo tanto “sapere” nasce da un suo tanto “amare” Dio, e per Dio solo vivere e spendere gli anni della vita. Una sfida che non possiamo né dimenticare né sottovalutare.

Concedimi, o Dio misericordioso,
di desiderare con ardore ciò che tu approvi,
di ricercarlo con prudenza,
di riconoscerlo secondo verità,
di compierlo in modo perfetto, a lode e gloria del tuo nome.


Donami di rivolgere spesso il mio cuore a te,
e quando cedo alla debolezza,
fa’ che riconosca la mia colpa con dolore,
e col fermo proposito di correggermi.

Signore, mio Dio,
donami un cuore vigile, che nessun pensiero curioso trascini lontano da te;
un cuore nobile che nessun indegno attaccamento degradi;
un cuore retto che nessuna intenzione equivoca possa sviare;
un cuore fermo che resista ad ogni avversità;
un cuore libero che nessuna passione violenta possa soggiogare.

Concedimi, Signore mio Dio,
un’intelligenza che ti conosca,
uno zelo che ti cerchi,
una sapienza che ti trovi,
una vita che ti piaccia,
una perseveranza che ti attenda con fiducia,
e una fiducia che alla fine arrivi a possederti. Amen.

(S. Tommaso d’Aquino)